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Processo amianto docet! Contro i crimini industriali nasce "Interforum"

Il risultato di giustizia raggiunto con la sentenza del Processo Eternit del 13 febbraio scorso e la condanna a 16 anni di carcere dei massimi responsabili della multinazionale dell’amianto - lo svizzero Stephan Schmidheiny e il belga Louis de Cartier, accusati dalla Procura di Torino di disastro doloso permanente e omissione dolosa di misure antifortunistiche - ha una valenza globale non solo per quanto riguarda l’industria della morte legata alla lavorazione dell’asbesto, che prosegue tuttora in due terzi del pianeta, ma anche per quanto riguarda molte altre situazioni di rischio che le attività industriali creano consapevolmente per la salute dell’uomo, situazioni che sono definite senza giri di parole «crimini di impresa». Crimini di cui si occupa in particolare una ONG denominata «Interforum» presieduta dall’avvocato francese Jean Paul Teissonniere e della quale è segretario l’avvocato torinese Sergio Bonetto, ma di cui fanno parte legali di più Paesi, dall’Europa, alle Asie, alle Americhe, e che si propone proprio di costruire un efficace coordinamento per sviluppare una rete di giustizia di respiro internazionale. Era stato proprio Teissonniere - nel pool di legali al Processo Eternit per difendere le vittime di una tragedia che è globale - a definire quella dell’amianto una «strage del futuro», proprio perché le vittime dell’asbesto - anche dove è stato messo al bando - saranno ancora chissà quante e per chissà quanto tempo. La rete della giustizia Ed era stato proprio Bonetto il 14 febbraio, giorno della sentenza di condanna, ad annunciare la nascita di «Interforum» spiegando che la rete per la giustizia doveva necessariamente essere di scala internazionale per contrastare la struttura multinazionale delle società, abilissime a sfruttare le lacune o i ritardi giuridici di questo o quel Paese per fare affari minimizzando non i danni a terzi ma i rischi di rivalsa. «La mondializzazione che ha comportato il trasferimento delle attività industriali più pericolose nei Paesi di Asia, Africa e America Latina ha altresì determinato come conseguenza un corrispondente trasferimento dei crimini industriali in paesi nei quali l’istituzione giudiziaria non dispone né di garanzie giuridiche, né di tradizioni di indipendenza che permettano ai Giudici di resistere al potere economico spesso molto vicino al potere statale». Assemblea organizzativa «Interforum» - dopo la conferenza di fondazione dello scorso 25 febbraio svoltasi a Parigi e a cui aveva preso parte anche il pm torinese Raffaele Guariniello, autore con Sara Panelli e Gianfranco Colace della sconfinata indagine che ha portato alla condanna dei vertici Eternit - si riunirà ora per la prima volta a Torino, hanno comunicato ieri da Teissonniere e Bonetto il prossimo 28 e 29 settembre. Gli obiettivi di Interforum Obiettivo di fondo attraverso la cooperazione con l’IAES (International Academy of Environmental Sciences) per la «costituzione di una Corte Penale Internazionale che si occupi dei crimini industriali quando le istituzioni giudiziarie nazionali risultano incapaci, giuridicamente o materialmente, di procedere alle necessarie indagini e alla celebrazione dei processi», e alla creazione di una «rete mondiale di allarme per le catastrofi ambientali». La morte da lavoro La morte da lavoro, lo sfruttamento delle persone senza alcun rispetto della loro salute, non sono affatto un fenomeno del passato - tipo Rivoluzione Industriale e minatori dell’800 - ma sono semplicemente (e crudelmente) delocalizzati in Paesi più poveri economicamente e giudiricamente, sottolineano i legali di Interforum. E qui il Processo di Torino fa scuola nel «far risalire la resposabilità dalle filiali dei Paesi del sud alle società madri dei Paesi del nord», cosa che significa - amaramente - che nei decenni scorsi l’Italia era considerata sud della Svizzera e del Belgio, un Paese arretrato, da sfruttare senza scrupoli. Così - nelle circolari di Interforum - si fa riferimento al fenomeno «Karochi», la morte per eccesso di lavoro dei lavoratori giapponesi, di suicidi legati a ritmi insostenibili, di imprenditori che si tolgono la vita - anche in Europa e in Italia - per disperazione economica perché le loro piccole imprese falliscono. «Tra i problemi - scrivonoTeissonniere e Bonetto - citiamo anche i cancri e le minacce agli organi riproduttivi associati al trasferimento verso l’Africa, l’Asia e l’America latina della produzione di inquinanti (amianto, agricoltura intensiva, industria chimica, tessile, elettronica, nucleare, ecc..) e all’esportazione della gestione di rifiuti (smantellamento di navi e di strutture industriali)». I prossimi obiettivi Obiettivi centrali dell’assemblea generale di settembre a Torino saranno «continuare a seguire la vicenda Eternit di Torino in tutte le sue implicazioni, compresa, ad esempio l’ipotesi che ci è stata prospettata, di un processo nei confronti di Eternit India, in collaborazione con avvocati indiani che aderiscono ad Interforum e lo studio di una analoga iniziativa nei confronti di Eternit Perù», ma anche promuovere una azione penale contro i responsabili europei che organizzano il trasferimento in Senegal di grandi quantità di rifiuti industriali metallici pericolosi (soprattutto batterie d’auto) che vengono poi smontati da manodopera minorile in alcuni villaggi di quel Paese, con gravi danni per la salute. E poi promuovere una azione penale in Francia in sostegno degli abitanti di vari villaggi che si oppongono alla costruzione di uno stabilimento Michelin (frutto di delocalizzazione) in territorio Dalit (India). Insomma se alcuni di questi obiettivi saranno raggiunti grazie all’azione anche di Interforum la cruda strage dell’amianto - che la paziente lotta delle associazioni e il processo di Torino hanno messo sotto gli occhi di tutto il mondo - servirà forse a creare un mondo migliore, più onesto, pulito, giusto.

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