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Sicurezza

Le arcate del Po ostruite. Per Bozzole grave rischio

Il sindaco Baldi: «Se non si interviene scrivo alla Procura»

Detriti e materiale legnoso stanno ostruendo le arcate centrali del ponte di ferro sul Po che collega Valenza con la Lomellina e il caso, negli ultimi giorni, è sulla bocca di tutti complice il tam tam mediatico scatenato da alcuni social. A dire il vero però il problema, in queste proporzioni, non è di ieri, come potrebbe sembrare, ma ha radici più lontane e sul territorio il primo a segnalare la forte criticità, la scorsa estate, è stato il sindaco di Bozzole, Ugo Baldi, fortemente preoccupato delle possibili conseguenze per il proprio paese. Così, vista la criticità, il 17 luglio scorso ha preso carta e penna e inviato una lettera all’Aipo e, per conoscenza, a Ferrovie dello Stato, Presidente della Provincia di Alessandria, Settore decentrato delle OO.PP., Prefettura, sindaco di Valenza, Protezione Civile e Carabinieri di Ticineto, segnalando «il grave impedimento al deflusso delle acque del fiume Po in concomitanza del ponte in Comune di Valenza: tale impedimento è dovuto ad un masso di materiale ghiaioso e ultimamente di materiale legnoso».

Baldi ha inoltre specificato che «delle presenti arcate costituenti il ponte in numero di ventuno, fino a poco tempo fa l’acqua defluiva solo da dodici: negli ultimi mesi di queste dodici ben quattro sono state occluse da materiale legnoso». Quindi, al fine di evitare situazioni di pericolo dovuto alle consuete piene autunnali, il sindaco richiedeva tempestivo ed incisivo recupero delle arcate con la rimozione del materiale sia ghiaioso che legnoso. L’Aipo ha risposto richiedendo alle Ferrovie di provvedere alla rimozione di quanto depositato in prossimità delle arcate, “deposito di materiale eterogeneo di varia natura” notato in seguito agli ordinari controlli ispettivi e di vigilanza. «La sezione dell’alveo – si legge tra le righe della nota dell’Aipo – intercettata da una qualunque opera di attraversamento, ai fini della sicurezza della stessa struttura, nonché del territorio circostante, e le relative sezioni trasversali d’alveo a ridosso della stessa, devono conservare nel tempo le caratteristiche fissate al momento della progettazione, in particolare devono garantire il mantenimento delle dimensioni minime necessarie a far defluire le piene di riferimento, con adeguato franco».

Dall’Agenzia Interregionale per il fiume Po si ricorda che prima dell’avvio dei lavori di manutenzione occorre presentare idonea istanza presso il Settore Tecnico Regionale per quanto di propria competenza e per il rilascio di eventuale concessione di occupazione di area demaniale. Il sindaco di Bozzole riferisce di una comunicazione dalle Ferrovie secondo cui l’intervento di disostruzione è stato programmato con mezzi manuali, senza accedere in alveo con mezzi meccanici.

C’è però una postilla. Dalle Ferrovie si evidenzia difatti che «sono presenti in corrispondenza di tutte le arcate in alveo – si legge in una nota – residui costruttivi e macerie, presumibilmente risalenti al periodo bellico, di precedenti manufatti costituenti l’opera di attraversamento del fiume che ostacolano il deflusso» e, a tal proposito, si richiede a sua volta all’Aipo, «competente in materia, di farsi carico dello studio di fattibilità per l’eliminazione di tali ostacoli presenti in alveo, che costituiscono impedimento al libero transito di materiale legnoso e vegetativo, per la soluzione definitiva del problema». Alla luce di ciò, in sintesi, dopo circa tre mesi dalla segnalazione del sindaco monferrino, lo status quo non è mutato e Baldi è molto arrabbiato: «Più di così cosa devo fare? Se a breve non si sblocca la situazione – prosegue contrariato - presenterò un esposto in Procura. Quel ponte è sempre stato la ‘condanna’ di Bozzole – ha concluso il primo cittadino bozzolese che tracciando un quadro storico - a memoria d’uomo nel 1830 ci fu una piena del fiume ma in paese non ci furono ripercussioni: nel 1850 fu costruito il ponte e nel 1857, con la piena del Po, il livello dell’acqua raggiunse tre metri nella chiesa parrocchiale: da allora si venera, a metà maggio, la Madonna dell’Argine; nell’occasione Rivalba fu spazzata via e le Ferrovie, riconoscendo delle responsabilità, regalarono un terreno dove oggi sorge il paese ‘nuovo’. Ricordo poi l’alluvione del 1968 con il parroco di allora, don Venesia, che fece suonare appositamente  le campane per allertare la popolazione, e quelle più recenti del 1994, con il conseguente sconquasso ambientale, e del 2000, quando si limitarono i danni. Da quegli anni non c’è più stata una manutenzione in zona».   

E, a Bozzole, cresce l’apprensione per quanto potrebbe accadere in caso di piena: per ora ci si appella alla Madonna dell’Argine e a San Gregorio taumaturgo, eletto dai fedeli a protettore (è infatti particolarmente venerato contro le intemperie naturali in quanto col suo bastone arrestò le piene del fiume Lico nel Ponto) sul finire del Seicento, nella speranza che presto si possa risolvere il problema con atti concreti.


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Monica Triglia

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