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A Cantavenna al Museo delle Truppe Alpine

Avendo come guida Mario Cravino, percorriamo la Valle Cerrina fino a Gaminella, poi svolta a destra e imbocchiamo la strada dei fagiolini per Gabiano. Ancora svolta destra per raggiungere Cantavenna, passando dalla panoramica borgata di Martinengo, con vista su casa Brusasca. Nel grande cortile panoramico, con vista sul Po e sulla pianura verso Leri, ci attende Carlo Monti, classe 1931, fondatore del Museo Storico delle Truppe Alpine. Ovviamente è un alpino, dal lontano 1953 quando svolse il servizio di leva presso il Battaglione Susa della Brigata Alpina Taurinense. Fin da allora ebbe modo di apprezzare il valore morale e sociale degli Alpini, poi essendo appassionato di storia, si è documentato e ha iniziato a raccogliere moltissimi cimeli, tutti custoditi con grande cura, con l’amore e la passione di un instancabile collezionista. Una straordinaria collezione che testimonia le vicende storiche del leggendario corpo, a partire dalla nascita nel 1872 fino alla Seconda Guerra Mondiale. La principale finalità del museo alpino è quella del ricordo di tante e drammatiche pagine di storia che hanno visto come protagonisti gli Alpini, da far conoscere soprattutto ai giovani in tempo di pace. Nelle sale sono esposte le divise appartenenti ai soldati italiani, oltre ad elmetti, cappelli, mazze, buffetteria, brande, barelle, basti per muli, rari apparati radio, telefoni e, in particolare, le slitte usate nella drammatica Campagna di Russia. Un’ampia documentazione fotografica e una straordinaria collezione di cartoline di tutti i reggimenti alpini consente al visitatore di approfondire l’argomento. Noi ci soffermiamo subito davanti alla bella vetrinetta che contiene un apparecchio radioricetrasmittente della missione americana “Youngstown” paracadutata nel novembre 1944 al Tronco di Altavilla. Il capo missione era il tenente Giancarlo Ratti, di cui è esposta una delle tre copie del diario dattiloscritto “Cronache di vita partigiana”. Non mancano i preziosi cimeli della Grande Guerra. Fa bella mostra un altare da campo del 1914 appartenuto al tenente colonnello don Felice Martino Aymini, nato a Borgomasino nel 1884 e scomparso a Boschetto di Chivasso nel 1964, cappellano militare sul fronte macedone. E non mancano altre interessanti curiosità, come quella di Andrea Martinotti, il caporale promosso sergente con questo encomio: “si spinse con grande ardimento, attraverso una zona battuta dall’artiglieria nemica, per impadronirsi di un drappo, rappresentante la bandiera austriaca posta dal nemico fuori delle trincee”. Era stata esposta in una notte tempestosa dai soldati austriaci per ricordare il compleanno dell’imperatore Francesco Giuseppe. Oppure il modellino dello SVA 5 biposto realizzato da Bruno Bonzano di Ozzano. Un paese, quest’ultimo, ricordato anche per la figura di Beniamino Ferraris del 3° reggimento Alpini, morto nell’ottobre 1912 nella guerra di Libia e ricordato dal monumento eretto nel piazzale della stazione ferroviaria. E poi la bomba Bertone (ideata dal geom. Carlo Bertone originario di Casale con proprietà a Frassinello), adottata nel 1917, agganciata al fucile Mod. 91; un rarissimo bidone con pompa (simile ad una macchina per il verderame) per il raffreddamento ad acqua delle mitragliatrici Fiat-Revelli. Infine due strumenti di comunicazione ottica. Una bandiera a “Lampo di colore” del 1917, usata per comunicare a distanza con l’alfabeto Morse, lo stesso linguaggio fatto di segnali brevi o lunghi utilizzato anche da un pezzo unico del museo, l’eliografo del 1920. Un telegrafo senza fili che trasmetteva la luce solare riflessa in uno specchio, e in mancanza della quale c’era la lampada ad acetilene. Ci salutiamo con un occhio alle sigarette militari conservate in vetrina e alla famosa “stecca”, l’assicella di legno con un foro che consente di pulire i bottoni con una spazzola senza sporcare la divisa. Una delle mille curiosita di una collezione che è un vanto per il Monferrato e che il Monferrato dovrebbe far conoscere meglio.

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Silvio Morando

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