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A Murisengo

"Vino è donna. Da baccante a sommelier"

Maria Luisa Alberico al Festival Sensorial Letterario "4for5"

È stato un viaggio di consapevolezza e conciliazione tra mito, storia e cultura enoica, dal risvolto etico, sociologico, psicologico, filosofico, antropologico e mistico, ricco di suggestioni e rivelazioni, quello offerto sabato pomeriggio nella suggestiva ex chiesa di San Michele a Murisengo, da Maria Luisa Alberico, autrice del saggio "Vino è donna. Da baccante a sommelier".

Inserito nel Festival Sensorial Letterario "4for5" promosso dal Comune, il saggio è stato il lavoro di quasi tre anni per riportare alla luce lo stretto e ancestrale legame tra il vino e la donna, andando a ricomporre i tasselli di un mosaico sbiadito, infranto e perduto, per riscattare/recuperare il ruolo predominante della donna, soffocato, ma mai sopito, partendo dalla Grande Madre fino a Dioniso, per giungere ai giorni nostri.

Erano, infatti, femminili le divinità preelleniche custodi dei cicli della natura (Grandi Madri): la Terra era "madre". Nelle società preclassiche, civiltà egizia, mesopotamica e persiana, poi, non persisteva il proibizionismo del vino nei confronti del genere femminile, mentre nella Grecia Classica alle donne era preclusa la possibilità di partecipare ai banchetti, fino ad arrivare alla Roma repubblicana in cui l'assunzione di vino, per la donna, era equiparata all'adulterio e, pertanto, punita con la morte.

Femminili, dunque, le divinità del vino: "ovunque, nell'antichità, dalla Palestina alla Fenicia, dalla Grecia a Roma, ovunque si trova quella leggenda della Terra-Madre che associa il vino al culto degli Dei; infatti, vi è un insieme terra-vite che può e deve rappresentare la Madre..." (Charpentier Luis). "Nella letteratura di quelle popolazione" ha spiegato la Alberico, "tali divinità erano protettrici della fertilità e delle risorse naturali, quindi, erano poste a tutela della stessa produzione e del consumo del vino". Hathor, la dea più  bella del Pantheon egizio, patrona di tutto ciò che genera gioia e felicità, era chiamata Signora dell'ebbrezza... Dea della vite era, invece, Gesthinanna, antica dea dell'agricoltura, della fertilità e della vite celeste, un albero cosmico che avvolge i cieli e le stelle con i suoi acini. Siduri, divinità sumero-accadica, era un'ostessa, la fanciulla del vino e la donna della vigna che faceva vino. Quindi Medea, che, a dispetto della tarda fama di cattiva madre, era dea del vino e della vite; secondo arcaiche tradizioni, pare fosse stata proprio Medea ad insegnare a Dioniso l'arte della vinificazione. Fino a Elaide, Eno e Spermo che, nella mitologia greca, furono le divinità femminili dette Oinotrope (vignaiole). E a Dioniso che resta? "Egli è emanazione della dea, la sua manifestazione antropomorfa, il suo paredro" ha specificato la studiosa.

Occorrerà attendere l'Età Moderna, per vedere la donna approcciarsi pubblicamente al vino: siamo in epoca rinascimentale quando fa il suo ingresso il Rosolio, vino aromatizzato alle rose lievemente alcolico. Poi, tra fine Ottocento e inizio Novecento arriverà "l'ora verde", ovvero, quella dell'Assenzio, il distillato di color smeraldo prediletto anche dalle signore dell'alta nobiltà e della borghesia, al pari del vermouth. Un consumo, tuttavia, che non risparmia le donne da una immancabile riprovazione sociale.

Quali le figure del passato più recente che hanno aperto la strada alla vitivinicoltura moderna al femminile? "Tra queste, nel territorio della Champagne la più nota è Veuve Clicquot, intraprendente e abile produttrice che, a partire dal Settecento, legò il nome alla fortuna degli spumanti di celebrità internazionale, rispetto ad una bollicina carica di leggenda e di fascino seduttivo. La madrina di uno dei maggiori vini prodotti nelle Langhe, capostipite di tutte le vignaiole italiane, invece, fu Giulia Vittoria Colbert de Maulévrier, sposa col Marchese Carlo Tancredi Falletti di Barolo".

Oggi, il connubio donne e vino è sempre più stretto, autentico, imprescindibile e naturale. La loro presenza nel mondo enoico spicca sia numericamente sia qualitativamente concorrendo al 30% del pil agricolo. Ma per loro, fare vino, non è solo economia; è soprattutto: etica, ambiente, cultura e socialità, quindi, agricoltura sostenibile, sicurezza alimentare, equilibrio territoriale e conservazione del paesaggio e dell'ambiente attraverso la diversificazione produttiva. "Le donne del vino sono sempre di più e, spesso, ben più attrezzate di un uomo nella valutazione di un vino, grazie al loro olfatto più sensibile alle sfumature del vino" ha proseguito la Alberico. “E’ loro, inoltre, l’originale capacità di ricorrere anche ad un lessico meno cattedratico che, muovendosi per metafora, esprime in modo aderente e suadente il linguaggio sensoriale del vino. Tuttavia, non sono antagoniste agli uomini, bensì, complementari di un mondo infinito e di continua scoperta".

Da Wine Intelligenze e dall'Osservatorio UIV (Unione Italiana Vini) emerge che le donne hanno numericamente superato gli uomini nel consumo del vino: 55% nel 2021, contro il 49% nel 2020. Oggi le donne del vino sono: agronome, vigneronne, enologhe, giornaliste, critiche enogastronomiche, enotecarie, professioniste del marketing e sommelier, ovvero, le baccanti del nuovo mondo


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