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  • 12 dicembre 2018
  • Casale Monferrato

Da Roberto Coaloa, studioso, riceviamo e pubblichiamo in seguente intervento in vista dell'inaugurazione della mostra al Museo Civico (sabato 15, ore 11)

"Il più grande viaggiatore dell’Ottocento"

«Carlo Vidua. Una vita in viaggio, dal Monferrato all’Estremo Oriente (1785-1830)»

Sto aspettando con gioia la mattina di sabato 15 dicembre, per ammirare la nuova, importante e attesissima mostra sul più grande viaggiatore dell’Ottocento, Carlo Vidua, a cui ho dedicato più di venticinque anni di ricerche. Anni segnati da pubblicazioni, convegni e mostre. Sabato, però, sarà un evento speciale, perché finalmente la sua città natale, Casale, inaugurerà al Museo Civico una sala dedicata ai suoi viaggi, alle sue collezioni. Ringrazio l’Assessore alla Cultura Daria Carmi per aver mantenuto la promessa - di dedicare una grande mostra a Vidua - fatta all’inizio del suo mandato. L’esposizione ha il titolo: «Carlo Vidua. Una vita in viaggio, dal Monferrato all’Estremo Oriente (1785-1830)». Chi scrive ha redatto i pannelli che accompagnano l’esposizione, curata con raffinatezza e competenza da Alessandra Montanera. Elena Varvelli, invece, ha svolto un grande lavoro di coordinamento, tra i molti studiosi e le istituzioni che hanno collaborato all’evento. 

Da studioso di Vidua segnalo alcune novità. Nello studiare i pezzi da collocare nella nuova sala espositiva dedicata al viaggiatore, si sono scoperti alcuni materiali che erano appartenuti al conte di Conzano, altri che erano stati malamente attribuiti alla sua collezione. Tra le altre cose, ho scoperto che il famoso ritratto di Carlo Vidua (quello che compare anche nel manifesto della mostra), uno dei pochi che si conservano oggi, realizzato dal pittore e incisore francese Étienne Bouchardy (1797-1849), ritrae il viaggiatore quarantenne e non ventenne, come era stato prima indicato, indicando l’opera del francese (un bellissimo carboncino e matita su carta) realizzata durante il primo tour europeo del piemontese. Ora sappiamo che il ritratto è del 1825. In quel periodo, infatti, Vidua, prima di partire per il secondo grande tour in America, si fa ritrarre da Bouchardy a Parigi. Il viaggiatore ne parla in una lettera a Pio Vidua, spiegando che il ritratto è per la sorella Luisa. Nell’affaire di questo celebre ritratto di Vidua compaiono anche l’amico Roberto Taparelli d’Azeglio, Carlo Emanuele Alfieri di Sostegno, rappresentante del Regno di Sardegna a Parigi, padre di Cesare Alfieri di Sostegno, futuro gran ammiratore delle imprese del viaggiatore.

Tra i pezzi della mostra saranno apprezzate le collezioni cinesi, per la prima volta esposte al pubblico. Rilevante è poi lo spazio dedicato all’ultimo viaggio nell’Estremo Oriente, tra Nuova Guinea e Indonesia. Alcuni riflessioni sono nate, però, cercando materiale per il grande viaggio in America. 

Carlo Vidua in Messico frequentò i personaggi più influenti, come l’ambasciatore degli Stati Uniti, Joel Roberts Poinsett (1779-1851) e il ministro dello Stato messicano Lucas Alamán y Escalada (1792-1853), che nel 1823 aveva fondato l’Archivio nazionale e nel 1825 il Museo di archeologia, storia e scienze naturali. Vidua li conobbe a Città del Messico. Con Poinsett strinse una forte amicizia, come si può dedurre dalle lettere; con Alamán y Escalada i rapporti furono cordiali: il nome del politico e storico messicano si trova nei taccuini di viaggio del conte di Conzano e risulta che gli abbia regalato molti materiali per la ricerca sulla storia del Messico. Poinsett nacque in Charleston, nel South Carolina, fu viaggiatore, politico e diplomatico. Nel 1825 fu nominato ambasciatore in Messico dal presidente John Quincy Adams, intervenendo nella politica messicana, creando la loggia massonica di York, della quale fu il capo. Nel 1829 fu espulso dal Messico, tornando negli States divenne poi Senatore e Segretario della Guerra nel governo di Van Buren.

Di Poinsett Vidua acquistò Notes on Mexico, by a Citizen of the United States (come si può notare dal libro, del 1824, conservato all’Accademia delle Scienze di Torino).

