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LA RIFLESSIONE Un risarcimento vero per combattere l’industria criminale

La vicenda di Thyssen e quella di Eternit sono state collegate fin dall’inizio, perché quei sette morti nel rogo di Torino e quelle migliaia di vittime che l’amianto continua a mietere sono unite prima di ogni cosa dalla inaccettabile speculazione a danno della salute dei lavoratori e dal fatto che - attraverso quelle vicende - è emerso in modo inequivocabile che la vita, secondo alcuni, può essere barattata per denari. Una vicinanza sentita molto nettamente dai familiari delle vittime che - spesso - si sono trovati, anche a Casale, a sfilare uniti per scopi comuni: la sicurezza, la dignità, la giustizia, la lotta contro un modo di fare impresa criminale. Il (giusto!) clamore destato dalla tragedia di ThyssenKrupp e le morti silenziose per l’amianto sono state un momento di dolorosa riflessione anche al Processo Eternit, il cui significato è stato - purtroppo - ampiamente sottovalutato dai media nazionali, cosa che invece non è avvenuta in merito alla vicenda della transazione tra il Comune di Casale e l’imputato svizzero: «Non so perché passi tutto così sotto silenzio, forse perché moriamo uno alla volta...», aveva annotato amaramente durante la propria deposizione al processo Eternit l’ex sindaco di Casale Riccardo Coppo. Il «precedente» del processo Thyssen Il processo Thyssen è stato - piaccia o non piaccia - una svolta per quanto riguarda l’attribuzione di responsabilità a chi si deve occupare di sicurezza, e quello Eternit, al pari, scriverà - comunque vada - una pagina importante della giurisprudenza in materia di attività industriali, sicurezza sul lavoro ma soprattutto in materia di ambiente e di inquinamento legato alle attività produttive. Quindi non soltanto per la salute dei lavoratori ma per quella di tutti i cittadini. E perché sia una pagina significativa non si può negare che sarà fondamentale anche e proprio il pronunciamento del tribunale sugli aspetti economici, relativi - cioè - al ristoro dei danni provocati da Eternit, nel caso ovviamente che sia riconosciuta la colpevolezza di uno o di entrambi gli imputati. S’è detto tante volte su queste stesse pagine, anche prima che iniziasse il processo: il modo più efficace di combattere una attività economica così cinicamente e spregiudicatamente pianificata, giocata sulla mistificazione, sulla menzogna, sul disprezzo della vita non è tanto il ricorso a elevati appelli all’etica, alla morale (e via... ammonendo...) ma il fatto di renderla antieconomica. Purtroppo qui (in Italia, a Casale) e ora (dopo tanti e tanti lutti) ciò può avvenire solamente a ritroso; ma al tempo stesso si può far capire a chi oggi specula in due terzi del pianeta, condannando a morte centinaia di migliaia di esseri umani che presto o tardi si vedrà presentare il conto. Quello della giustizia penale ma anche e soprattutto quello della giustizia civile. Si può scrivere oggi che chi approfitta scientemente di legislazioni carenti dal punto di vista della sicurezza offendendo la vita sarà con tutta probabilità spogliato, domani, di quei profitti accumulati contro l’umanità. Ecco, in questo senso, il risarcimento, il massimo risarcimento possibile, è - oserei dire - uno strumento di giustizia almeno altrettanto efficace della giustizia penale. E fare lo «sconto» a chi ha depredato una comunità del proprio futuro, della propria serenità, ha decimato famiglie, creato vedove, vedovi e orfani, senza - come è stato giustamente sottolineato - mai mostrare alcun ravvedimento ma spacciandosi al contrario beffardamente per «filantropo» rischia invece di vanificare questo aspetto essenziale della giustizia, facendo passare nel mondo il messaggio che chiunque può uccidere - consapevolmente - per profitto e cavarsela poi elargendo una mancia alle sue stesse vittime. Qualche riflessione sul caso Thyssen Ma la vicenda di Thyssen - dicevamo - suggerisce alcune considerazioni. La prima è che tacitare le parti civili è scopo esplicito per alleggerire la posizione degli imputati e sperare in una condanna meno severa nel giudizio penale. È già stato detto e ridetto ma la strategia che Thyssen ha attivato dimostra una volta di più che un processo senza parti civili è molto più agevole per gli imputati. Quindi l’aspetto civile e penale (che restano distinti tecnicamente) si intrecciano - eccome! - proprio sul terreno dei risarcimenti e delle attenuanti. La seconda è che (come è intuitivo) la condanna in primo grado degli imputati del processo Thyssen non ha fatto venire meno le motivazioni della transazione. Anzi, le ha accresciute, proprio perché mitigare il giudizio d’appello appare ancora più importante, in quanto più prossimo a quello definitivo di terzo grado. E la posizione contrattuale delle parti civili si è rafforzata, non indebolita! L’altra questione che non deve sfuggire è il ruolo degli enti istituzionali. Il Comune di Torino, a un passo dalla firma dell’accordo di transazione che avrebbe portato gli enti istituzionali fuori dal processo di secondo grado, dopo i fatti della vicenda Casale-Eternit ha deciso di fermare tutto quanto, decidendo prima assumere qualunque decisione di ascoltare il parere dei familiari, già risarciti con 12 milioni di euro, cifre ben diverse da quelle pattuite dal «filantropo» svizzero. La transazione delle famiglie non ha dunque fatto ritenere al Comune di Torino che automaticamente anche gli enti istituzionali potessero escludersi dal processo di secondo grado. Ieri invece la giunta guidata da Roberto Cota ha deciso di dare il via libera all’accordo. La differenza fra il caso Thyssen e Eternit Certo, non può essere taciuto il fatto che Casale debba anche valutare l’impiego delle risorse derivanti dalla transazione per il ripristino ambientale, questa è una questione realmente seria, ma ciò implicherebbe preliminarmente l’impegno a vincolare tali somme esclusivamente alle bonifiche e alla ricerca scientifica. E che le cifre fossero realmente congrue per una bonifica radicale e completa dei danni effettivi causati da Eternit, senza sottrarsi a una doverosa riflessione sul fatto che altrimenti, per una cifra parziale e irrisoria rispetto al danno materiale, concreto, reale (subito dall’intero territorio e non solo dal Comune di Casale) si rinuncerà per sempre a qualunque rivalsa per tutte le altre voci di danno che il Comune potrebbe vantare.

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