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Slittata a venerdì, la decisione del Comune di Casale sull'offerta di Schmidheiny per uscire dal Processo Eternit

La giunta di Casale ha deciso di rinviare la decisione sulla proposta del miliardario svizzero Stephan Schmidheiny a domani, venerdì. Giunta aggiornata alle 13. La decisione avrebbe dovuto essere assunta dalla giunta di oggi pomeriggio e l’attesa – sulla base delle dichiarazione che il sindaco Giorgio Demezzi ha rilasciato agli organi di stampa negli ultimi giorni. Ma proprio ieri l’assessore Nicola Sirchia (che rappresenta con Marco Botta la componente più decisa ad accogliere la proposta dello svizzero, almeno in base alle dichiarazioni rilasciate pubblicamente nelle ultime settimane), intervistato da Alberto Marello per questa stessa testata su altre questioni, aveva dichiarato: «Non è detto che si decida già domani». Dunque non è stato trovato un accordo tra le varie componenti della maggioranza, la Lega che già da tempo aveva invitato a un ripensamento e il PDL? Il vicesindaco Beppe Filiberti minimizza e parla di «rinvio tecnico, c’erano tante piccole pratiche di giunta, la riunione è iniziata tardi e siccome non eravamo tutti presenti abbiamo deciso di sbrigare le cose minori. E così la decisione è stata di rinviare a domani alle 13...». Non è invece stato possiible mettersi in contatto con il sindaco Demezzi. La decisione di dire di «no» allo svizzero avrebbe comportato che la città che per 80 anni fu sede del più grande stabilimento d’Europa restasse nel processo Eternit contro entrambi gli imputati: lo svizzero Schmidheiny e il belga Louis de Cartier, accusati dalla Procura di Torino di disastro doloso permanente e omissione dolosa di misure antifortunistiche. Il 13 febbraio è attesa la sentenza di primo grado del tribunale di Torino e la risposta dei Comuni devastati dall’inquinamento causato dall’Eternit sarebbe stata compatta e uniforme e, soprattutto ci sarebbe stato il «no» della città simbolo in tutto il mondo della lotta all’amianto. La comunità che ha pagato il prezzo forse più elevato del cinico e criminale modo di fare impresa rappresentato dalla multinazionale della morte, avrebbe scelto con un percorso sofferto, ma con una tenace e ferma opposizione della gente, di respingere uno scambio che la comunità non vive come la compensazione di un danno subito, ma come un’ulteriore offesa, una mortificazione irrispettosa della dolorosa strage perpetrata da Eternit. Perché lo svizzero non ha mai ammesso le proprie responsabilità. Schmidheiny – al contrario - è colui che al termine di un dibattimento che ha evidenziato che sapeva tutto e ha accettato di esporre almeno tre generazioni di una intera comunità al rischio mortale dell’amianto, al termine della discussione attraverso i suoi legali ha chiesto di non essere punito, perché la pena non avrebbe il «fine rieducativo previsto dalla Costituzione», visto che è passato molto tempo da quando si occupava della polvere assassina e oggi è «una persona completamente diversa». Anche se alla 38ª udienza proprio i consulenti di Schmidheiny sono tornati a parlare di «bronchite cronica», esattamente come faceva la «sua» Eternit quando i lavoratori andavano a farsi visitare nel «carrozzone»: una pacca sulla spalla e la raccomandazione: «Fuma di meno». Ma allora forse non è cambiato così tanto... allora – forse - può sperare ancora di essere rieducato. Il boccone avvelenato dello svizzero Una ulteriore offesa perché quei diciotto milioni di euro, sono stati vissuti come un «boccone avvelenato» buttato lì per dividere una comunità che proprio l'Eternit ha offeso svolgendo una produzione che si sapeva benissimo, in base alle informazioni disponibili fino dagli anni Quaranta, causavano gravissime patologie. Una manciata di milioni per il signor Schmidheiny al 393° posto nella classifica mondiale dei miliardari pubblicata da Forbes per il 2011 con un patrimonio netto stimato a marzo 2011 è di 2,9 miliardi di dollari. Il nesso amianto-mesotelioma, poi, che i consulenti dello svizzero sono arrivati a dire che secondo alcuni studiosi «non esiste», giocando la carta della diagnosi