Maxiprocesso Eternit: la difesa degli imputati chiede lo spostamento a Genova
di Massimiliano Francia
Potrebbe essere “depistato” a Genova il processo amianto iniziato a Torino e giunto oggi alla sesta udienza? E' quanto chiedono le difese degli imputati - lo svizzero Stephan Schmidheiny e il belga Jean Louis de Cartier de la Marchienne accusati di omissione di norme antifortunistiche e di disastro doloso continuato dalla procura di Torino - sostenendo che il Tribunale di Torino non sarebbe competente in quanto le decisioni che fanno capo alle omissioni alla base dei reati contestati sarebbero state prese altrove, e precisamente a Genova.
L’obiettivo vero, lo ha detto a chiare lettere il pubblico ministero Colace, è spostare altrove il processo.
Le eccezioni vanno ad aggiungersi a quelle già sollevate nella scorsa udienza relativamente alla indeterminatezza del capo di imputazione, che impedirebbe di fatto alla difesa di comprendere l’accusa e quindi di organizzare le prove e gli argomenti atti a dimostrare l’innocenza degli imputati.
Altra contestazione mossa dalla difesa nella precedente udienza quella relativa alla mancata traduzione degli atti, cosa che andrebbe sempre a deprimere il diritto di difesa.
L'obbligo di traduzione degli atti - ha replicato la Procura e ha ribadito l'avvocato Roberto Nosenzo di Casale - è relativo solo agli atti e non ai documenti, che casomai vengono tradotti su disposizione del giudice.
Quanto al capo di imputazione non si tratta di fornire un quadro probatorio – ha detto il procuratore Raffaele Gauriniello - ma di formulare il capo di imputazione in modo chiaro e comprensibile e anche solo a giudicare dalla disposizione «articolata e ingegnosa» delle liste testimoniali da parte della difesa si evince che hanno compreso bene da cosa di debbano difendere.
E per la competenza territoriale? «Non conta – ha detto l'avvocato Davide Petrini – dove sono state prese le decisioni. E se le avessero prese in aereo sorvolando Buenos Aires?»
Conta dove si sono verificate le omissioni, dove non si è provveduto ad assumere le cautele per evitare la strage all'interno degli stabilimenti, dove si diffuso il polverino distribuendolo ai privati, dove si è omesso di informare cittadini e lavoratori sui rischi che comportava lavorare e utilizzare e persino giocare con l'amianto.
Contano le persone che hanno perso la vita, i «morti» a causa dell'amianto e in particolare dell'Eternit, quelle migliaia di vite spezzate che nel quadro ricostruito dalla difesa non sembrano avere alcun rilievo giuridico, come se il processo fosse stato istruito non per la strage ma per capire chi ha gestito e in che periodo la multinazionale della polvere killer, oppure dove si riunivano i padroni dell'Eternit per decidere in quale parte del mondo fosse più agevole e redditizio lavorare l'amianto.
Prossima udienza il 22 marzo, quando il Tribunale si pronuncerà appunto sulle eccezioni ma soprattutto.
(Nella foto la replica del pm Raffaele Guariniello)