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Mutti: gli studi più recenti smentiscono le tesi del perito di Stephan Schmidheiny. E in Canada, a Quebec, l'amianto si estrae ancora

Il cancro al polmone? È attribuibile all’amianto solo se c’è una asbestosi conclamata. E questo perché il livello di esposizione - affinché vi sia il rischio di sviluppare un tumore al polmone - è analogo a quello dell’asbestosi. È la tesi sostenuta dal perito della difesa dello svizzero Stephan Schmidheiny Canzio Romano durante la sua relazione nell’ultima udienza del processo Eternit in corso a Torino, nel quale sono imputati lo stesso Stephan Schmidheiny e il barone belga Jean Louis Marie Ghislain de Cartier de la Marchienne accusati dalla Procura di Torino per disastro doloso permanente e inosservanza delle misure di sicurezza sui luoghi di lavoro. Una tesi che abbiamo sottoposto a Luciano Mutti, presidente del Gime, Gruppo Italiano Mesotelioma che sta conducendo numerose ricerche e sperimentazioni cliniche in collaborazione con gruppi di ricerca attivi in molti altri Paesi, e che è - in base ai ranking internazionali - uno dei più quotati ricercatori sulle patologie dell’amianto, il mesotelioma in particolare. Si tratta - dice Mutti - di una impostazione ormai superata da anni. «In realtà - afferma il medico, che segue diversi pazienti casalesi e che ha anche operato in passato al Santo Spirito - la tendenza è oggi esattamente opposta. Si tende ad attribuire una certa percentuale di tumori al polmone che colpiscono la popolazione in generale tout court all’amianto». In particolare, rispetto a quanto affermato in aula al processo di Torino, Mutti aggiunge che il professor Romano «fa riferimento a uno studio del 1999 dove si diceva che chi ha una asbestosi può sviluppare tumore del polmone, ma a dire il vero non negava che il tumore del polmone potesse svilupparsi in assenza di asbestosi». Concetto chiarito meglio da due studi successivi - dice Mutti - realizzati uno da un gruppo di studiosi canadesi, l’altro da australiani. In Australia a Wittenoom negli anni ‘50 e ‘60 fu svolta attività mineraria per l’estrazione dell’asbesto. Il risultato? La consueta, drammatica strage. Naturalmente - ed è ciò che consente alla truffa dell’amianto di perpetuarsi - a distanza di molto tempo. Lo studio australiano... La popolazione fu al centro di uno studio epidemiologico del 2005 dell’Occupational & Environmental Epidemiology Group, School of Population Health, University of Western Australia, Crawley che annota che - tra il 1990 e il 2002 - ci furono 58 casi di tumore al polmone, il 36% dei quali presentava una evidenza radiografica di asbestosi. Di qui la conclusione: nella coorte dei lavoratori e residenti (una condizione quindi comparabile a quella casalese, dove l’amianto è stato diffuso in un vasto territorio) di Wittenoom, l’asbestosi non è un precursore del cancro al polmone causato dall’amianto. I dati osservati, in altre parole dimostrano, «che l’amianto di per sé causa il tumore al polmone, che può svilupparsi in presenza o meno di asbestosi», dice Mutti citando lo studio. ...e quello canadese Il secondo studio riguarda l’esposizione professionale dei lavoratori del Quebec, Canada, dove si svolge attività estrattiva di amianto destinato all’esportazione nei Paesi in cui non ne è stato ancora vietato l’utilizzo. Si pensi che nel Quebec c’è addirittura una città che si chiama Asbestos (Amianto, appunto) dove esistono cave a cielo aperto e una in particolare - gigantesca - che si estende per chilometri. Ora un Consorzio chiede al governo canadese 58 milioni di dollari per riaprire una cava e una petizione è in corso (si può sottoscriverla all’indirizzo http://www.PetitionOnline.com/a5b35t0s/) per chiedere al governo di non concedere il contributo a fronte dei danni alla salute che l’amianto causa. Una vicenda che ripropone in modo allucinante il dibattito sulla pericolosità dell’amianto e sulla possibilità di lavorarlo in sicurezza, anche se il vero argomento è il consueto, triste, ricatto occupazionale, con circa 400 posti di lavoro a rischio. Lo studio epidemiologico porta la firma dell’INRS-Institut Armand-Frappier, Unit of Epidemiology & Biostatistics, Laval, Québec, Canada e per farla breve conclude che «bassi e moderati livelli di esposizione all’asbesto, riscontrato in questa popolazione, risultarono associti a un eccesso del rischio di cancro al polmone». Chissà perché - allora - il professor Romano (perito dell’imputato svizzero) ha citato lo studio del 1999 ignorando queste altre interessanti e più recenti posizioni? La prima esposizione Mutti commenta infine anche l’altra affermazione del professor Romano relativa al fatto che per sviluppare il mesotelioma conti praticamente solo la prima esposizione e quelle successive non abbiano più influenza. Tesi che se fosse accettata ribalterebbe le responsabilità sui gestori precedenti, quei belgi ai quali - se vuole mettergli il sale sulla coda - non c’è altra via che dimostrare il coinvolgimento del quasi novantenne barone, del quale peraltro - contrariamente a Schmidheiny - non sono mai circolate fotografie né notizie, né proposte di alcun tipo. Ma tornando al problema della esposizione Mutti afferma che - per quel che se ne sa oggi - è vero che si verificano casi di malattia anche a fronte di esposizioni limitate e molto remote, ma una maggiore esposizione aumenta considerevolmente il rischio di contrarre il cancro che dice una volta di più Mutti «è tempo-dose dipendente». La percentuale non cambia Sul fronte epidemiologico poi la questione se siano o no da ammettere i casi privi di riscontro immunoistochimico è ritenuta del tutto irrilevante, perché se dovessero essere dichiarasti non ammissibili per il calcolo dell’incidenza della malattia sulla coorte dei lavoratori e dei cittadini delle località inquinate dalla presenza degli stabilimenti Eternit andrebbero eliminati anche i casi riscontrati nella popolazione generale. Quindi la percentuale di incidenza non muterebbe. I risarcimenti sì... Quel che cambierebbe invece sarebbe il numero (assoluto, non percentuale) dei casi da - eventualmente - risarcire. E questo per gli imputati - se fossero dichiarati colpevoli - potrebbe fare la differenza.

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Monica Quirino

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