Il viaggiatore, in Messico, si interessò soprattutto alle nuove istituzioni politiche. Le esaminò con grande perizia e attenzione, dimostrando ancora una volta la sua serietà nella ricerca, avendo già tracciata una strada per una compilazione di una storia contemporanea del Messico e di un trattato politico. Vidua, ad esempio, non studiò i reperti del Messico antico. Chi scrive si è posto il problema più di una volta: perché dopo l’esperienza in Egitto e l’interesse dimostrato verso quella civiltà, Vidua non approfittò di quell’occasione unica di viaggio per approfondire lo studio delle antiche civiltà precolombiane? 

Probabilmente, conscio dell’importanza della sua indagine sulla storia contemporanea, si concentrò sul Messico e i suoi recenti rapporti con la Spagna. Nell’esame delle istituzioni politiche del nuovo Stato, Vidua è lucido interprete. Quando descrive i fatti, si mostra molto acuto, ad esempio quando racconta il successo della rivoluzione d’indipendenza in Messico. Molti anni prima, il giovane Vidua, aveva attirato l’attenzione degli amici piemontesi sulla rivoluzione spagnola e lo sviluppo del nazionalismo in quel paese dopo l’invasione napoleonica.

Il 24 aprile 1809, l’allora ventiquattrenne Vidua scriveva all’amico Cesare Balbo: «La nazione che pareva la più serva, la più ignorante, la più inetta, la più tarda, la più superstiziosa, quella che meno parlava di libertà, la meno illuminata dell’Europa, è la sola fra le Europee che difenda con energia la sua libertà. Per qualunque verso la guardi, o se consideri la perdita fatta del capo suo, o la circostanza d’essere stati sorpresi in piena pace, o quella di non aver alcun alleato (finora) in tutto il continente, o di avere molti gran signori che tradirono gl’interessi della patria, un’armata incompleta ed inesperta, nissun capo, un nemico abilissimo, e nel più alto della sua potenza, tutto è mirabile».

Si capisce quindi, a distanza di tempo, come ora non potesse sfuggire a Vidua questa situazione di rapporto tra nazionalismo e guerra straniera. Nel 1826 fu anche profetico! In quell’anno, non credere possibile “la riconquista” (prima di chiamarsi Messico, lo Stato era chiamato Nuova Spagna) fu un segnale della reale capacità del viaggiatore di misurare alla perfezione il momento storico. All’epoca, infatti, al contrario di Vidua, molti personaggi à la page, pensavano possibile “la riconquista” con l’aiuto alla Spagna delle potenze europee della Santa Alleanza (come si verificò nel 1823 in Europa, per ristabilire la monarchia assolutistica di Ferdinando VII, perpetuando il regno crapulone di un amministratore rapace, celebre nei fasti della sua crudeltà). Se la Spagna non riuscì a riprendere l’egemonia del nuovo Stato fu da un lato per la mancanza di un aiuto interno e dall’altro per il rifiuto inglese e nordamericano a quell’impresa. Si può ricordare che, ancora nel 1829, gli spagnoli fallirono un tentativo di restaurare l’egemonia, con l’invio di un esercito sulla costa messicana. Nel 1829, il generale Antonio López de Santa Anna sconfiggeva l’esercito spagnolo di invasione e, nel 1833, instaurò un regime dittatoriale, che durò fino al 1855. Nel 1829, il momento storico non sfuggì a Vidua, che nel frattempo si trovava in Indonesia. Egli legge sul Journal d’Anvers, nell’agosto 1829, dell’arrivo del generale Barradas a Cuba, e trascrisse la notizia sui suoi taccuini.

Nel taccuino, conservato nel Fondo Vidua dell’Archivio Storico di Casale Monferrato, si legge: «Imbarco La Havana Gen. Barradas con spediz. 5600 uomini».

Proprio in questi taccuini di viaggio si leggono le interessanti considerazioni di Vidua sugli spagnoli, che in Messico non gli erano piaciuti, mentre qualche anno dopo nelle isole Molucche, avendo letto di Dominique-George-Frédéric de Rion de Prolhiac de Fourt de Pradt, Vrai système de l’Europe relativement à l’Amérique et à la Grèce, si può notare il suo interesse per la situazione politica internazionale e la sua conseguente riflessione. Dopo aver letto il libro, Vidua commenta che sono molte le persone, come Pradt, che parlano male della Spagna senza conoscerla, come, non conoscendoli, parlano bene dei liberali americani.

Nei suoi viaggi Vidua cambiò molti dei suoi giudizi sull’opera degli spagnoli in America, trovando l’identità come un fatto di decisione e di differenze.

In una lettera scritta da Guanaxuato, il 7 aprile 1826, a suo padre Pio Vidua, nota sui messicani, che discutevano la loro costituzione: «Qui in tutte le parti sono occupati a costituirsi; con quale perizia, e quanta scienza politica e governativa nol so».

