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Accordo con Schmidheiny? Cavagnolo dice sì. Il sindaco di Casale Demezzi: «Qui non sarebbe possibile»

Due milioni di euro per ritirarsi dal Processo Eternit in corso a Torino. È la cifra pattuita dal Comune di Cavagnolo (sede in passato di una unità produttiva di Eternit) per uscire dalla vertenza che vede imputati lo svizzero Stephan Schmidheiny e il belga Louis de Cartier, accusati dalla Procura di Torino di disastro doloso permanente e omissione dolosa di misure antifortunistiche. Due milioni a cui si aggiungono altri 200mila euro per le spese legali. La revoca della costituzione di parte civile è stata depositata ieri e contestualmente è stato staccato e incassato l’«assegno». La giunta decapitata Un accordo che ha colto tutti di sorpresa, una decisione presa dalla giunta decapitata dal sindaco Franco Sampò arrestato nell’ambito del recente scandalo sulla sanità piemontese e perdipiù dimissionario, senza che sia stato neppure coinvolto il Consiglio comunale, le associazioni, la gente. E a Casale che succede? Giorgio Demezzi, sindaco di Casale, conferma che qui non sono state fatte «avance» di nessuno tipo e che la proposta sottoscritta dal Comune di Cavagnolo - «così come è stata formulata non ha alcun senso. Sembra quasi che Schmidheiny sia un benefattore, non viene riconosciuto il danno, tutto viene messo in positivo. E ciò non mi sembra corretto. «È chiaro che proposte così non potrebbero neanche essere prese in considerazione in una città come Casale». Senza contare che a parte la cifra (che dovrebbe essere molto ma molto più consistente) Demezzi ritiene che a Casale nessuna transazione possa essere effettuata senza che si apra una «finestra» anche per i cittadini colpiti dalle malattie causate dall’amianto dell’Eternit, e senza ci sia un percorso sociale che coinvolga la città attraverso il Consiglio comunale, le associazioni e assemblee pubbliche in cui si possa prendere una decisione largamente condivisa. Casale ha chiesto un risarcimento di circa 9 milioni di euro - ricorda Demezzi - che sono la quantificazione nuda e cruda delle spese vive sostenute per l’attività di bonifica. «Lasciamo - per ora - da parte il danno di immagine su cui prima o poi il comune dovrà avere una risposta, il danno creato alla città di Casale per il possibile sviluppo che non c’è stato...». Anche Bruno Pesce, coordinatore del Comitato Vertenza Amianto esprime la propria sorpresa per un accordo di cui non si sapeva assolutamente nulla. «Non è che il processo possa risentire negativamente e semmai questo fatto», nonostante le premessa sul filantropismo di Schmidheiny contenute nel testo, «dovrebbe essere interpretato come un ulteriore segnale della loro preoccupazione, quasi un’ammissione del fatto che avvertono delle responsabilità per questo disastro determinato da Eternit e che non hanno mai fatto nulla per fermare». Ma nonostante ciò - sottolinea Pesce - non va dimenticato che non si tratta di una vertenza individuale: «Sono molti gli enti locali e molte le vittime coinvolte. Siamo cresciuti insieme come organizzazioni sindacali, associazioni delle vittime e istituzioni e forse sarebbe meglio segnalarci le novità, valutarle, coordinarci e non dar luogo a situazioni di questo tipo. «Se ogni comune, ogni ente locale e ogni parte civile fa per proprio conto anche l’effetto che può avere su altri non è dei migliori...». Ulteriore sorpresa poi da parte di Pesce - ma anche da parte dello stesso Consiglio comunale di Cavagnolo - perché l’informazione sull’accordo è stata data a delibera effettuata: «Non avevano avvertito neanche l’associazione delle vittime». Forse si temeva la discussione che ne sarebbe scaturita perché avrebbe potuto in qualche modo mettere in discussione l’accordo stesso? Insomma, un modo per blindarlo, per mettere vittime e comunità di fronte al fatto compiuto? L’accordo «tombale» L’accordo sottoscritto da Cavagnolo comunque con Becon è assolutamente «tombale», nel senso che cancella qualunque possibilità di ulteriori rivalse da parte del Comune. Non si rinuncia a declinare qualunque responsabilità e a sottolineare una volta di più, come già fatto i aula, i forti investimenti «per cambiare i metodi di lavorazione al fine di evitare la dispersione di polveri di amianto» per cui evidenzia il testo venne spesa «la cifra, enorme per l’epoca, di oltre settantamiliardi di lire».

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