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  • 7 anni fa
  • Casale Monferrato

I diari di Edoardo Angelo Curti

 

«Nel pomeriggio si va a Villa Webber ove si trova xxx». Sono parole scritte il 12 agosto 1943. Dietro a quell’xxx si cela il Duce, Benito Mussolini. E a scriverle fu il carabiniere Edoardo Angelo Curti nei suoi diari.

 A ritrovare la preziosa documentazione di Curti sono stati i due figli Giancarlo e Graziano che, con scrupolo, hanno deciso di pubblicarli. Nel pomeriggio di venerdì scorso, presso la Sala delle Lunette, Sergio Favretto ha ufficialmente presentato l’edizione dei diari di Curti intitolata “Un carabiniere testimone di storia”. Sì, perché proprio di questo si tratta: essere stato davvero, come lo fu il Curti, testimone di una piccola ma capitale fetta di storia italiana. Edoardo Angelo Curti (1900-1970), carabiniere, nell’estate del 1943, venne improvvisamente trasferito a Roma da Como e assegnato alla squadra di militari che aveva il compito di sorvegliare Benito Mussolini durante la sua prigionia all’isola di Ponza e della Maddalena.

Quei fatidici giorni sono l’oggetto dei due diari pubblicati dai figli. In essi, le vicende di Mussolini vengono seguite passo dopo passo. Curti, il 27 luglio del 1943, viene incaricato di scortare Mussolini da Roma a Gaeta (nonostante il greve compito, a Curti non mancò l’ironia: dopo essersi prontamente vestito in uniforme grigio-verde dopo l’annuncio della missione, Curti si guardò allo specchio e annotò sul diario: «Trattengo a stento una risata: sembro Marmittone»). Il viaggio e i giorni immediatamente successivi sono narrati nel primo diario. Per Curti, «la scelta dell’isola di Ponza per esiliarvi Mussolini appare infelicissima»: un’abitazione «squallida, senza acqua, una latrina antiquata, un letto sgangherato e pieno di cimici, non un mobile, finestre senza vetri, polvere ovunque», una situazione che Curti definisce «uno spettacolo desolante». Colpisce la profonda riflessione che ne fa Curti secondo cui sarebbe da chiedersi «se simile trattamento inumano, che ripugna ad ogni ben nato, sia degno di un popolo che troppo spesso, a proposito ed a sproposito, si gloria pomposamente di camminare sulle orme di quasi trenta secoli di civiltà romana; ma tale domanda appare estremamente ingenua, perché la cosiddetta civiltà romana, come tutte le civiltà pagane di tutti i tempi e di tutti i luoghi, è la civiltà del mondo e perciò falsa; mentre volutamente si ignora o si finge di ignorare l’unica vera grande civiltà: la civiltà cristiana».

Una volta traferito Mussolini alla Maddalena, ecco Curti seguire il Duce anche lì: «Al mattino scrive, sovente in lingua tedesca – annota il carabiniere – al pomeriggio, pisolino fino alle 17, indi passeggiata in terrazza: alla sera conversazione col Maresc. Antichi, verso il quale dimostra una particolare benevolenza». Curti riporta anche come Mussolini sia preoccupato delle sorti del figlio Vittorio del quale non ha più notizie e come l’Ispettore non gliene comunichi. Anche qui, la riflessione di Curti va oltre il desiderio di vendetta verso «il maggior responsabile delle miserevoli condizioni dell’Italia nostra»: «Un popolo civile – riflette Curti sul suo diario – punisce conformemente alle leggi umanitarie, severe finché si vuole ma sempre umanitarie, non mai negli affetti familiari».

Ci sono poi, nei diari, le curiosità: Mussolini rifiuta le medicine perché teme l’avvelenamento, non magia cibi apparentemente “diversi” dal solito per lo stesso timore, l’ulcera che lo fa soffrire nel corpo, i libri arrivati in dono da Hitler “con fedele cameratismo” in dedica, la ricerca di un sacerdote per la cura dell’anima e le numerose Messe fatte celebrare («Benedette siano le umane sofferenze che sanno compiere simili prodigi!», commenta cristianamente Curti).

Il sentimento cristiano è presentissimo in questi diari e li connotano indelebilmente facendo onore, dato il contesto storico nel quale sono nati, a chi li ha vergati. In essi, ha sottolineato Favretto durante la presentazione, «vi è una capacità di leggere i fatti, interpretarli e contestualizzarli con una scrittura moderna ed efficace che denotano una preparazione culturale inaspettata. È un diario storico importante, non è un diario personale o intimistico, è scritto con la volontà di regalare appunti ai posteri per scoprire la storia di quei mesi».

Mattia Rossi