Vidua sa, tuttavia, che nella misura in cui una società prova a costituirsi si imbatte nel problema dell’ordine necessario a costruire un’identità. Lui costruisce la propria identità attraverso gli altri. La trasformazione dell’esistenza sociale nel viaggio indica che non c’è un “io” senza “l’altro”, e che in fondo “l’identità” si crea con specchi e riflessi. Quando quei riflessi mutano, o di deformano, le identità si trasformano. Nell’universo della comprensione, abbiamo sempre a che fare con ciò che Bernard Le Bovier de Fontenelle, il bel esprit, chiamava la Pluralité dei mondes; altri, nel nostro tempo, ci hanno ricordato che comprendere sugnifica sempre comprendere altrimenti.

Il viaggio messicano di Vidua è una vera cesura nella mente del viaggiatore. Un prima e un dopo, nella comprensione del mondo a lui contemporaneo. L’esperienza messicana è anche importante per la sua durata: un anno. Erano pochi i viaggiatori europei d’allora a visitare il “turbolento” Messico. Tocqueville, ad esempio, dieci anni dopo Vidua, non fece seguire al viaggio negli States il Messico. Questo viaggio di Vidua in Messico, difficile, intenso, basterebbe da solo a far capire la complessità del viaggiatore piemontese.

Il viaggio di ritorno in Europa fu avventuroso. Vidua riporta la cronologia del viaggio in un taccuino, dove troviamo anche uno schizzo dell’estuario della Gironda: «Navigazione da Vera Cruz a Bordeaux sul Brig [antino] francese Georges. Capitaine Videt. 22 fèvrier – 7 avril 1827». La navigazione fu contraddistinta da tempeste tra i giorni 14 e 17 marzo. Poi, arrivato in Europa, Carlo ebbe il grande litigio epistolare con il padre Pio Vidua. Il viaggiatore, allora, decise di non far rientro in Piemonte, e di completare il suo giro del mondo, imbarcandosi per l’India, dal porto di Bordeaux, il 10 luglio 1827.

In parte scampato alla distruzione, il cospicuo patrimonio materiale, documentale e librario raccolto da Vidua durante i suoi viaggi, è oggi conservato presso diverse istituzioni piemontesi, e non solo.

Alla morte di Carlo, il 25 dicembre 1830, gli eredi diretti furono dapprima il padre, Pio (scomparso nel 1836), poi la sorella Luisa (morta nel 1838), che istituì erede universale il Conte Luigi Leardi Angelieri di Terzo.

Nel 1833, Pio Vidua donò all’Accademia delle Scienze di Torino “libri, codici manoscritti, oggetti di storia naturale, armi antiche e moderne, anticaglie e simili cose raccolte ne’ suoi lunghi viaggi dal conte Carlo suo figlio”, oltre che i taccuini di viaggio sull’Egitto (1820) e i rilevamenti effettuati da Carlo Vidua ad Abu Simbel. Luigi Leardi, nel 1840, destinò ancora all’Accademia delle Scienze il “rimanente de’ libri raccolti, e de’ manoscritti compilati ne’ suoi lunghi viaggi dal Conte Carlo Vidua, suo cugino”.

Oggi, a Casale Monferrato, grazie alla donazione della contessa Clara Leardi (1854), cugina del viaggiatore e madre di Luigi, morto prima di lei, si conservano presso il Museo Civico gli oggetti raccolti dal viaggiatore nelle sue ricerche in tutto il mondo; nell’Archivio Storico i taccuini dell’ultimo viaggio in Oriente, le lettere commendatizie e 35 lettere originali di Carlo Vidua, e altre inedite, ma in forma di copia. 

Presso la Biblioteca Civica si conservano altre collezioni di Carlo: oltre alla ricca biblioteca del viaggiatore, troviamo la raccolta di gravures francesi e la raccolta di brochures radunate tra la caduta di Napoleone e la Restaurazione. Altro materiale su Carlo Vidua si trova a Torino presso l’Archivio di Stato, dove è conservata la prima bozza per la stampa del primo volume delle lettere pubblicate da Cesare Balbo, importante documento storico perché si osservano i tagli e le censure che l’opera subì prima della pubblicazione nel 1834; alla Biblioteca Civica nel fondo dell’archivista Luigi Nomis di Cossilla, sono conservate sei lettere inedite di Carlo Vidua e, infine, presso la Biblioteca Reale sono conservate alcune lettere pubblicate da Cesare Balbo, indirizzate a Luigi Provana. A Roma, al Museo Pigorini, sono conservati molti oggetti dell’ultimo viaggio di Carlo Vidua in Oriente, mentre alla Biblioteca Apostolica Vaticana troviamo le lettere originali, prive di tagli e censure, indirizzate dal viaggiatore a Cesare Balbo. La ricerca, però, non è ancora finita…

Nella foto da sinistra: Roberto Coaloa, Daria carmi (assessore alla Cultura del comune di Casale), Elena Varvelli (funzionario del Museo di Casale) e Alessandra Montanera (Conservatore del Museo Civico di Casale)

 


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