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Il romanzo La Masnà; una saga familiare di Raffaella Romagnolo

Questa non è una storia vera. Emma Bonelli non è mai esistita, né Luciana, né Anna, né la casa dei Francesi. Della realtà però mi sono servita senza ritegno. Di oggetti che ho toccato e parole che ho sentito ho fatto puntelli a cui assicurarmi nella salita. Le espressioni in dialetto vengono dalla mia infanzia, le ho scritte come ancora mi suonano in testa. Non so, forse per fabbricare la cartapesta di cui è fatto un romanzo ci vogliono gli stracci della realtà. O forse, per affrontare i fantasmi, l’unica è farne storie, finzioni, teatro”. Così scrive nella nota dell’autrice Raffaella Romagnolo nel romanzo “La Masnà”, appena pubblicato da Piemme. E poi aggiunge: “Ho inventato di sana pianta anche Carlin dla Moisa, e in queste righe cerco di rimediare al disagio che avverto per non essere stata minuziosamente fedele agli accadimenti. La storia vera è quella della Banda Lenti, ventisette ragazzi trucidati dai nazifascisti il 12 settembre 1944. Nel romanzo li ho evocati in fretta, del loro comandante Agostino Lenti ho riportato solo il nome di battesimo, non ho scritto il nome del paese dal quale in maggioranza provenivano, Camagna Monferrato. Un piccolo borgo della campagna piemontese, quattro case intorno a una chiesa con un’enorme cupola, che un giorno s’è trovato a seppellire una generazione. Non ho raccontato la folla che partecipò ai funerali. Mi sono inventata un partigiano che non è mai esistito, e l’ho costruito apposta come mi serviva. Gli altri, quelli veri li ho cancellati. Mi sembrava non funzionassero sulla pagina, e allora deve aver ragione Philip Roth: è un mestiere indecente”. Casale Monferrato, dove Raffaella Romagnolo è nata (al Santo Spirito, in realtà la famiglia era originaria di Salabue, ndr), compare poco nel romanzo che non casualmente porta come titolo un termine femminile usato indifferentemente per maschietti e femminucce, con la volontà di raccontare una storia di famiglia contadina dal 1935 al 1995 solo attraverso tre voci femminili. Emma Bonelli, la nonna, onesta e povera contadina con la terza elementare che sposa Eugenio, il ciabattino zoppo, e andrà a vivere nella Casa dei Francesi, portandosi dietro una misera dote e una massa di riccioli rossi come carote. La figlia Luciana, operaia poco più istruita della madre, che posta di fronte alla possibilità di scegliere, sarà sopraffatta da altri. E infine la nipote Anna, nata all’inizio degli anni Settanta, l’unica a continuare gli studi e, seppur condizionata dai legami familiari e affettivi, in grado di invertire la direzione delle consuetudini ataviche assaporando la bellezza della libertà e facendo capire che non tutte le donne si possono lasciare in disparte dicendo loro che sono solo “masnà”. Del resto è proprio il dialetto l’elemento cruciale di questa storia che descrive minuziosamente paesaggi, sapori e odori del Monferrato in una scrittura elegante e personale, rafforzata da dialoghi in un perfetto monferrino, la lingua degli affetti e dell’identità ancestrale. Il paesaggio di Raffaella Nel primo pomeriggio di mercoledì, in una bella giornata di sole che esalta il verde delle colline l’appuntamento è a Salabue di fronte al vecchio ristorante gestito da Roberto Biletta qui dal 1969 (arrivò con la mamma Rosa e il fratello Silvano chef diplomato a Stresa, mancato nel 1994) rilevandolo da Walter Ottavis. Un inciso personale: esattamente quarant'anni fa eravamo qui ad assaggiare agnolotti e fritto misto con Aldo Timossi e la disegnatrice Laura Rossi per la fortunata guida ''Alla riscoperta del Monferrato''. Parcheggia con noi davanti al ristorante la scrittrice Raffaella Romagnolo, abbraccia Roberto e subito dopo Ester Nosenzo, figlia di Rina 83 anni che ha fatto un po’ da seconda mamma alla stessa Raffaella. Foto di fronte alla casa familiare a fianco della macelleria-ristorante. Poi dall'archivio Nosenzo arriva una foto di Raffaella bambinae del matrimonio dei genitori effigiati di fronte alla basilica di Crea. Un po’ di biografia. La Romagnolo è nata all’ospedale S. Spirito di Casale nel 1971. Il padre Ugo e il nonno Alfredo erano panettieri a Salabue. ‘‘Il profumo del pane si diffondeva verso l’una e io che avevo appena chiuso il ristorante andavo al loro vicino forno a prendere una monferrina calda per il pane e salame...’’, confessa Bilettta. Il padre e la mamma di Raffaella (Bruna Pelizzone di Olivola) si erano sposati nel 1970. Nei ricordi della nostra scrittrice (gran bel sorriso, solare) l’asilo dalle suore a Grazzano Badoglio: ‘‘Mi portava papà sulla famigliare che usava per il giro del pane... Arrivavo bianca di farina e con lo stomaco sottosopra per il profumo...’’. La famiglia si trasferisce quindi ad Ovada dove Raffaella frequenta tutte le scuole. Poi la laurea in lettere, con una tesi sul libro ‘‘Cuore’’, discussa con il prof. Edoardo Sanguineti (noto un poeta e scrittore italiano, che ha fatto parte del Gruppo 63, ndr) all’Università di Genova e un dottorato di ricerca a Pavia. Qualche collaborazione giornalistica, poi il lavoro nel settore dell’informatica ‘‘Voglio ricordare tra i miei clienti Pietro Picollo, dell’Asl di Casale’’. Nel 2007 l’esordio editoriale con il giallo ‘‘L’amante di città’’ (Fratelli Frilli). Ha successo, viene contattata da Piemme ed ecco “La Masnà’’ ora giunta alla terza ristampa. Un po’ di dietrologia. La ‘‘Casa dei francesi’’, dove il romanzo ha le sue radici, è identificabile, per l’autrice, nella zona di Camagna, con una temporalità: il rastrellamento fascista antipartigiano del 31 luglio 1944, in quel giorno il padre della protagonista ebbe difficoltà a raggiungere il suo posto di lavoro, ferroviere a Casale. Per questo, dopo saluti e risaluti salabuesi, puntiamo su Camagna attraverso la strada in costa Cereseto- Ottiglio.Paesini dal volto umano, qualche vigneto (ma una volta era tutto un vigneto), mini vallate... Stop a metà con la visione prima di Madonna dei Monti e poi dell’Appennino verso Ovada (quasi un gemellaggio con la città dove Raffaella si è sposata e oggi abita). ‘‘Ho immaginato proprio questo paesaggio quando scrivevo La Masnà’’, confessa la Romagnolo. Lasciamo Olivola, attraversiamo Frassinello, breve tratto di pianura alla Salera e salita a Camagna. Ultimo omaggio in piazza alla lapide in ricordo dei giovani partigiani della Banda Lenti: ‘‘Una vicenda che mi ha molto colpito al pari della attuale tragedia dell’amianto, quest'ultima scoperta solo ora ma che mi vede al vostro fianco''. NOTA. Venerdì 18 alle 18 ''La Masnà'' viene presentato al Salone delle Lunette di via Cavour a cura della libreria Coppo e degli Amici della Biblioteca. Dieci foto del ''Viaggio'' nella gallery allegata

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Marco Imarisio

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