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Alla villa-castello di Occimiano

Nel 1159 l’imperatore Federico Barbarossa emanava due diplomi “apud castrum Aucimianum”, nei pressi di uno dei castelli che presidiavano l’ampio di sistema di fortificazioni (Daneto, Braida, Motta, Baldesco, Cavalla e Grana) del borgofranco sorto nella pianura casalese. Sette secoli dopo, nel maggio 1859, il paese monferrino ospitava il re Vittorio Emanuele II e l’imperatore Napoleone III, alleati nella seconda guerra d’indipendenza contro l’Austria. Il luogo dell’incontro fu l’ampia e solenne villa patrizia costruita dai Da Passano, vassalli dei Malaspina, sui ruderi della fortificazione distrutta dagli Spagnoli. La stirpe signorile, le cui origini risalgono a prima del Mille, aveva la proprietà feudale del borgo marinaro di Levanto da cui partivano i traffici commerciali, soprattutto del sale. Nel 1587 il nobile Antonio Da Passano aveva acquistato dal Duca di Mantova e Monferrato il feudo di Occimiano, eretto in comitato, versando 1.314 scudi d’oro oltre alla cessione ai Gonzaga della celebre Villa Zani di Villimpenta, in provincia di Mantova, avuta in eredità dal padre Giovanni Gioacchino, ambasciatore di Francia in Inghilterra. Con lui ebbe inizio la linea dei conti di Occimiano. Il titolo, valevole per i maschi e per le femmine, si estinse nell’ottavo e ultimo conte, Gioacchino da Passano (1806-1895), ricordato per il munifico contributo al restauro della chiesa parrocchiale con una epigrafe, che porta la data del 1883, posta all’ingresso del tempio. Dopo la sua scomparsa, la salma riposa nella tomba neogotica di famiglia nel cimitero di Occimiano, la villa passava alla figlia primogenita Francesca (1851-1920), che aveva sposato nell’aprile 1873 il marchese Marcello Durazzo. Poi, il passaggio alla nipote Rosa, figlia primogenita di Maria (1858-1944), sorella di Francesca, e del marchese Girolamo Marana Falcone. E così, dal 1921 al 1977 fu Rosa Marana Falcone, moglie di Tito Augusto Pizzardi, l’ultima contessa di Occimiano. Circondata dal parco con ghiacciaia, la grandiosa villa patrizia con ampio cortile dominato dalla torretta dell’orologio ospita una elegante cappella barocca dedicata a San Francesco da Paola, oggi patrono dei giornalisti. Costruita a pianta ovale nel Settecento ha un altare di marmi policromi, una statua di San Giuseppe e due balconcini riservati ai marchesi. Manca la tela d’altare raffigurante San Camillo. Poco prima di morire Ernesto Rota (Occimiano 1920 - Como 2003), imprenditore della seta a Como, non avendo figli, istituì la Fondazione “Ernesto e Carla Rota” proprietaria della residenza nobiliare. Un museo valeriano Appuntamento al centro di Occimiano alla piazza che non c’è nel senso che dopo il restauro di un palazzetto porticato non sono state ricollocate le targhe indicative e Google la indica come piazza Angelo Morelli (e noi nella Guida del Monferrato ci siamo cascati, tutto corretto nelle edizione on line: piazza Giovanni Lanza). Bene, prima visita alla prospiciente parrocchiale di San Valerio: ci guida il parroco don Gian Paolo Cassano vestito da capitano Achab (piove, anche sulla macchina fotografica). Ci raggiungono il sindaco Valeria Olivieri, Sandro e Monica Deambrosis, il primo consigliere comunale la seconda membro del consiglio parrocchiale (e titolare di un agriturismo). Dopo un’occhiata alle tante antiche lapidi della chiesa (da S. Maria in Piè), compresa quella che ricorda un religioso, turista ante litteram, entriamo nella casa parrocchiale per visitare in anteprima il futuro museo di San Valerio Martire, patrono di Occimiano (e Lu), festeggiato il 22 gennaio, giorno del miracolo del grano maturo. In primis dagli armadioni escono i reliquiari valeriani ma la sorpresa sono quadri e statue realizzati appositamente; qualche nome: Emanuele Luzzati (non è poco), Gabriele Maria Taverna, Gigi Chiola grafico di Canelli, Aldo Baldi, Renzo Rolando, un’opera grafica di Elio Carmi, Gian Penna, Mauro Coppa, Gino Scott, Antonio Barbato e una terracotta di Luigi Bonardi. Poi una serie di icone ortodosse di artisti rumeni, per la coincidenza con la Settimana dell’unità dei cristiani. Assaggiamo i biscotti di San Valerio a forma di spiga. In sacrestia fotografie dei parroci di Occimiano, tra cui mons. Evasio Colli, vescovo di Parma (ricorre il centenario della nomina a parroco). Secondo scopo del nostro “Viaggio” una visita a Villa Da Passano (ma a noi piace chiamarlo Castello). Dal cortile entriamo nella scuderia, oggi affidata alla Pro Loco dove lavorano il presidente Simone Cia e il past Giorgio Mazzucco; un cuoco si sta attrezzando per preparare il Riso al Barbera, prossimo piatto Dop del paese monferrino. Saliamo al piano nobile: una sala ha un piccolo pianoforte, in alto due stemmi nobiliari, poi visitiamo la chiesetta e arriviamo fino alla torre circolare dove una volta si facevano asciugare i panni. Nel corridoio funziona ancora il montacarichi che portava i piatti dalla cucina. Usciamo insieme a un pallido sole, fotografiamo incorniciata dagli archi la facciata della chiesa, per la prossima edizione della Guida. FOTO. La cappella di villa da Passano. NOTA-Articolo in cartaceo martedì 24.02 pag. 18. Precedente Viaggio, Moncalvo; prossimo Pontestura.

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Marco Imarisio

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