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Mesotelioma: a rischio le cure alternative di Mutti. Più difficili anche i trial

Quali sarebbero le conseguenze del mancato rinnovo dell’incarico da primario che si sta profilando all’ASL di Vercelli per Luciano Mutti, il ricercatore del Gime dirigente medico di Medicina all’ospedale di Borgosesia e impegnato nella lotta alle malattie causate dall’amianto? Lo abbiamo chiesto direttamente a lui dopo che nei giorni scorsi è emerso che il comitato di valutazione dell’ASL di Vercelli ha espresso giudizio negativo relativamente al rinnovo dell’incarico. Una notizia che strideva - anche se si tratta di incarichi molto diversi - con quella che relativa all’UE che recentemente gli ha affidato il compito di valutare, con altri specialisti, i progetti di ricerca relativi ai tumori rari per decidere quali finanziare. Ma soprattutto che suscita preoccupazione da parte dei malati che hanno trovato un riferimento nel primario di Borgosesia. E che temono che tutto ciò possa influire negativamente sulla possibilità di curarsi. Dottor Mutti cosa sta succedendo? Che dal 9 agosto, stante la situazione attuale, non sarò più primario di Medicina all’ospedale di Borgosesia. Come mai? Il comitato di valutazione ha espresso parere negativo. Cos’ha combinato? Non lo so. Il reparto funziona bene, è pulito, i pazienti sono soddisfatti, I miei collaboratori lavorano bene e in modo sereno... Quindi lei non ritiene che si tratti di un giudizio obiettivo? Non mi posso esprimere al riguardo. Ho fiducia nella terzietà dei giudici che eventualmente valuteranno. Ma prima chiederemo al Direttore Generale dell’ASL di intervenire direttamente nel merito del giudizio, come prevede la legge, e non solo di avallare la decisione del nucleo di valutazione. Questo perché riteniamo giusto che tutti coloro che sono coinvolti in questa vicenda si assumano le proprie responsabilità nei confronti delle istituzioni e dei pazienti. Mi sta dicendo che intende impugnare il provvedimento? È una strategia difensiva che valuterò col mio avvocato, ma che riteniamo doverosa. Ma cosa cambia nei fatti se non sarà più primario? Sostanzialmente il fatto che non potrò più prestare cure a malati che si rivolgono a me perché altre terapie e trattamenti a cui si sono sottoposti precedentemente, i protocolli standard, non sono efficaci. E per i trial sperimentali? Anche in questo caso diventa tutto più complicato perché dovrebbe autorizzarli un altro. Scusi ma perché non potrà curare i pazienti, non fa più il medico? Si tratta di trattamenti basati su farmaci off-label. Off-label? Siamo in Italia... Farmaci che sono nel prontuario nazionale ma non sono autorizzati per quel tipo di patologie. Anche se c’è una evidenza clinica ormai accertata che possono essere utilizzati con profitto. E come mai tutto ciò? Questioni burocratiche... Ma in sostanza cosa cambia? Se sono off-label solo il primario può autorizzarne l’impiego... Del resto lei se lo vede un dirigente che non sa magari nulla di mesotelioma che autorizza sotto la propria responsabilità trattamenti decisi da qualcun altro? Con tutte le implicazioni che ciò può avere, etiche e legali? Quanti pazienti sta trattando? Attualmente con protocolli off-label una decina. Persone che provengono da Casale, Genova, Brescia, Roma, Napoli, Bari... Perché vengono proprio da lei? Ripeto, magari hanno fatto altri trattamenti, la chemioterapia standard, e non hanno avuto giovamento. Magari sono pazienti di terza linea, come si dice in linguaggio medico, e non possono neppure essere inseriti in trial sperimentali. Terza linea? Che cosa significa? Che hanno già fatto due precedenti trattamenti di chemioterapia e non sono adatti per essere inseriti nelle sperimentazioni cliniche. E hanno un giovamento? Tra trattamenti sperimentali e terapie con farmaci off label alcuni sono in terapia da anni, altri da mesi. Qualcuno ha risposto più volte. Significa che la malattia è regredita e si è fermata. Poi ha ripreso e l’abbiamo stoppata di nuovo... Comunque - in generale - un numero soddisfacente vanno in malattia stabile con una significativa riduzione dei sintomi. E conseguentemente una buona qualità della vita. Insomma, approcci terapeutici da tentare in ogni caso, visto che gli altri non hanno dato esito! Ho capito bene? Già, non credo che sia umano negare la speranza... Significa togliere alle persone persino la possibilità di lottare per la propria vita.

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