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OyOyOy!, un congedo pieno di applausi

Per essere un finale, è stato davvero trionfale: quello dell'ultima (in senso assoluto) edizione del Festival di Cultura Ebraica OyOyOy! Un congedo dal pubblico dopo sette anni con 3 incontri nell'arco di 4 giorni, e che si è concretizzato nel lungo applauso al termine del concerto di Ramin Bahrami al Teatro Sociale di Valenza sabato 27 novembre. Oltre 500 persone (tutto esaurito), molte delle quali in piedi per un’ovazione che celebrava sia il bravissimo pianista iraniano, sia una manifestazione capace di creare sul territorio centinaia di eventi, invitando ben 580 personalità del mondo della cultura e dello spettacolo, molte delle quali di fama internazionale (nell'atrio del teatro campeggiavano i nomi di Noa, David Grossman, Hans Küng, Lele Luzzati...). Un assaggio di ciò a cui i 250.000 spettatori hanno assistito attraverso il ponte culturale creato in questi anni dal Festival. Antonio Monaco, presidente di Monferrato Cult, l'associazione costituita con Elio Carmi e Giancarlo Giorcelli che dal 2006 organizza il Festival, ha dedicato cinque minuti di prolusione del concerto per ricordare perché il Festival finisce, ringraziare tutti e salutare. “OyOyOy! finisce, ma sette anni fa nessuno forse avrebbe scommesso su questa avventura che ha ottenuto importanti risultati: la Comunità Ebraica di Casale ha accresciuto il proprio ruolo nell'UCEI; grazie alla nostra esperienza numerose comunità ebraiche italiane hanno sviluppato iniziative analoghe. Oggi sappiamo che il Piemonte è la regione con più siti ebraici di tutta Europa (ben 19, solo Israele ne può contare di più). Le risorse pubbliche sono diminuite, ma è proprio nei momenti difficili che non solo bisogna spendere meno, ma spendere meglio. Sono cambiati gli interessi culturali delle persone e in particolare dei più giovani e le modalità con cui vengono coltivati e soddisfatti, deve cambiare di conseguenza l'intero approccio all'attività culturale. Abbiamo bisogno non tanto di soldi, ma di nuove energie creative, contiamo sul fatto che qualcuno raccolga l'appello di questa serata e si faccia avanti”. Monaco ha continuato ringraziando le istituzioni che sono state al fianco della manifestazione: Regione Piemonte, Comune di Casale Monferrato, Provincia di Alessandria, Fondazione CRA e CRT, UCEI. Ha ricordato le tante città del Piemonte che hanno aderito al Festival, poi la parola è passata alla musica. Il nucleo del programma dedicato integralmente a J. S. Bach prevedeva le Partite n. 1 e n. 6 e le Suite inglesi n. 2 e n. 6. Una scelta che presenta un paio di decenni della produzione più intensa del maestro, in un fluire di invenzioni musicali ricco di significati e simbologie da cui scaturiranno 3 secoli di musica futura. Inutile cercare di concentrarsi su come Bahrami affronta l'intensità della Sarabande della Suite n. 2, piuttosto che la monumentale introduzione della Suite in re minore, quello che impressiona è il modo globale con cui il pianista ha risolto il problema dell'intero corpus bachiano: immaginatevi un migliaio di opere in cui ogni battuta diventa una riflessione di prassi interpretativa, opere create per strumenti diversi, e non necessariamente per una sala da concerto. Tutto per Bahrami si fonde nella pure estasi dell’esecuzione: cantando se serve, accompagnando i fugati con il saltellio sullo sgabello, socchiudendo gli occhi e portando indietro il corpo ogni volta che la melodia si allarga. Come fecero Mendelssohn e Gould, Bahrami ha trovato il suo Bach: ha scelto di introdurre un pizzico di romanticismo nei passaggi più delicati, di rendere leggero il contrappunto come su un clavicembalo, di insistere sul pedale ogni volta che i bassi diventano importanti per trasformare il piano nel registro più pieno di un organo. Ha scelto di rendere ogni frase godibile, contemporanea e nello stesso tempo sinceramente autentica. Il pezzo più commovente l'omaggio che Bahrami fa al Festival eseguendo la trascrizione dell'aria Erbarme Dich, mein Gott della Passione secondo Matteo, realizzata da un compositore ebreo. Sull'onda degli applausi alla fine del concerto, la consegna della doverosa scatola di Krumiri Kasher a Bahrami si trasforma in un momento di commozione per molti dei protagonisti del festival e delle istituzioni che lo hanno sostenuto. Sul palco ci sono, oltre ad Antonio Monaco, anche Elio Carmi nella doppia veste di fondatore e vicepresidente della Comunità Ebraica di Casale, il sindaco di Casale Giorgio Demezzi, il sindaco di Valenza Sergio Cassano, l'Assessore alla Cultura di Valenza Paola Bonzano e Nuccio Lodato che oltre a rappresentare il Teatro Regionale Alessandrino, che ha ospitato il concerto, per sei anni ha curato la rassegna cinematografica di OyOyOy! E infine anche il piccolo Carlo, figlio del compositore Giulio Castagnoli, chiamato a rappresentare le generazioni future. Un messaggio in linea con quello espresso nella serata di giovedì 25 novembre nell'aula consiliare del Comune di Casale Monferrato: un incontro pubblico con Giulio Castagnoli e Ramin Bahrami, alla presenza anche degli assessori casalesi Giampiero Farotto e Giuliana Romano Bussola. Si è parlato naturalmente della musica e della figura di Bach e proprio dell'importanza che la cultura riveste nello sviluppo della collettività: Bahrami ha spiegato come “abbiamo bisogno della cultura più che del pane. La musica come cultura consente di sconfiggere ogni dolore.” Il musicista aveva espresso tutta la sua felicità nel ritornare a Casale: “Un'occasione per incontrare vecchi amici”, e allo stesso tempo si è detto dispiaciuto che questa festa segnasse anche la fine del Festival Oyoyoy!: “La speranze è che il Festival ritorni in una veste nuova o diversa perché comunque “l’arte non può finire”. Domenica 28 ottobre alle 18, l'atto conclusivo: l'incontro con Paolo De Benedetti sul tema del Saluto, anzi Shalom come ha spiegato il teologo prendendo spunto dal libro scritto con Massimo Giuliani, professore di Studi ebraici a Trento, così intitolato. Un viaggio nelle parole e nei gesti (da sempre il saluto è accompagnato da gesti e dall’espressione del viso) spaziando tra significati religiosi ed etimologici, dall'arrivederci all'addio. In conclusione De Benedetti si è commosso nel ricordare il saluto del cane Argo al ritrovato padrone Ulisse. Meno tristezza però durante il brindisi finale a OyOyOy!, con la speranza che quello che ha rappresentato per tanti non perda di significato. Una speranza che sembra ben riposta: l'appello lanciato da Antonio Monaco sul palco per nuove forze e idee ha già suscitato commenti sul web e offerte di sostegno.

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