Chissà da quante ore quei lamenti avevano fatto eco fra le pareti delle tombe del cimitero di Casorzo. Ma nessuno, forse, aveva ancora sentito o non si era preoccupato più di tanto del miagolio vivace di un qualsiasi gatto. Poi qualcuno, passeggiando nei vialetti del cimitero si è accorto che quel suono, invece, era strano, sembrava rimbombare fra mura ben chiuse, sembrava una vera richiesta di aiuto. Disperata, straziante. Ma da dove arrivava? Inizialmente non è stato facile intercettare il punto esatto da cui il gatto stava mandando il suo S.O.S. Voci dall’oltretomba? No, semplicemente voci… da una tomba. È poi bastato, infatti, prestare particolare attenzione per individuare il luogo di provenienza di quel lamento: una cappella interrata del cimitero. Ma non una tomba qualsiasi: il gatto era all’interno del sepolcro della famiglia Gatta. Cosa ci facesse un micio all’interno di quella tomba e come ci fosse finito sono stati molto probabilmente i primi interrogativi del caso. Ma restava la parte più importante: come far uscire il gatto? Come farlo tornare nel mondo dei viventi prima che davvero fosse tardi?
Un gruppo di casorzesi è quindi accorso al cimitero con tanto di scale e attrezzature varie. «C’è un gatto nella tomba Gatta». Sono quindi iniziate le operazioni di salvataggio del felino. Alzata la pietra di copertura della tomba un volontario si è calato con la scala. Nel buio pesto sono stati gli scatti del flash a consentire di individuare il micio. Il gatto era lì: sul ripiano, vuoto, di una bara mentre nella parte più inferiore della tomba vi era una pozza d’acqua. Svelato il mistero: il gatto era finito nella tomba Gatta intrufolandosi da un’apertura laterale della lastra di marmo che ricopre la cappella interrata. Denutrito e spaventato, il gatto ha poi ricevuto i suoi primi pasti, guardando tutti con gli occhi stupiti di chi ha vissuto un miracolo. Storia a lieto fine di una mezza estate… nella quale i gatti hanno imparato a non prendere troppo sul serio la lingua italiana.