Le spogliazioni di un famoso monastero - La stauta di Crea arriva da Lucedio?
La prima volta che mi imbattei nel famoso monastero cistercense di Lucedio (nei pressi di Trino, ndr.) fu negli anni settanta del secolo scorso, quando mi occupavo della novella del Boccaccio sulla marchesana del Monferrato, che identificai con Giulia d'Austria ("Studi sul Boccaccio" I,1979, pp. 243-249).
In un manoscritto medioevale della Biblioteca Ambrosiana di Milano (H 230 Inf.), appartenuto al monastero di Lucedio, infatti, c'era segnato il giorno e il mese (14 dicembre) della morte della marchesa (l'anno è il 1191, lo stesso della morte del marito, Guglielmo il Vecchio, come stabilì lo studioso tedesco D. Brader nel 1907).
Su questo importante documento aveva scritto un esteso saggio A. Ceruti ("Un codice del monastero cistercense di Lucedio", in «Archivio Storico Italiano» 1881, pp.366-389).
Controllai la notizia sul microfilm inviatomi dall'Ambrosiana.
Il codice, pergamenaceo, era stata acquisito da questa biblioteca all'inizio dell'Ottocento, a seguito della secolarizzazione della gloriosa abbazia nel 1784 ad opera del pontefice Pio VI.
Il monastero, che era stato fondato nel 1123 (uno dei primi in Italia), aveva conosciuto periodi di gloria grazie ad abati quali Pietro, che accompagnò il marchese Bonifacio nella crociata del 1204. La chiesa, dedicata a Santa Maria, era il pantheon dei Marchesi del Monferrato (tra gli altri era sepolto Guglielmo il Grande, citato da Dante).
Nel corso del Settecento, però, aveva subito un vero decadimento (nel 1726 il vescovo di Casale,entrato con la forza nel convento, trovò la chiesa "sporca e indecente", interdisse la chiesa, sospese il parroco e sostituì la chiesa della Darola alla parrocchia di Lucedio: C. Sincero, "L'abazia di Lucedio",1897,p. 219 ).
La chiesa venne depredata di quadri, quale il trittico di Macrino d'Alba, ora nel palazzo vescovile di Tortona,eseguito nel 1499 su commissione di Annibale Paleologo, abate commendatario, e di altri oggetti sacri.
Ho ritrovato il fonte battesimale nella chiesa di S. Agata di Pontestura. L'iscrizione era stata in parte volutamente scalpellata, ma riuscii a leggerla, a integrarla e a datarla 1314: frate Enrico di Pavia maestro costruttore aveva donato il fonte al monastero di Lucedio.
Un altro monumento proveniente da Lucedio è la famosa lapide dell'Agnus Dei del castello di Pessine di Odalengo Piccolo, ora restaurata e ben leggibile, come ho annunciato sul Monferrato del 12 ottobre 2007 (p.29).
Anche in questo caso la scritta della cornice superiore era stata scalpellata intenzionalmente, ma sono riuscito da ultimo a leggere [Monasterium L]ocedii. La provenienza da Lucedio quindi è ora una certezza (anni fa era solo una mia supposizione).
Questi esempi di spoliazione ci autorizzano ad avanzare un'ipotesi relativa alla famosa statuetta lignea di Madonna con bambino di Crea (sulla quale avevo avuto un carteggio con Aldo di Ricaldone, che la credeva di provenienza catalana, quando ero direttore della Sezione di Studi Storici dell'Istituto Italiano di Cultura di Barcellona).
Mi pare, cioè, che gli esempi di Pontestura e di Pessine possano servire da sostegno alla supposizione della probabile provenienza della statuetta dal nostro celebre e sventurato monastero cistercense.
Olimpio Musso
FOTO. Il complesso di Lucedio (f. Angelino) e l'altare oggi a Pontestura