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Giunge da Venezia la preziosa reliquia della Santa Spina - Un paese da riscoprire

In Monferrato la parrocchiale di Pomaro è l’unica dedicata a Santa Sabina martire, moglie del senatore Valentino e vissuta nel II secolo. La patrizia romana si convertì alla fede cristiana sotto l’influenza dell’ancella Serapia, con la quale scendeva di nascosto nelle catacombe per aiutare i cristiani a sfuggire alle persecuzioni imperiali. Prima fu arrestata l’ancella, uccisa a bastonate, poi anche Sabina subì il martirio per decapitazione sotto l’imperatore Adriano. Le loro reliquie si conservano nella grandiosa basilica romana di Santa Sabina sull’Aventino, eretta tra il 422 e il 432 dal prete Pietro di Illiria, sul luogo dove sorgeva la domus della matrona romana. La chiesa di Pomaro fu consacrata all’inizio della cattività avignonese, nel luglio 1309 da mons. Teodoro Zibramonti, vescovo di San Salvatore del Monte Sinai, forse su un tempio più antico. Vi si conserva, venerato come reliquia, un frammento ligneo ritenuto parte della corona di spine di Gesù, che la tradizione vuole sia stata recuperata da Luigi IX (1214-1270) di Francia, la cui religiosità trovò espressione nella instancabile ricerca di preziose reliquie, come questa di cui venne in possesso in modo romanzesco. Conservata a Costantinopoli, era stata offerta dal giovane sovrano Baldovino II, suo cugino, in cambio di aiuto, ma i dignitari bizantini la diedero a fronte di un ingente prestito ai mercanti veneziani che la trasportarono in patria per farne oggetto di straordinarie celebrazioni popolari. “Fu a Venezia - scrivono Luigi Angelino e Idro Grignolio nel primo volume dei Tesori delle chiese del Monferrato - che un religioso originario di Pomaro ebbe da «un alto personaggio» una spina di quella venerata corona unitamente ad un lembo della veste del Redentore. Il monaco portò le reliquie a Pomaro e il Papa concesse l’indulgenza di un anno e quattro mesi a coloro che si recavano a visitarle”. Riscattata a carissimo prezzo dal re di Francia, la corona di spine giunse a Parigi nel 1239 e fu ospitata in quello splendido gioiello di arte gotica della Sainte-Chapelle, costruita appositamente nell’Île de la Cité. Da qui, nel corso dei secoli, furono asportate dalla preziosa reliquia numerose spine poi donate a chiese e santuari di vari luoghi, solo in Italia si registrano presenze a Cremona, Pisa, Roma e Vicenza, oltre ai centri minori di Sant’Elpidio a Mare, Vasto, Petilia Policastro, Andria, Cassano Magnago, San Giovanni Bianco, Cusano Mutri, Giffoni, Santa Caterina, Colle di Quarrata e Vanzone. Molte di esse furono donate da papi e cardinali, altre giunsero in Italia direttamente dalla corte francese. Ma quella di Pomaro, già presente nella chiesa primitiva che a fine del Duecento dipendeva dalla pieve di Mediliano nel territorio di Lu Monferrato, ha una storia del tutto diversa, in stretto rapporto con la quarta crociata comandata dal marchese Bonifacio I di Monferrato, re di Tessalonica. Dionigi Roggero Dalla parrocchiale al ricetto Siamo diretti a Pomaro. Sulla Casale Valenza il sole (finalmente) fa ‘‘fumare’’ i campi. Sfioriamo il ricetto e parcheggiamo di fronte alla parrocchiale. Al primo piano del municipio ci aspettano il sindaco Mirco Amisano, col vice Franco Da Quarti e Filippo Scinta. Il sindaco (impiegato al comune di Valenza) e un ‘‘appassionato’’ del suo piccolo paese (390 abitanti) che potrebbe ritagliarsi anche un po’ di turismo per le sue bellezze e la sua storia (che non è acqua). Facciamo una foto in sala consiliare a fianco a una grande carta del ‘700 modificata dal catasto napoleonico. Poi attraversiamo la strada e il parroco don Walter Badengo ci apre la ‘‘sua’’ Santa Sabina (la visitammo l’ultima volta con Idro Grignolio) don Badengo, giarolese, classe 1933, è a Pomaro dal 1967.Il volto della patrona è al centro della facciata, opera di del pittore Giulio Cesari, direttore dell’Istituto di Belle Arti di Urbino. In alto i piatti che spuntano tra i mattoni indicano che qui passavano i pellegrini (Via Francigena?). Il parroco ci indica i portali barocchi recuperati sotto dei compensati e ogni anno sottoposti ad accurata manutenzione. Entriamo, ammirando i dipinti del Maggi (scene bibliche) e soprattutto la pala del Giovenone, una grande ‘‘Natività’ che ormai necessita di restauro. Sulla parete di controfacciata, a fianco della porta di destra, è visibile un frammento di affresco quattrocentesco raffigurante un santo guerriero, anche qui suggeriamo ulteriori ricerche. Per la gioia del nostro esperto prof. Olimpio Musso da Colle Val d’Elsa fotografiamo alcune delle lapidi esposte (vedi articolo). Poi a nostra richiesta il parroco ci porta la piccola reliquia della Santa Spina (le iscrizioni confermano che è raccolto anche un frammento della tunica di Cristo). La festa è nella domenica di Pentecoste. Usciamo dal cortile della casa parrocchiale. Fotografiamo la poderosa torre-cella campanaria. Scorrendo a fianco alla grande ‘‘casa di don Bosco’’ arriviamo al ricetto ben restaurato (brilla la ancora neve sul verde del prato) e dall’alto ammiriamo anche la chiesa di San Rocco, sappiamo che conserva un bell’altare ligneo. Ce la ‘‘teniamo’’ per il prossimo itinerario. Luigi Angelino Quante belle lapidi per la gioia del prof. Musso (l.a.) - A Pomaro molto interessante la lapide murata sul lato sinistro del presbiterio della parrocchiale che così ci interpreta il prof. Olimpio Musso: HOC TEMPLUM/ DIUE SABINAE DICAT-/UM CONSECRATUM FUIT/PER Q ) RMUM DNM THEODORUM/EPUM S SALVATORIS DE MONTE SINAY/SUB 19 JULJ 1309 CUM INDULGENTIA 40 DIE-/RUM UERE CONTRITIS UISITANTIBUS ANNUATIM EA DE/QUA SUPRA DIE CELEB(R)ATUR ANNIUERSARIA CONSECRATIO/ UT COLLIGITUR EX MONUMENTIS EXISTENTIBUS APUD M.R.R.P.P.S.MAURITJ CASELLARUM. Ci scioglie anche le abbreviazioni alla quarta riga per Q(uondam) R(euerendissi)Mum D(omi)n(u)m. Alla quinta. Ep(iscop um) Sancti. Alla decima Apud M(ultum) R(euerendos) P(atres) S(ancti) Mauritj Casellarum. La lapide ricorda la consacrazione della chiesa dedicata a Santa Sabina da parte di mons. Teodoro Zibramonti, vescovo di S. Salvatore del monte Sinai. Altra iscrizione su un concio di pietra protetto da un vetro, il verso: M CCC III INDIC(TIONE) PRIMA DIE VENE(R)IS X SEPTEMB(R)IS DOMINVS PHILIP(PVS) POT(ESTAS) POMARI FEC(IT) FIERI HOC OPUS. La trascrizione:“Nell’anno mille trecento tre nell’indizione prima il giorno di venerdì dieci settembre il signor Filippo podestà di Pomaro fece fare questa opera”. Iscrizione altrettanto interessante anche perchè precede di sei anni la consacrazione della chiesa. Infine mandiamo all’esperto l’ingrandimento della scritta in una strisciolina cartacea all’interno della reliquia della Santa Spina: VEST(IS) EX(TREMA) D(OMI)NI.. ‘‘Credo di aver trovato la soluzione -ci risponde il prof. Musso- La prima parola è abbreviata per troncamento; seguono due lettere legate, EX, che rappresentano un’abbreviazione pure per troncamento. DNI è abbreviazione,molto comune, per contrazione. La conclusione è che chi ha scritto voleva dire che si tratta di una reliquia della tunica del Signore’’. Lapidi che da sole varrebbero una pubblicazione. Invece di Pomaro non esiste neppure un piccolo opuscolo turistico (e non abbiamo parlato del castello cui a suo tempo dedicammo un altro Viaggio d’autore....).

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Veronica Spinoglio

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