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A Sala Monferrato per le chiese e gli infernot

Di probabile origine longobarda, poi al centro delle contrastanti ambizioni territoriali dei vescovi di Asti e di Vercelli, Sala passò ai marchesi di Monferrato per volontà di Federico Barbarossa nel 1164. Nella seconda metà del Trecento fu concesso dalla dinastia paleologa al cancelliere marchionale Guglielmo Bava, detto “Bogerio della Sala”, e nei secoli successivi retto da un consortile di famiglie nobiliari. Nei primi decenni del Seicento il presidente del Maestrato ducale del Monferrato attestava che i pregiati vini prodotti a Sala erano molto apprezzati alla corte mantovana e dell’antico passato ha conservato il primato del paese più vitato della provincia di Alessandria. Sulla collina dietro il cimitero, sorse l’antica chiesa di Santa Maria Maggiore, detta della Madonna. Oggi inagibile, apparteneva alla pieve di San Cassiano (nei pressi di Cereseto) e serviva l’abitato scomparso di Graffagno ricordato fin dalla seconda metà del XII secolo. Venne sostituita come parrocchiale da quella tardocinquecentesca dedicata a San Giacomo, costruita su progetto di Domenico Scovazino. Radicalmente modificata nei secoli successivi venne affrescata all’interno dai fratelli Ivaldi nel biennio 1858-59. Nelle cappelle laterali e in presbiterio si conservano le tele seicentesche di Guglielmo Caccia e di Giorgio Alberini, oltre alle opere settecentesche: il dipinto di Antonio Francesco Mellana e la statua lignea della Madonna del Rosario col Bambino di Gerolamo Lurasco che un tempo veniva portata in processione l’8 settembre a Santa Maria di Graffagno. L’organo di Luigi Lingiardi (1840) fu successivamente ampliato da Giovanni Mentasti e Giuseppe Gandini. La chiesa di San Francesco e un oratorio quattrocentesco. Sede della confraternita dei Disciplinati, prima dedicato a Sant’Antonio da Padova, fu poi intitolato a San Francesco. Sorge nel punto più alto del paese e venne utilizzato come estremo rifugio della popolazione durante le guerre e le invasioni. La facciata ha un timpano triangolare e un alto campanile che affianca l’abside. All’interno una statua lignea della Madonna Addolorata e una tela restaurata di Orsola Caccia raffigurante la Madonna con Bambino con i Santi Antonio e Francesco. Nella cripta riposano le spoglie dei frati francescani, custodi nel tempo del luogo. A fianco della chiesa un piccolo e curioso infernot. E infine la chiesa campestre di San Grato, edificata nella seconda metà del Seicento poco distante dall’abitato “dall’intero paese, come ricorda Lella Gaviati, probabilmente come ex voto dopo una pestilenza, formando una lunghissima catena umana dall’antica fornace al sito prescelto”. In mattoni a vista, con tiburio ottagonale e frontone curvilineo, fu restaurata a metà del Settecento da Giovanni Battista Scapitta. L'infernot dei frati Da cacciatori di infernot oggi patrimonioo Unesco non potevamo mancare quello scoperto a Sala in occasione di Riso&Rose. Via veloci in un sabato con molte nuvole. Incontriamo Alfredo Frixa, noto geologo, sulla strada della Bettola, verso Treville. Poi un ciclista con la maglia della Bicicletteria in prossimità della “curva del prete”. Poco dopo il cartello di Sala avvisa che l’area è videosorvegliata. Si intravedono a destra Crea e le montagne. Sul sagrato della parrocchiale ci attendono il sindaco Claudio Saletta e la moglie, Lella Gaviati, insegnante a Casale. Entriamo nella chiesa dedicata a San Giacomo Facciamo subito i complimenti per l’illuminazione che esalta i colori dei tre quadri di Guglielmo Caccia, il Moncalvo: la Madonna del Rosario, l’Assunta coi Santi Francesco e Caterina d’Alessandria e la Salita al Calvario; quest’ultima con lo stemma dei Bellone d’Altavilla e dei della Sala (commissionato da Bartolomea della Sala per la morte del primogenito Ottavio). In presbiterio le due grandi tele dei Santi Sebastiano, Antonio Abate e Rocco e Orsola, Lucia, Caterina, Apollonia e Agata, oltre alla tavoletta ex voto dell’incursione degli alemanni nel 1691, posta molto in alto. Per antica strada a fianco del Castello e sotto suggestivi voltoni puntiamo alla chiesa di San Francesco. Per la cronaca prima incontriamo la signora Alessandra Gasparinetti, vedova di Nanni Ricordi che qui trovò il suo buon ritiro e... il lattaio Mauro Berra. E’ molto panoramico (sembra di toccare il castello di Cereseto..) il belvedere della chiesa, che conserva nel coro una bella tela di Orsola Caccia (Madonna col Bambino e i Santi Francesco e Antonio) e una statua settecentesca della “Addolorata”. Ma la sorpresa si cela dietro una porta, un androne ed ecco l’infernot scavato a mano nella pietra da cantoni dai frati, ultimato, come da incisione, nel 1844. Scendiamo, il nostro trekking ci porta in visita alla bottega di Iucci Crova col forno a legna (sullo sportello in ghisa si legge: Musso di Terruggia) che ogni giorno lei accende alle 2.30. Si sta concludendo a 190° l’ultima cottura delle michette. Oltre al pane il figlio Massimo produce vino (visitiamo la cantina) e salumi di qualità. Sul banco della bottega una pagina del Corriere della Sera che promuove la muletta, “il salame dei reduci della grande guerra”. Infine passando davanti alla stazione di posta del paesaggio (ultima iniziativa della Provincia legata all’Unesco), raggiungiamo fuori dell’abitato la chiesetta campestre di San Grato, dove sono ultimati i lavori sul sagrato. Sarà inaugurata il prossimo 7 settembre. Squarcio bucolico di un contadino che sta “dando l’acqua” tra i filari.

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Marco Imarisio

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