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APPELLO ETERNIT/ Lunedì 3 giugno, ore 15: la lettura della sentenza!

Lunedì prossimo, 3 giugno, ore 15, sarà pronunciata dal presidente della Corte di Appello Alberto Oggè la sentenza di appello del processo Eternit, dopo il verdetto di primo grado che a febbraio 2012 aveva condannato gli imputati - lo svizzero Stephan Schmidheiny e il belga Louis de Cartier, a sedici anni di carcere per disastro doloso e omissione dolosa di misure antifortunistiche. Un appuntamento persino più significativo del primo perché quello di appello sarà verosimilmente il pronunciamento definitivo. Lunedì dunque le città di Casale, Cavagnolo, Rubiera, Bagnoli; la comunità senza confini delle vittime dell’amianto; le donne e gli uomini di ieri oggi e domani che in tutto il mondo devono convivere con la speculazione orribile dell’amianto, sapranno se potrà essere o no confermata la parola di giustizia che - sfrondando tecnicismi burocratici e capziosità da azzeccagarbugli - il tribunale di primo grado ha scritto lo scorso febbraio, riconoscendo la realtà storica che la comunità porta scritta, giorno dopo giorno da decenni nelle vicende della famiglie, nelle pagine dei giornali, nei mille e mille siti impestati dall’amianto. Una pagina scritta con la condanna - appunto - di coloro che la giustizia italiana ha individuato come i due massimi responsabili, i due veri dominus di una multinazionale che, per fare affari, ha spietatamente condannato a morte migliaia di persone in Italia e - verosimilmente - decine, forse centinaia di migliaia di persone innocenti nei 60 Paesi in cui Eternit operava attraverso una galassia di un migliaio (!) di società. Un affare colossale E uno sguardo anche distratto al mondo basta a far comprendere quanto sia stato imponente l’affare-amianto: i tetti in eternit che si trovano ovunque, le tubazioni degli acquedotti che venano il sottosuolo delle città e delle campagne... Un ex tecnico di Eternit mi raccontò che - ancora recentemente - aveva visto lastre di rivestimento da lui stesso vendute nelle sale operatorie di un noto ospedale del nord Italia. «Innocue - mi assicurò - perché sono laccate e quindi non rilasciano fibre». Erano circa tremila i prodotti commerciali contenenti amianto. Si sfarinava dalle pastiglie dei freni delle auto, volava fuori dagli asciugacapelli, era nelle sale macchine delle navi, attorno ai tubi in cui scorreva l’acqua calda degli impianti di riscaldamento, nelle canne fumarie, nei tessuti ignifughi, nel pavimenti di linoleum, nelle controsoffittature, nei tramezzi. Tremila prodotti... l’elenco sarebbe troppo lungo. Tremila killer in “giacca e cravatta” che sono stati introdotti nella nostre case, nella nostra vita quotidiana, blandendo, facendoci credere che avrebbero contribuito al nostro benessere, al nostro agio, a una qualità migliore della nostra esistenza. Tremila “bombe” mascherate da oggetti di uso quotidiano da chi sapeva bene cosa stava facendo e cosa avrebbe provocato. Le “dinastie dell’amianto” Morto il barone Louis de Cartier de la Marchienne che secondo quanto emerso durante l’iter giudiziario è stato ai vertici del gruppo in un’epoca cui si licenziavano le donne che perché erano sedute (che pigrizia!) fuori dallo stabilimento in attesa di iniziare il proprio turno; un’epoca in cui si tiravano le sedie ai sindacalisti e si faceva lavorare la gente in una tale nuvola di polvere che a distanza di pochi metri non ci si riconosceva se non dal suono della voce, in una condizione “catastrofale” (secondo Otmar Wey, dirigente di Eternit nel periodo svizzero). Un periodo in cui Eternit regalava e addirittura vendeva il polverino e nel Po finivano così tanti liquami e scorie che si era formata una penisola che occupava per metà il corso del grande fiume. Morto de Cartier resta da compiere l’iter dei risarcimenti attraverso un percorso difficile che presumibilmente chiamerà in causa la società belga Etex. Iter difficile, “impossibile” ritengono alcuni. Ma quando mai questa giusta e doverosa battaglia di responsabilità e di civismo è stata facile? Chi negli anni Sessanta e Settanta avrebbe potuto immaginare che un giorno i massimi dirigenti di quella impresa così spregiudicata e dannosa, criminale secondo il verdetto di primo grado, avrebbe dovuto rispondere delle sue condotte di fronte alla giustizia? Morto De Cartier resta da pronunciare la sentenza sul miliardario svizzero che - a 65 anni e con un patrimonio immenso - renderà ugualmente complicato e difficoltoso ottenere i risarcimenti, se verranno riconosciuti e se verrà confermata la sua colpevolezza. Lo svizzero che ha pagato non solo stuoli di avvocati e strateghi, ma anche “spie” per sorvegliare quelle comunità che la stessa attività di Eternit aveva sfruttato e devastato dal punto di vista ambientale e che poi ha abbandonato . No, certamente negli anni Sessanta e Settanta i signori e i signorotti, anzi... le dinastie dell’amianto e i loro entourage non si immaginavano che un pugno di comuni e tenaci mortali li avrebbe portati fin qui... E invece ci siamo!

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Veronica Spinoglio

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