Piemonte, l’occupazione ritorna ai livelli pre-crisi
Continua a migliorare la situazione del mercato del lavoro in Piemonte. Lo evidenziano le stime rese note dall’Istat sull’andamento dell’occupazione nel terzo trimestre 2016, da cui emerge una sostanziale conferma della tendenza positiva registrata nel primo semestre dell’anno. Tra luglio e settembre, infatti, si assiste ad un aumento dell’occupazione di 20mila unità, cui corrisponde una flessione del numero di persone in cerca di lavoro
di 15mila unità. Il tasso di occupazione, di conseguenza, sale al 64,9%, riportandosi in sostanza sui livelli pre-crisi, mentre quello di disoccupazione scende all’8,5%, il valore più basso degli ultimi 5 anni, ancora lontano però dal dato oscillante fra il 4 e il 5% del periodo tra il 2004 e il 2008.
Nelle stime relative alla media dei primi tre trimestri, l’occupazione risale in Piemonte oltre la soglia di 1.800.000 unità, sotto la quale era scesa nel 2013. Mancano più di 50mila posti di lavoro per raggiungere il picco toccato nel 2008 (1.861.000 addetti), ma è evidente la progressione lineare del dato e occorre considerare il mutato contesto in cui ci troviamo, dove è diminuita la protezione assicurata dagli ammortizzatori sociali, che in passato mantenevano artificialmente agganciati all’occupazione i lavoratori di aziende in cessazione o fallimento.
L’incremento rilevato si concentra tra le donne e nel lavoro alle dipendenze, trainato principalmente dai servizi, in specie dal ramo commercio e alberghi. L’occupazione maschile è penalizzata dalla pesante contrazione del lavoro autonomo nel settore edile, che non riesce ancora a risollevarsi dopo la prolungata fase recessiva. Bene l’agricoltura, stagnante il dato dell’industria manifatturiera, dove si osserva però una ripresa dell’occupazione negli ultimi due trimestri (+6milaunità), dopo il saldo negativo d’inizio anno. Il peso dell’occupazione femminile sul totale raggiunge per la prima volta in Piemonte la quota del 45%, contro il 35% dei primi anni ’80 e valori intorno al 42-43% negli anni precedenti la crisi. Si tratta di un processo di crescita lento, legato anche alla caduta dell’occupazione maschile.
Infatti, i 50mila posti di lavoro mancanti all’appello sono tutti appannaggio di uomini, mentre il numero di donne occupate nella media ancora parziale del 2016 si attesta al di sopra del livello del 2008: 814mila unità ora, contro le 807mila di otto anni fa.
Dallo scorso anno le persone in cerca di occupazione sono passate nella nostra regione da 209mila a 182mila, con una flessione del 13% che è la più elevata in Italia, dove il saldo generale è pari a -2,1% (64mila persone in meno), con un lieve aumento nel Sud e un calo del 3% al Centro e del 6,3% al Nord. In Piemonte la diminuzione, in analogia a quanto avviene a livello nazionale, è più accentuata tra gli uomini (-19mila unità, contro -8mila donne), che restano comunque maggioritari nell’aggregato in esame, e coinvolge soprattutto ex occupati.
La crisi, malgrado la forte protezione assicurata per gli occupati dal massiccio ricorso all’integrazione salariale, ha portato in tutta Italia ad una crescita eccezionale della disoccupazione, soprattutto quella di persone che hanno perso un precedente lavoro, per via del mancato rinnovo di contratti a termine o di dichiarazioni di esuberi sia individuali che collettive. Restiamo quindi ancora ben lontani dai numeri pre-crisi, quando si contavano non più di 100mila disoccupati in Piemonte e gli uomini erano meno della metà, mentre ora, nonostante la loro attuale diminuzione, sono il 52% del totale.
Il calo della disoccupazione maschile a fronte di una flessione, sia pur limitata, dell’occupazione degli uomini, pone dei problemi interpretativi. I dati suggeriscono la presenza di un effetto di scoraggiamento che porta alla sommersione di una quota non trascurabile dell’offerta maschile: l’Istat individua all’interno dell’area dell’inattività le cosiddette “Forze di lavoro potenziali”, cioè persone immediatamente alle spalle dei disoccupati “certificati” che si dichiarano interessate a lavorare, ma non hanno azioni di ricerca recenti. Il numero di uomini in questa condizione aumenta del 13% circa, presumibilmente a causa delle difficoltà di ricollocazione che incontrano i soggetti in età matura espulsi dal processo produttivo, mentre quello delle donne risulta in calo. Il tasso di attività maschile, per conseguenza, mostra un apprezzabile regresso nell’ultimo anno, scendendo al 77,3% contro il precedente 78,4%.
«Il quadro che emerge dalla rilevazione Istat - ha detto l’assessore al Lavoro, Gianna Pentenero - appare in gran parte positivo, anche se permangono elementi di preoccupazione. Ci aspettiamo che risposte positive arrivino dalle nuove misure di politica attiva del lavoro che la Regione sta per mettere in campo, sostenendo il processo di ricollocazione dei lavoratori espulsi dal sistema produttivo, in particolare di quelli che hanno maggiore difficoltà a trovare una nuova occupazione. I dati dei primi nove mesi dell’anno ci consegnano alcuni segnali positivi, di risveglio dell’economia e dell’occupazione, che sono certamente incoraggianti. Da qui occorre ripartire, le capacità e le risorse non mancano certo alle imprese piemontesi».