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A Casorzo, a San Vincenzo Martire - Tesori d'arte: Guglielmo Caccia, Maraglian, Bistolfi...

L’elegante libro strenna della Cassa di Risparmio di Asti “Tra Gotico e Neogotico. Le chiese parrocchiali astigiane” raccoglie le schede descrittive di duecento edifici sacri, costruiti, ristrutturati, ampliati e ornati in seicento anni di storia religiosa della provincia astigiana dalla metà del Trecento (periodo gotico) alla metà dell’Ottocento (revival neogotico). L’opera si presenta come un importante strumento di conservazione e valorizzazione del patrimonio artistico e architettonico, oltre ad essere un dettagliato inventario delle numerose costruzioni religiose, una trentina delle quali, tra cui la parrocchia di Casorzo, appartenenti alla diocesi di Casale. «La parrocchiale di San Vincenzo martire, così come si presenta oggi, risale agli anni ‘30 del XVIII secolo. Venne costruita in sostituzione della preesistente chiesa di Santa Maria di Piazza, in cattivo stato di conservazione e ormai insufficiente per contenere tutti i fedeli. Quest’ultima fu rasa al suolo, conservando la cappella di sant’Antonio e il campanile - poi rialzato nel 1737 - e immediatamente sostituita da una nuova costruzione, promossa e finanziata dal conte Giovanni Picco Pastrone, ritenuta dai più opera giovanile di Francesco Ottavio Magnocavalli o, come sostiene Amilcare Barbero, di Giacomo Zanetti. Lo stesso committente avrebbe in seguito cambiato l’idea iniziale dell’interno passando da tre a una sola navata. Il materiale edile necessario per l’imponente struttura fu ricavato dall’abbattimento del vicino oratorio della Santissima Trinità e di altre chiese del posto. I lavori proseguirono fino al mese di giugno del 1736, sotto la direzione dei capomastri ticinesi Martino Donati e Michele Vanotti, ai quali nel 1734 era subentrato Donato Zanetti: il 12 agosto dello stesso anno il vescovo Caravadossi consacrò la chiesa». Così scrive Lorena Palmieri nella scheda dedicata alla parrocchiale di Casorzo. E poco dopo aggiunge: «La facciata, conclusa nel 1737 da Carlo Antonio Manfrino, è di mattoni a vista, leggermente convessa e costituita da due ordini sovrapposti, terminanti sulla sommità con un frontone curvilineo e movimentata dal portone d’ingresso, dal finestrone sagomato soprastante, da cornicioni e fitte lesene, oltre che dai fori pontai disposti regolarmente su tutta la superficie. Due corpi laterali minori sono raccordati al principale per mezzo di grosse volute. L’interno si presenta maestoso con navata unica e due grandi cappelle laterali delimitate da quattro colonne, quattro cappelle minori angolari e, sul fondo, presbiterio e abside semicircolare. Le volte sono a botte e a crociera mentre sul transetto domina la cupola ribassata di forma ellittica». I 147 casorzesi abbucciati nel campanile Siamo nel campanile della parrocchiale di Casorzo, raggiunta non senza difficoltà tra nebbia e nuvole. Torniamo indietro nel tempo a quel 4 giugno 1642, un martedì, quando 147 persone morirono nell’incendio del campanile volutamente appiccato dalle truppe spagnole capitanate dal portoghese Gregorio Britti. Possiamo immaginare le fiamme, il fumo che stordiva, le urla, i poveretti che si gettavano dalle finestrelle e, cronaca del Bremio, venivano finiti ad archibugiate, un tiro al piccione umano. Il libro “Casorzo e la sua gente” di Anna Maria Musso riporta l’elenco dei defunti (“abbruciati”), ci piacerebbe che a futura memoria una lapide li ricordasse proprio in questo posto dove il tempo sembra ancora oggi sospeso. Ci ha aperto la chiesa il parroco don Andrea Tancini, ha un bell’archivio appena riordinato da Manuela Meni in cui figurano le relazioni sull’eccidio. Curiosa un’edicola proveniente dal Cottolengo di Casorzo con autografo a firma del cardinal Agostino Richelmy. In sacrestia occhieggia un busto in marmo del Bistolfi di mons. Felice Bava (parroco 1857-1892, ospitò don Bosco). Nella cappella invernale si ricordano due vescovi. Il primo con una lapide ("in questa parrocchiale riceveva il battesimo...) è mons. Umberto Rossi (Casorzo, 1º aprile 1879 – Asti, 6 agosto 1952, ne avevamo fatto oggetto di un Viaggio d'autore). Per due anni fu viceparroco a Rosignano Monferrato e dopo venne nominato teologo della Cattedrale di Casale e professore di Sacra Scrittura in seminario. Militante nell'Azione Cattolica, il 13 giugno 1921 venne nominato vescovo di Susa da papa Benedetto XV. Trasferito nel 1932 alla sede di Asti, nel periodo della seconda guerra mondiale, il vescovo si adoperò molto per liberare ostaggi o per salvare condannati a morte. Il secondo, non lo conoscevamo, è mons. Luigi Dusio primo vescovo della diocesi Ihosy (13 aprile 1967 - 2 novembre 1970) in Madagascar, con un rosso abito talare in vetrina. Sempre in questa cappella una lapide commemora Enrico Mazzola da Grana (1800) parroco di Casorso per 29 anni ("la sua morte fu sentita come una sventura insababile..."). Una grande chiesa che è quasi una pinacoteca. Dietro l’altare una Madonna del Rosario del Moncalvo, coi Misteri situati alla base. Splendida Citazioni: a destra dell’ingresso una Madonna col Bambino che ricorda un po' quella di Crea e i Ss. Lorenzo e Vincenzo Ferreri (1619). Poi la cappella con al centro la statua lignea dorata della Madonna del Rosario di Antonio Maria Maragliano (Genova, 18 settembre 1664 – Genova, 7 marzo 1739) la vetrina ne impedisce la visuale corretta, un peccato per un grande scultore, la sua opera più vicina a noi è a Ponzone, ma tre suoi pezzi sono a Cadice.... Personalmente ci unisce il maestoso e spettacolare gruppo della Madonna della Costa che saliamo ad ammirar ogni volta che siamo a Sanremo, gruppo nato per esaltare la trecentesca Madonna con Bambino, un autentico allestimento da teatro sacro (e chi lo guarda pensa sia in marmo e non in legno...). Torniamo a Casorzo sinistra il Battistero dove sono venute alla luce strutture murarie appartenenti alla vecchia chiesa di Santa Maria di Piazza, poi la cappella di S. Giuseppe, sulla cui parete destra è posta una tela raffigurante la Intercessione di S. Francesco del Moncalvo. Saliamo sull’organo: un Lingiardi del 1860, recentemente restaurato e suonato regolarmente dal maestro Mario Garlando, 82 anni. Abbiamo la fortuna di trovare esposti i reliquiari di San Vincenzo (un busto e un braccio, nel braccio un dente), è appena stata celebrata la festa del patrono, e finiamo il tour in Sacrestia con l’omaggio dei biscotti dedicati al Santo raffiguranti la palma del martirio.

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Marco Imarisio

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