difficile per smontare i numeri di una strage che è (e sarà a lungo) sotto gli occhi di tutti, il nesso amianto-mesotelioma era noto «urbi et orbi» da metà degli Anni Sessanta, Eternit ne era certamente al corrente come provano note interne acquisite al processo. Una produzione tenuta in piedi fino all'ultimo negando i rischi, mistificando le conoscenze, facendo una metodica operazione di lobby che ha coinvolto anche agenzie di pubbliche relazioni, “spie” (tra loro addirittura una casalese infiltrata nell'associazione delle vittime e dei familiari) che seguivano le mosse di cittadini, sindacalisti, amministratori e persino magistrati. Casale avrebbe deciso così di non svendere la sua storia di dignitosissima ribellione e decennale resistenza a quella che è stata additata come esempio di «impresa criminale» in una recente pubblicazione di Rosalba Altopiedi, ricercatrice dell’università di Torino. Il primo «no» da sette piccoli Comuni del Casalese I Consigli comunali di Balzola, Ozzano e Pontestura si sono espressi invece negativamente sulla proposta di transazione dell’imputato svizzero Stephan Schmidheiny nei giorni scorsi e il «no» in tutti e tre i casi è stato unanime, dopo una discussione che non ha mancato di far emergere punti di vista differenti ma che è andata nella direzione di privilegiare un orientamento territoriale condiviso. I Consigli comunali si sono pronunciati lunedì sera, dopo che nei giorni precedenti si erano espressi negativamente i Comuni di Coniolo, Mirabello, Morano e Villanova. Quattro i sì venuti dal vercellese Quattro «sì» venuti dal vercellese - Candia, Caresana, Motta de’ Conti e Stroppiana - che hanno però un significato marginale perché marginale è la loro storia nella drammatica vicenda dell’Eternit. Alessandro Portinaro, capogruppo del Partito Democratico alla Provincia di Vercelli parla di scelta «sciagurata e vergognosa» e di «scandaloso baratto tra ricerca della giustizia e denaro». Una strada che Portinaro definisce «un pericolo, perché le istituzioni anziché essere al fianco delle famiglie delle vittime, si sfilano e le lasciano da sole, facendo mancare quella solidarietà che dovrebbe giungere da chi rappresenta i cittadini e indebolendo di fatto il tentativo di chi vuole chiedere giustizia. Una vergogna, perché si accetta di rinunciare a svolgere il proprio ruolo, ovvero rappresentare una comunità offesa. «Ci ripensino, tornino sui loro passi e svolgano al meglio il ruolo che ricoprono: rappresentino i loro concittadini e li difendano, stando al loro fianco in questo processo, fino alla fine», conclude l'esponente del PD sostenendo che anche nel vercellese la gente (che non è stata coinvolta nelle decisioni come è invece avvenuto nei piccoli comuni del Casalese), nutre la stessa indignazione espressa dai cittadini del casalese. Nei giorni scorsi la decisione del Comune di Motta era stata stigmatizzata dalla minoranza del consiglio comunale, che ha appreso la notizia dai giornali e non è neppure stata consultata. Ventidue pullman a Torino il 13 febbraio per la sentenza Intanto si sta organizzando la traferta a Torino per la lettura del dispositivo della sentenza l’associazione familiari prevede attualmente sedici pullman da Casale, uno da Reggio Emilia, uno da Padova, uno da Bologna e tre dalla Francia. E poi delegazioni da Livorno, Viareggio, Savona, Roma, Bari, Milano, Broni, in tutto almeno 1200 persone Si sta anche provvedendo a organizzare questa eccezionale affluenza: a disposizione due aule bunker da 250 posti, più l’aula magna da 700 e la sala congressi della vicina provincia di Torino con altri 250. Nella maxiaula bunker 2 verranno sistemate le delegazioni degli stranieri con 250 cuffiette a disposizione e due cabine di traduzione simultanea in inglese e francese. Delegazioni sono infatti attese da Inghilterra, Svizzera, Stati Uniti, Brasile e forse dalla Spagna. Si annuncia una copertura giornalistica globale: tivù e giornalisti di carta stampata e radio stanno giungendo a Casale in questi giorni da tutta Europa.

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Marco Imarisio

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