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Che successo per Libera: "Nomi, cognomi e infami" fa il pieno al Municipale

Ci sono i Carabinieri in borghese che lo seguono e lo proteggono. Controllano i suoi spostamenti, guardano le stanze dove entrerà e dalle quinte fanno capolino con la testa per verificare la sicurezza del palcoscenico e dell’interno del Municipale. Sul palco una sedia e un leggio. Entra Giulio Cavalli, davanti a sé, l’attore, si trova un teatro gremito di giovani fino al loggione per il suo “Nomi, cognomi e infami”. Nonostante sia sabato sera, i ragazzi della città e del Monferrato hanno risposto alla chiamata del presidio Totò Speranza di Libera. Sul palco nessuna scenografia: «Non serve - dice Cavalli - io sono un giullare, uso le parole e con queste combatto le mafie». L’attore dà il meglio di sé. Alterna momenti di grande ironia, coinvolgendo anche il pubblico, a momenti di profonda riflessione e approfondimento. A tratti non sembra nemmeno uno spettacolo teatrale ma una lezione universitaria, un catechismo su come le mafie, in parte, abbiano abbandonato gli abiti stereotipati dei boss con “coppola e lupara” per indossare giacca e cravatta, infiltrandosi così nel mondo della finanza, nella “Lombardia bene” ma non solo. Smonta e ricompone il significato di “onore”. Ricorda i morti ammazzati nell’omertà e finiti nell’oblio della memoria, come il magistrato Bruno Caccia freddato a Torino il 26 giugno del 1983. Il “giovane” Municipale lo ascolta e più volte si lascia andare in fragorosi applausi.

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Marco Imarisio

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