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Ordine dei Giornalisti conferma la radiazione di Cristina Bruno, la "spia" dell'Eternit

«Il Consiglio di disciplina nazionale dell’Ordine dei giornalisti, riunitosi a Roma, il 15 e 16 ottobre ha respinto il ricorso a firma di Maria Cristina Bruno (Piemonte) confermandole la radiazione. L’Ordine dei Giornalisti del Piemonte aveva infatti deciso a febbraio del 2013 la radiazione della commercialista casalese Maria Cristina Bruno, iscritta all’albo dei giornalisti pubblicisti, per la sua attività di “spia” al servizio dello svizzero Stephan Schmidheiny, ex proprietario della multinazionale Eternit. La Bruno aveva poi presentato ricorso al Consiglio di disciplina nazionale. Ecco il comunicato stampa diffuso dall’Ordine del Piemonte, in cui vengono illustrate le gravi ragioni del provvedimento disciplinare. Comunicato stampa «Il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti del Piemonte, nella seduta del 5 febbraio 2013, ha disposto la radiazione della giornalista pubblicista casalese Maria Cristina Bruno ritenuta colpevole con la sua condotta di avere “gravemente compromesso la dignità professionale fino a renderla incompatibile con la dignità stessa la sua permanenza nell’albo” (articolo 55 legge istitutiva n. 69 del 1963). «Per anni, fino a tutto il 2006, la dottoressa Bruno, che è anche iscritta all’Ordine dei dottori commercialisti, ha svolto un incarico retribuito per conto di una società di pubbliche relazioni milanese che aveva tra i committenti la società Eternit a sua volta controllata da una multinazionale svizzera. «Questa attività di informazione riservata rivolta ai vertici della società, tramite l’agenzie di pubbliche relazioni, è emersa nell’aprile 2010 nel dibattimento del processo sul caso amianto svoltosi a Torino. «Si è contestato all’incolpata la violazione della dignità del giornalista per aver redatto report mensili inviati alla società di pubbliche relazioni sopra citata e in più occasioni anche ad uno dei legali della Eternit. Questi report vertevano sulla situazione economica, sociale, sanitaria, sindacale del territorio casalese senza che questa attività di raccolta di informazioni anche riservate si palesasse in alcuna forma pubblica nel rispetto delle norme e dello spirito contenuto nella Carta dei diritti e dei doveri dei giornalista. «La legge 69 del 1963 all’articolo 2 impone al giornalista “di promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la collaborazione tra giornalisti ed editori e la fiducia tra la stampa ed i lettori”. «Il Consiglio evidenzia come in questa vicenda dolorosa e tragica, che ha coinvolto un’intera città toccata dal dramma delle morti per amianto, con l’allungarsi della lista delle vittime per mesotelioma da un lato e il lento dispiegarsi dell’azione di indagine giudiziaria dall’altro, il concetto stesso di “fiducia tra la stampa e i lettori” sia importante perché al centro della formazione dell’opinione pubblica, non solo casalese. «La valutazione dell’Ordine si è focalizzata sul comportamento deontologico della giornalista pubblicista che è stata ascoltata con il suo avvocato in veste di incolpata. Sono stati sentiti anche altri colleghi casalesi e acquisiti tramite la Procura gli atti degli interrogatori e delle deposizioni in aula». La vicenda - emersa anche in udienza al Processo Eternit di primo grado - aveva suscitato stupore e amarezza in città soprattutto perché si tratta di una persona della stessa città di Casale. Allo stesso processo era emerso che Schmidheiny aveva attivato tutta una serie di "antenne" attive anche a Torino e che avevano il compito di monitorare persino l'attività del pm Guariniello . E che esisteva un dossier dove erano stati schedati praticamente tutti coloro che avevano un ruolo nella lotta all'amianto. E sono in molti all'interno delle associazioni a ritenere che l'attività di "spionaggio" continui tuttora attraverso altre persone.

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