Il fascino del Cammino portoghese verso Santiago ha ammaliato tre monferrini: Francesco con i figli Andrea e Daniele Zanello. Ecco il resoconto.
Dici Santiago e subito si pensa al Cammino di Santiago; dici Cammino di Santiago e subito si pensa al più famoso, che parte da San Jean Pied du Port, in Francia, prima dei Pirenei e di Roncisvalle, lungo 900 km e 30 tappe. Ma ce ne sono tanti altri. Noi abbiamo deciso di percorrere uno di quelli meno battuti: il portoghese, ma “solo” da Oporto. 240 km. Con un treno ad alta velocità si percorrono in meno di un’ora. In macchina in autostrada in due ore. In bici in otto ore. A piedi? Otto giorni… Perché farli allora a piedi con uno zaino di 7 chili sulle spalle per 8 ore al giorno? Cosa spinge tre italiani (di cui uno di 73 anni e mezzo…) a prendere l’aereo per farsi 1500 km all’andata ed altrettanti al ritorno? Forse la parità e l’uguaglianza caratteristiche di pellegrini da tutto il mondo (anche dalla Corea del Sud) che camminano insieme. Si dorme in ex monasteri (tipo quello di Vairao), ex seminari (tipo quello minore di Santiago) o in camerate di strutture municipali con anche 20 letti a castello per la modica cifra di 6 euro. Spesso chi apre gli albergue è un incaricato (Hospitalero) volontario, che appone anche il timbro (carimbo in portoghese) sulla Credenziale, che attesta la condizione di pellegrino. All’albergue di Barcelos sui muri c’era una bella scritta: “Turista exige / Peregrino agradece” (il turista esige / il pellegrino apprezza). È proprio vero: si apprezza il colchao (materasso), la doccia calda e si impara a usare il verbo “chiedere” piuttosto che “pretendere”. La fatica del cammino aiuta a cogliere l’essenziale: viviamo di tante cose, spesso inutili, e diventa importante anche poter bere solo un sorso d’acqua quando si ha sete. Le cose semplici assumono un grande valore e, viceversa, quelle che sembrano grandi lo perdono. Ci si apre a una cucina diversa dalla nostra: il baccalà in Portogallo viene cucinato in 365 modi diversi… Si stringono nuove amicizie, cucinando e mangiando negli ostelli insieme a sconosciuti menù improbabili (anche pasta e fagioli a colazione…), camminando su antiche strade romane, partendo col buio e passando da santuari in festa (a Sao Bento, san Benedetto, da porta aberta). Come vuole la tradizione, nella Cattedrale a Santiago abbiamo abbracciato dietro l’altare il busto d’argento tempestato di pietre preziose che contiene la testa decapitata dell’apostolo pellegrino e dato tre colpi con la testa contro la statua del Santo, che si trova dall’altro lato della colonna centrale del Portico della Gloria, affinché “trasmetta la sua sapienza ed il talento”. Sapienza e talento che servirebbero agli italiani per far proclamare all’Unesco la Via Francigena (l’antico cammino che collega la Cattedrale di Canterbury in Inghilterra alla Basilica di San Pietro a Roma) Patrimonio dell’umanità. I Cammini di Santiago lo sono dal 1993: perché la Via Francigena non ancora?