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Partecipanza di Trino “proprietà collettiva” anche per la Regione?

Gentile Direttore, la Partecipanza dei Boschi di Trino, al pari delle “Partecipanze Agrarie” emiliane, delle “Regole” venete, delle “Comunelle” e delle “Vicìnie” friulane, è una «proprietà collettiva». E’ noto come, di questi tempi, l’antico Sodalizio trinese non “goda dei favori” della Giunta Regionale piemontese, e proprio per questa ragione vorrei proporre al Presidente Cota e soprattutto al consigliere regionale vercellese Tiramani la lettura di parte dell’intervento che il giudice costituzionale Paolo Grossi ha tenuto il 28 giugno 2009 presso la sede di una «proprietà collettiva» friulana. Il prof. Grossi sostiene che le proprietà collettive rappresentano «un altro modo di possedere» e nella sua prolusione ne spiega le ragioni: «E’ un titolo che trova la sua origine prima in una frase di un grande intellettuale italiano della metà dell’Ottocento, Carlo Cattaneo. Mi piace far riferimento a lui. Chi fosse, molti di voi lo sapranno, ma mi preme di precisare che era un lombardo, un milanese, un liberale milanese, abituato alla proprietà individuale, fiero della proprietà individuale della tradizione romana occidentale. A lui, esperto di cose economiche, capitò il compito di redigere una perizia, un parere tecnico-economico su certe proprietà collettive situate nell’alta valle del fiume Ticino, in territorio elvetico, nell’ampia pianura intorno a Bellinzona, la piana di Magadino. Cattaneo si era recato sul posto volendo compiere una ricerca sul campo, probabilmente con la volontà di liquidare questa realtà di proprietà collettive. Lui era un personaggio portatore di posizioni di individualismo economico, ma era innanzi tutto un uomo di grande onestà intellettuale; lavorò in loco, e la conclusione fu l’opposta del risultato predeterminato nel suo programma iniziale. Si rese conto che, studiando quelle proprietà collettive, studiava le radici storiche di una popolazione, e uscì in quella azzeccatissima frase, una parte della quale io ho trascritto tra virgolette quale titolo del mio libro. Scriveva, all’incirca, Cattaneo: queste realtà non sono abusi, non sono qualcosa da sopprimere; sono, al contrario, un altro modo di possedere originato in antichissimi tempi, arrivato sino a noi, e che noi dobbiamo conservare, perché queste realtà sono parte della storia del Cantone del Ticino. Ecco, questo è importante come punto di partenza, se noi vogliamo rendere giustizia a quello che le proprietà collettive furono, sono e (speriamo!) saranno: un altro modo di possedere […] che naturalmente è rimasto più nascosto, perché il diritto romano ha improntato di sé tutta la storia giuridica occidentale; un’altra proprietà (la vostra) dove ciò che conta non è il singolo, dove non c’è un singolo individuo come proprietario. Qual è il proprietario delle Comunelle? La comunità; ma una comunità che oggi è l’ultimo anello di una lunga catena di comunità precedenti e che è chiamata a conservare per le generazioni future i grandi beni boschivi, pascolivi e coltivi che sono i vostri territori. E’ la comunità che conta nella «proprietà collettiva», cioè una comunità che rispetta profondamente la terra, perché la deve conservare per i figli e per i nipoti così come dai padri e dai nonni è stata ricevuta». Il consigliere regionale della Lega Nord Paolo Tiramani accetta, in un incontro pubblico a Trino, una riflessione sui concetti espressi dal prof. Grossi ed un confronto con il sottoscritto sul futuro della proprietà collettiva Partecipanza dei Boschi? Scelga lui dove e quando.

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Veronica Spinoglio

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