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  • 16 gennaio 2024
  • Casale Monferrato

Interviste

Quando troppa ansia rende difficili gli studi universitari

Ci sono studenti che vivono l’angoscia come una “spada di Damocle” sulla testa

Da sinistra Erika Ligorio, Giulia Naclerio e Tommaso Graziani

L’esperienza universitaria può essere un bel viaggio oppure un cammino tortuoso: il discrimine è come si gestisce l’ansia. Ci sono ragazzi procrastinatori seriali, che vengono rimessi in carreggiata solamente da un po’ di sana agitazione per l’esame. Ma ci sono anche studenti che vivono l’angoscia come una spada di Damocle pendente sulla testa. A questo proposito, abbiamo chiamato in causa i giovani della zona che vivono o hanno vissuto quest’esperienza sulla loro pelle.

«Dal mio punto di vista, l’ansia può inibire enormemente le tue capacità, soprattutto se hai un animo fragile - racconta Erika Ligorio, 20 anni, ex-studentessa di Economia - Il mio percorso universitario, per quanto breve, l’ho vissuto in modo particolarmente travagliato. Temevo continuamente di deludere la mia famiglia, nonostante non mi abbiano mai oppressa, ma anzi sempre supportata. Questa inquietudine, in realtà, partiva proprio da me e la proiettavo sull’opinione che gli altri potevano avere di me; in verità, ero l’unica a poterla estirpare. La società odierna esercita molta pressione su noi giovani: ti viene inculcato che la laurea ti renda una persona di valore. Ne sono uscita solo ripetendomi che ero più forte della mia ansia e, a quel punto, mi sono finalmente soffermata su cosa davvero volessi fare. Proprio così, ho capito che, in realtà, l’università non la volevo fare! Mi ero imposta di laurearmi per corrispondere ad un modello di “Erika ideale”, creata da questa sorta di consuetudine sociale. Allora sono entrata finalmente a far parte del mondo del lavoro, dove spesso mi sento ugualmente agitata, ma vivo con maggior serenità perché sento di essere al posto giusto».

«Troppa paura non mi hai mai regalato nulla di buono: non mi ha mai permesso di accontentarmi e spesso, come dice il proverbio, “chi troppo vuole nulla stringe” - spiega Giulia Naclerio, 19 anni, studentessa di Lettere - Sto vivendo questi pochi giorni di distanza dal mio primo esame, accompagnata da una forte “ansia da prestazione”. Un fattore che mi ha influenzata negativamente è respirare l’aspra competizione dell’ambiente universitario. Visto che la scelta di un corso, si auspica sia mirata sulle tue attitudini, tutti si aspettano il massimo da te. Dal mio punto di vista le cose non stanno proprio così: l’unica forma di competizione sana, che va sempre alimentata, è quella verso sé stessi. Tuttavia, bisogna anche rassegnarsi al fatto che, essendo esseri umani, il fallimento fa parte della nostra natura e quindi accettarlo. Le modalità di orientamento delle scuole superiori sono un grande problema, perché tremendamente inefficaci e limitanti. L’università viene troppo spesso demonizzata inutilmente, invece sarebbe proficuo fare chiarezza cosicché il primo giorno in università ci si possa sentire un po’ meno spaesati».

«Ho mancato due sessioni per l’ansia - dice Tommaso Graziani, 22 anni, studente di Lettere - È chiaro, quindi, che quest’angoscia ha influito molto sul mio rendimento; mentre le volte che l’ho gestita bene, trasformandola in migliori performance di studio, sono veramente poche. Questa agitazione ti cresce dentro, finisci per perderne il controllo, diventa un’escalation di inquietudini. In un primo momento era insicurezza verso la mia preparazione, poi un continuo rimandare, perché ero proprio io stesso a non sentirmi mai abbastanza. Infine, mi sono reso conto di aver accumulato un bel po’ di esami in arretrato, così mi è sembrato che questa mole fosse grande, più grande di me, così grande da non sapere da dove cominciare. È stato proprio a quel punto, tuttavia, che sono riuscito, anche con l’aiuto di persone care, a riprendere e così, un passo alla volta, a recuperare. Sogno un’università dove si dà più importanza al sapere immagazzinato e alle esperienze vissute, che ai trenta accumulati».


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