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Andrea Pozzo dal Trentino all'abbazia di Grazzano - Rinasce l'antico chiostro

Fu probabilmente dovuta alla committenza del conte Mario Callori di Montemagno la presenza nella parrocchiale di Grazzano della “Morte di san Francesco Saverio”. Opera di Andrea Pozzo (Trento 1642 - Vienna 1709), che ha esercitato con eguale maestria la pittura, l’architettura, l’arte della prospettiva ed esponente del barocco romano. Fratello del ministro Antonio, uno dei pochi monferrini di spicco alla corte di Mantova, Mario Callori fu abate commendatario dell’abbazia dei Santi Vittore e Corona per oltre quarant’anni (1652-1696) durante i quali fu animatore della diocesi casalese degli esercizi spirituali. Sono gli anni in cui il rafforzamento del controllo politico dei Gonzaga sul territorio monferrino invade anche la sfera religiosa diocesana con la nomina degli abati commendatari di Lucedio e Grazzano, indirizzata verso gli esponenti dell’aristocrazia monferrina o mantovana più fedeli alla dinastia. Posta sul terzo altare a destra dell’ingresso, la pala d’altare è circondata da stucchi e dalle figure di san Luigi Gonzaga e di san Stanislao Koska, novizio della Compagnia di Gesù e uno dei più noti santi polacchi. La tela fu esposta nella mostra “Da Musso a Guala”, che si tenne nell’autunno del 1999, dopo il sapiente restauro eseguito da Guido Nicola sotto la direzione di Giovanni Romano, autore nel catalogo della scheda del quadro “che non ha avuto - a suo giudizio - una fortuna critica all’altezza della sua sfolgorante qualità”. “Sorprendono anche la sfortuna antica dell’opera, che sfugge alle esplorazioni di Goffredo Casalis e dei suoi informatori, e la mancanza di repliche nel corpus di Andrea Pozzo. Forse stentò ad avere successo - aggiunge Romano - .presso l’ordine gesuitico e i suoi fedeli sostenitori un’agonia di san Francesco Saverio, abbandonato sotto una tenda fissata alla meglio tra i tronchi di una foresta, che tre angeli bellissimi spiano con incantata curiosità più che con sofferta partecipazione. Si può pensare che la spettacolare versione dello stesso soggetto eseguita da Carlo Maratta per il Gesù di Roma, pochi anni dopo (1679), abbia stravinto sulla proposta pauperista e un poco inquietante di Andrea Pozzo”. Sul periodo di attività convulsa trascorsa dal pittore in Piemonte, prima del trasferimento a Roma nel 1681, ha gettato nuova luce la recente mostra al Museo Diocesano di Trento, in occasione del terzo centenario della morte del pittore, che raffigura - secondo Giuseppe Dardanello - “il momento della condizione estrema del trapasso, Francesco accasciato sul panno disteso a coprire le asperità del terreno, le mani strette al crocifisso e lo sguardo prossimo all’abbandono, ma ancora rivolto all’intensa sorgente di luce dorata sopraggiunta ad accoglierlo assieme alle tre appassionate figure di angeli che gli si stringono intorno”. E poi ancora “l’intera metà inferiore del dipinto è oscurata da una penombra  difficilmente penetrabile, da cui appena emerge un piede di Francesco e a stento si intravedono le pieghe del suo saio...”. Insomma un’opera, quella di fratel Andrea di grande qualità, di istantanea spettacolare e di non comune perfezionamento nella regia delle luci.  Dionigi Roggero IL DENTE DI ALERAMO, UN CORO STREPITOSO E UNA LAPIDE ROMANA (DA MEGLIO COLLOCARE) Una volta partivi da Casale con la nebbia e in collina trovavi il sole... Oggi invece (sabato 20 novembre, ndr)a Grazzano Badoglio siamo nelle nuvole. Ma la visita, un po’ umida, varrà veramente la pena. Appuntamento davanti alla chiesa abbaziale di Grazzano con don Vincenzo Ferraris classe 1936 parroco dal 1970 e la restauratrice Sonia Fantino, grazzanese di ritorno (è nata a Milano, mamma di Balzola). In casa parrocchiale avvalendosi di foto a confronto ci illustrano il progetto di restauro appena andato in porto: 250 mila euro in due lotti, il primo per risanare il tetto della chiesa, l’altro per recuperare la vecchia casa parrocchiale, dove si pensa di aprire un laboratorio per i giovani, in ogni caso è stata messa in sicurezza dopo il consolidamento seguito al terremoto del 2000. Restaurato anche l’antico chiostro, resta da sistemare il giardino. Una volta completati i lavori andrà in porto anche l’idea suggerita da Paolo Massobrio (Papillon) di un circuito museale a cielo aperto che raccoglie la chiesa dello Spirito Santo, il Museo e la tomba di Badoglio al cimitero oltre alla chiesa di Madonna dei Monti.Entriamo nella parrocchiale, dedicata ai Santi Vittore e Corona. E’ giusto rendere subito omaggio nella cappella del Rosario alla tomba di Aleramo (il mitico fondatore del marchesato del Monferrato) con gli antichi mosaici: due animali mostruosi una sfinge (di Mesomede) e un drago leonino (vedi Viaggio d’autore 5 ottobre 2004). Sorveglia il tutto in alto un dipinto del marchese orante di Guglielmo Caccia (il Moncalvo). Ricca la quadreria: una delicata ‘‘Madonna” del Caccia, la ‘‘Morte di S. Francesco Saverio’’ di Andrea Pozzo (vedi articolo prof. Roggero), ‘‘Immacolata’’ attribuita a Maria Giovanna Battista Clementi, detta la Clementina, una seicentesca ‘‘Incoronazione della Vergine’’, ‘‘Vergine venerata dai Ss. Vittore e Corona’’, con stemma dell’abate G. Giacomo Millo, donata dallo stesso nel 1740, forse eseguita a Roma. Da restaurare i paliotti d’altare, attribuiti a Pietro Solari. Una vera sorpresa il coro, con al centro, giustamente, il posto dell’abate: costruito nel 1591 per Santa Croce di Casale fu ceduto a metà settecento all’abbazia in cambio di trenta messe. Altra sorpresa: don Ferraris estrae da un posto segreto una scatola con stemma, contiene il “dente di Aleramo” (ma vista la grandezza, forse, del cavallo del marchese), con documento della ricognizione della tomba datato 28 ottobre 1909 e firmato da Eugenio Capra, Giuseppe Chiesa, Pancrazio Piccone ed Eugenio Porrato. Passiamo nel primo cortile, si vede la poderosa torre campanaria avvolta dalle nuvole. Poi nel corridoio ammiriamo ancora una volta (oggetto dello stesso 'Viaggio' con consulenza del prof. O. Musso), una importante lapide romana detta del profumiere (meriterebbe altra collocazione, che la valorizzi). Infine entriamo nel bel chiostro restaurato (complimenti sinceri); la meridiana con le ore canoniche dei benedettini è muta per assenza di sole, poi finiamo sul terrazzo panoramico (tra le nuvole). Ritorneremo, non subito il meteo minaccia neve. Luigi Angelino FOTO. Il quadro di Andrea Pozzo; lo splendido coro del '500 proveniente da Santa Croce di Casale; il dente di Aleramo con la certificazione della ricognizione della tomba

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Marco Imarisio

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