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Cinghiali, flagello delle colture: «Disastrosi, distruggono tutto»

Si aggiungono in Valcerrina i danni provocati dalla fauna selvatica, tra la rabbia degli agricoltori e la preoccupazione degli automobilisti. Ultimo episodio in ordine di tempo è il campo coltivato a pisello proteico nel Comune di Odalengo Grande, dove gli ungulati, nell’arco di una sola notte, hanno fatto disastri. «Hanno rovinato il 50% del raccolto», ha precisato Ferruccio Battaglia che, in frazione Sant’Antonio, ha la cascina di famiglia con coltivi e vigneti. Si parla di un danno di circa 3-4 mila euro su un campo di 3,5 ettari. «Ogni anno si ripete la stessa storia - dice seccato Battaglia - il Piano di Sviluppo Rurale ci impone di provvedere periodicamente alla rotazione di colture, ma pare che ai cinghiali piacciano tutte. Dal pisello proteico al grano fino ai grappoli d’uva nelle vigne e alle zucche negli orti. Non se ne può davvero più. Tanto lavoro e tanta fatica buttati all’aria, con l’aggravio della perdita economica data dal minor raccolto». In effetti ogni anno gli episodi di danni all’agricoltura si perpetuano puntualmente, mentre i risarcimenti tardano ad arrivare. «Sto ancora aspettando il risarcimento di 3.600 euro per danni provocati lo scorso anno», ha aggiunto Battaglia. I danni 2014, interamente risarciti anche se, la normativa, dovrebbe prevedere un contributo al danno, sono stati pagati lo scorso mese di marzo. Per fronteggiare tali rimborsi la Regione dispone annualmente di 2 milioni e 300 mila euro interamente introitati dai tesserini dei cacciatori che pagano 100 euro l’anno. L’esborso regionale per risarcire i danni ammonta invece a circa 1 milione e 800 mila euro quindi, se ne desume, che i fondi siano addirittura superiori al fabbisogno. Tuttavia i tempi sono piuttosto lunghi e se a marzo sono stati risarciti i danni del 2014 è legittimo temere che, quelli del 2017, non verranno pagati prima di tre anni. Diversamente va per gli automobilisti che, oltre a rischiare la vita, possono solamente contare su assicurazioni private per danni da fauna selvatica. «Ci sentiamo sempre più presi in giro», aggiunge Battaglia, arrabbiato non solo per i ritardi nei risarcimenti, ma soprattutto per l’incapacità di gestire il problema in forma preventiva. «Perché dobbiamo pagare scelte politiche solo perché risiediamo in Provincia di Alessandria e, l’ATC di competenza ha vincoli e limiti diversi dalle altre ATC?», è stato obiettato. In effetti l’attività dell’ATC locale è gestita dalla Provincia, cosa che nelle altre ATC della regione non avviene. Così essendo, rispetto ad ogni battuta con più persone, la Provincia deve passare a sua volta attraverso l’Ispra che, spesso, pone limiti. Ma vediamo i casi. Se un agricoltore segnala la presenza di ungulati nelle zone dove sono presenti i suoi coltivi, può darne comunicazione all’Atc, la quale, manda un cacciatore selettore in giornata che può sorvegliare la zona anche in notturna e intervenire all’occorrenza. Per quanto concerne le battute con più persone in periodi non di caccia invece, il regolamento limita la braccata a massimo 10/12 persone con non più di due cani, questo perché, diversamente «si disturberebbe la fauna selvatica» è stato precisato. Tuttavia, questo secondo sistema, non risulta essere tempestivo: i giorni che intercorrono tra la segnalazione e l’intervento di battuta potrebbero essere anche più di 3 o 4 e, nel frattempo, gli ungulati si saranno tranquillamente alimentati, avranno provocato danni e saranno andati già oltre. Si consideri inoltre che da aprile, per la caccia di selezione, la Regione pone il vincolo di abbattere solo i maschi e i piccoli. Insomma sebbene a tavolino potrebbe tutto avere un senso, di fatto, il ripetersi di episodi importanti conferma l’insufficienza delle misure in uso, ovvero l’inadeguatezza delle stesse rispetto alla realtà locale. Sul caso abbiamo chiesto a Giorgio Rondano, cacciatore ed ex presidente dell’ATC locale, perché, essendo il fenomeno conclamato e importante, non si possano calendarizzare battute periodiche e puntuali indipendentemente dalle segnalazioni? E, come la pensano i cacciatori in merito? «I cacciatori sono in parte pro e in parte contro l’adozione di misure diverse. Io personalmente ritengo che il problema esiste, che occorra ridurre la presenza di cinghiale e che, pertanto, sia necessario intervenire tuttavia - ha sottolineato - il controllo dovrebbe essere possibile su tutto il territorio indistintamente e in maniera unificata e coordinata, includendo nei piani di intervento anche le oasi e le zone di ripopolamento». Da anni se ne parla ma, sulla sorta dei dati risultanti prodotti dagli agricoltori, le cose non sono cambiate e il problema pare tutt’altro che risolto. «Il rimborso economico per danni provocati dalla fauna selvatica è importante e fondamentale - è stato osservato - ma si vuole dare un valore anche al lavoro e al sudore degli agricoltori che, dopo tanta fatica, si vedono distrutti interi raccolti? E alla vita sempre potenzialmente a rischio per gli automobilisti che transitano in questi luoghi?».

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