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Viaggio a Moncalvo nei sotterranei del Castello

Saliamo sempre con piacere a Moncalvo in ricordo del ramo materno (Bottino). Questa volta è comodo anche l’appuntamento: alla Bottega del Vino alla prima piazza (si va bene, c’è sempre quel giro un po’ strano per raggiungerla...) col sindaco Aldo Fara e il vicesindaco Mario Zonca. Ci raggiungono mentre ammiriamo una bella ragazza che fa provvista alla Casetta dell’acqua in funzione (con grande successo) sotto il muraglione di fronte alla casetta del sen. Vincenzo Buronzo (Moncalvo 3 novembre 1884-7 novembre 1976), uomo politico, letterato di vaglia). Visita ai sotterranei, prima parte restaurata dieci anni fa, seconda parte tre anni fa. Spesa (coi portici di piazza Carlo Alberto) un milione e 100 mila euro di contributi europei. La Bottega è gestita da produttori locali, presidente Augusto Olearo da Alfiano. Oltre al vino, salumi, miele, pasticceria e confetteria (l’elenco dei soci produttori è nel sito internet della Bottega). Entriamo. Interessante subito l’antico “camminamento”, ampia galleria lunga 13 metri, con temperatura costante in tutte le stagioni, anticamente utilizzata dalle ronde, ora al posto della Guardia armata ospita alcuni tavoli per i frequentatori, per circa 20 posti, mentre nella bella stagione è utilizzato un dehors sulla piazza con altri tavoli. Ci addentriamo all’interno: ghiacciaia, sala mostra con uscita sulla piazza, scala di collegamento coi portici sovrastanti, splendido un corridoio dai mattoni a vista che ci porta alla base della torre bassa; una finestra profonda un metro si affaccia sul gioco del pallone, di inizio Novecento. Molto suggestivo l’infernot picconato che emana calore alla luce della lampade (onora il recente sito Unesco). Il tutto è un ottimo esempio di recupero, con visite guidate nelle feste. Usciamo, tra la Bottega e la Casetta dell’Acqua un kouros informativo con vecchie foto della zona (ottima idea, da ampliare con la storia). Arriviamo in piazza: tappa alla sinagoga, il Gal finanzierà il rifacimento della scritta oggi quasi illeggibile. Più avanti il Teatro: han piazzato in facciata i busti dei due Moncalvo Guglielmo Caccia e Gabriele Capello. Breve tappa alla Cassa di Risparmio di Asti, accolti dalla direttrice Margherita Stradella, per ammirare il soffitto a cassettoni. Poi al Palazzo del Municipio, ex Convento Monache Orsoline. Entriamo in sala consiliare restaurata da Gino Venesio di Ottiglio e abbellita dai palii (drappi che sono opere d’arte) vinti alla corsa storica di Asti. Quindi nell’ufficio del sindaco (è la sua seconda casa visto che è al quarto mandato e che conosce ormai i suoi concittadini uno per uno). Ci incuriosisce una vetrinetta con i fischietti storici di Patro (dalla Madonna al sindaco Giuseppandrea Martinetti) e tre nature morte di Orsola Caccia. Torneremo per l’inaugurazione della Galleria d’Arte Moderna “Franco Montanari”, per ora visitabile su prenotazione. Moncalvo: l'eroica difesa del Castello “Si chiamava Martino Aubry ed era nato a Sommeville, un piccolo villaggio della Lorena, il 6 settembre 1721. Ma indossando l’uniforme del reggimento Tournaisis, la più bella dell’esercito di Luigi XV, cambiò nome, scegliendo quello di guerra Sans-Soucy”. Così inizia il libro dell’Accademico di Francia Henry Houssaye, intitolato “Il sergente Sans-Soucy. Storia dei tempi di Luigi XV”, pubblicato a Torino da Paravia nel 1900. La traduzione e le note sono del moncalvese Giovanni Minoglio (1851-1913), laureato in Giurisprudenza, senza mai praticare la professione forense, preferendo gli studi di storia locale, la numismatica e la drammaturgia. Questo il racconto di un singolare fatto d’armi eroicomico accaduto a Moncalvo. “Ora sul finire dell’inverno del 1746 il sergente Sans-Soucy si trovava in Piemonte nel vecchio castello di Moncalvo ove eranvi circa duecento ammalati feriti e sciancati. Il Comandante questa piazza forte, il Signor de Chevert aveva trasformato il castello in ospedale”. Tra loro anche il sergente francese, convalescente, ma colla speranza di guarire presto perché le sorti della guerra arridevano al maresciallo Maillebois, che ogni settimana dava una festa da ballo a Valenza. Invece l’esercito nemico improvvisamente raggiunse Moncalvo. Il comandate aveva l’ordine di abbandonare la fortezza, ma non aveva mezzi di trasporto per i feriti che restarono nella fortezza agli ordini del sergente Sans-Soucy, che essendo il più alto in grado tra i soldati assunse il comando dell’ospedale. Con l’aiuto dei convalescenti e dei feriti aprì le antiche feritoie ostruite dai nidi degli uccelli, fortificò la porta principale, costruì palizzate e trasportò un vecchio cannone su una delle piattaforme. I nemici furono accolti da una cannonata e da continue fucilate dei malati che si difendevano come tanti diavoli. Due battaglioni e una batteria furono necessari per espugnare l’ospedale, anche perché il sergente si rifiutò di arrendersi al barone Leutron. Solo dopo un fuoco violento di due o tre ore, Sans-Soucy alzò la bandiera bianca e chiese qualche asinello per trasportare i feriti e gli ammalati. La guarnigione uscì dall’ospedale dietro un tamburino zoppicante, dietro di lui i combattenti zoppicando, infine la carriola con gli utensili dell’ospedale e le siringhe tra fronde di pini e di edera. Raggiunto l’esercito francese, il maresciallo di Maillebois informò Luigi XV, che mandò appositamente un corriere col brevetto di luogotenente dei granatieri. Ma Sans-Soucy non si fermò qui, come ricorda Henry Houssaye. “Più tardi fu poi nominato Aiutante maggiore della fortezza di Neuf-Brissac... poscia Cavaliere di San Luigi... infine Capitano dei granatieri. Ma non era più Sans-Soucy; aveva ripreso il suo vero nome, modificandolo però un poco, ed aggiungendo un ‘d’ ed un apostrofo al nome Aubry e si firmava D’Aubry.Questo era più sonoro e giudicò forse, che la difesa del Castello di Moncalvo valeva bene questa piccola particella di aggiunta al suo nome”.

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Marco Imarisio

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