Trino, Cementi Victoria: sono 9 i licenziati. A rischio gli altri 16 dipendenti
di m.i.
Le preoccupazioni già esternate alla vigilia di Pasqua si sono purtroppo rivelate azzeccate per i dipendenti della Cementi Victoria, storica azienda trinese del cemento, travolta dalla crisi del settore sin dal 2008 e ora con la produzione ferma da circa un anno.
Venerdì 9 maggio, al termine della cassa integrazione straordinaria, sono state consegnate le lettere di licenziamento per 9 dei 25 dipendenti dell’azienda, seguite dalla sospesa attività di alcuni reparti produttivi prevista dal piano di ristrutturazione del debito aziendale, presentato alle banche nell’ottica di ridurre i costi di gestione.
Per i nove esuberi si aprono quindi le procedure per la mobilità (è la prima volta che questo accade per l’azienda con sede in via Monte Santo, nata nel 1935), ma la situazione rimane difficile anche per i rimanenti sedici lavoratori che si vedranno riservare lo stesso destino se a breve le banche coinvolte non si pronunceranno sul rifinanziamento dell’attività.
«Cosa ci colpisce - spiegano gli stessi dipendenti - è il disinteresse della classe politica bipartisan alla situazione, senza alcun intervento diretto atto a chiarire le intenzioni della silente proprietà. Mentre i politici di occupano serenamente della loro propaganda elettorale con utopici programmi sociali, ecologici e culturali, si dimenticano di famiglie che annaspano in attesa del rilancio dell’attività industriale nella nostra zona, dimenticata per anni a favore di una vocazione agricola che oramai non crea più occupazione, se non per i numerosi sportelli bancari provinciali».
Ma i politici sembrano non essere i soli colpevoli. «Anche i sindacati - aggiungono sconsolati i lavoratori - sono piuttosto passivi nell’accettare la situazione, che necessiterebbe di una mediazione più forte tra titolarità, politica e banche». Potrebbe inoltre arrivare tardi la risoluzione della vicenda sui rimborsi per le aziende piemontesi alluvionate nel 1994 e 2000, ferma tra i meandri della burocrazia statale ed europea da anni, «se anche in questo caso la politica non riuscisse a smuovere la procedura pretestuosamente insabbiata» fanno infine notare i lavoratori.