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Appello Eternit, lunedì si ricomincia: interviene l’accusa

Si avvia alle battute conclusive il processo di appello Eternit. A qualche settimana dalle udienze dedicate alle arringhe dei difensori degli imputati (lo svizzero Stephan Schmidheiny e il belga Louis de Cartier) lunedì si torna infatti nuovamente in aula per la prima di quattro udienze che - salvo imprevedibili colpi di scena - dovrebbero portare a conclusione anche il secondo grado di giudizio. La sentenza è infatti attesa per la fine di maggio o - al massimo - per i primi giorni di giugno. Schmidheiny e de Cartier, individuati come i veri proprietari della multinazionale Eternit, sono stati condannati in primo grado a 16 anni di carcere in quanto ritenuti responsabili di non avere adottato tutte la cautele previste dalla legge per la tutela dei lavoratori e di avere provocato un disastro ambientale sia nei luoghi di lavoro che al di fuori, con regalìe e pratiche di vario genere che hanno causato un vasto inquinamento e provocato la strage tristemente nota, un’onda lunga di morti innocenti fra lavoratori e fra tantissimi cittadini che proseguirà ancora - si stima - fino al 2020- 2025. Una serie di lutti causati dall’Eternit e dalle altre imprese dell’amianto che causerà centinaia di migliaia di vittime solo in Europa. Accuse aggravate dal fatto che è emersa chiaramente - nel corso del dibattimento - la consapevolezza degli imputati di quanto stavano facendo e di quanto avrebbero provocato. Di qui la decisione del tribunale di primo grado di riconoscere anche l’aggravante del dolo. Accuse rigettate dalle difese che hanno teso o a minimizzare il ruolo degli imputati, o a cercare di attribuire le responsaiblità a quanti hanno gestito precedentemente l’Eternit, sostenendo che conta la prima esposizione e non quelle successive. Insomma, visto che Casale, Bagnoli, Rubiera, Cavagnolo (i luoghi in cui c’erano gli stabilimenti) erano già inquinati tanto valeva continuare... E senza andare tanto per il sottile. I puntini sull “i” Parecchi i puntini sulle “i” che intende mettere la Procura Generale. I quattro magistrati - Raffaele Guariniello, Sara Panelli, Gianfraco Colace ed Ennio Tomaselli - difficilmente riusciranno a contenere le repliche in una sola udienza - quella del 6 maggio - e probabilmente proseguiranno anche in quella successiva prevista per lunedì 13, quando ci sarà spazio anche per le conclusioni delle parti civili, gli avvocati che rappresentano in aula le parti lese, persone, famiglie, enti e associazioni danneggiati dall’attività dell’Eternit. Poi nelle due udienze successive la parola tornerà ai difensori delle società chiamate in causa come civili responsabili per i risarcimenti (Becon, Amindus, Anova, Etex) e dei due imputati per le repliche finali. Infine la sentenza, che associazioni e vittime auspicano possa confermare la parola di giustizia pronunciata in primo grado. Una sentenza destinata comunque ad avere una grande importanza nel panorama internazionale per la dimensione globale che ha assunto ormai la vicenda amianto alla luce della sua enorme nocività e degli effetti che a distanza di decenni si stanno ormai manifestando in tutta la loro evidenza. E per il fatto che - come ha detto più volte il pm Guariniello - per la prima volta sono stati processati i veri responsabili della multinazionale Eternit e non i dirigenti locali. L’influenza sulla lavorazione E anche per il fatto che avrà una innegabile influenza sulla lavorazione dell’amianto a livello internazionale. In due terzi del pianeta la fibra killer continua infatti a essere lavorata e questo mette a rischio per i prossimi decenni intere popolazioni, rischio elevatissimo per chi ci lavora e vive nella vicinanze delle cave e degli impianti, rischio comunque grave per le popolazioni dei Paesi in cui l’amianto è legittimamente prodotto e commercializzato, perché si ritrovano inconsapevolmente in casa manufatti fortemente nocivi. Una condanna ferma sarebbe fondamentale. Ma lo sarebbe anche l’avvio delle vertenze per ottenere adeguati risarcimenti, non di poche decine di migliaia di euro (come per le transazioni) ma di centinaia di migliaia per ogni caso. E - anche se è doloroso dirlo - è proprio questo snodo, il costo che la lavorazione dell’amianto rischia di avere per gli industriali che potrebbe rappresentare - forse - il deterrente più efficace contro la lavorazione dell’asbesto.

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