Articolo »

I mosaici del Duomo ad Albarengo

Anche se il toponimo compare solo in documenti della seconda metà del Mille, Albarengo si ritiene di origine longobarda. Ma mentre un tempo si pensava semplicemente al "villaggio dell'alba" (Alba-reng) oppure alla "collina del pioppo bianco" (da arbra, pioppo bianco), oggi si suppone che il significato derivi dal nome proprio Albhari, a cui sarebbe riconducibile, come suggerisce Olimpio Musso, anche Albenga. Già appartenente alla giurisdizione di Murisengo, il cantone è passato a Montiglio dopo la creazione della provincia di Asti. Al confine tra i due comuni, entrambi appartenenti alla diocesi di Casale, sorge una graziosa residenza di campagna, denominata "Villa Puzzi", di cui don Rino Mandrino ci offre questa autorevole testimonianza. "Alcuni anziani dicono che fu costruita agli inizi del 1800 da un famoso suonatore di corno inglese, Domenico Pozzi (o Puzzi). Il Puzzi, emigrato a Londra, fece fortuna e con quelle ricchezze fece costruire la villa. Agli inizi di questo secolo (come ricordano ancora alcuni Montigliesi), sul pilastro d'ingresso alla villa vi era come simbolo un corno inglese in ferro battuto". Altre interessanti notizie biografiche, sempre tratte dal volume "Montiglio nello spazio nel tempo nella storia" (Asti, 1989), sono state raccolte nei registri dell'archivio parrocchiale che conserva traccia delle figlie di Giovanni Domenico e di Giacinta Toso di Scandeluzza. La primogenita Luisa, abitante a Londra, scomparsa il 25 luglio 1829 all'età di 4 mesi, è sepolta nel piccolo cimitero di Scandeluzza. Tre anni dopo la sorella Francesca Rosa Maria Luisa risulta battezzata dal viceparroco di Montiglio, don Giovanni Antonio Bonasso. Ma è la più giovane, di nome Marietta, anch'ella nativa di Londra, che nel 1856 conducendo all'altare l'intendente torinese Elia Francesco assicurava la discendenza. "Queste notizie - conclude don Mandrino - confermano il racconto dei nostri anziani. Ma la Villa Puzzi divenne celebre e conosciuta soprattutto verso la fine del secolo XIX quando divenne proprietà del gen. Elia e sovente dimora dei Principi di Casa Savoia". Nel 1970 la villa fu donata al card. Michele Pellegrino dalla giovane erede Fanny Scevola (il cui nome è legato anche all'interessante esperienza di Cascina Archi di Murisengo) per ospitare un convento di clausura. L'antica cappella signorile fu trasformata in parlatorio, i locali della villa in celle per le sette carmelitane che il 20 marzo 1971 raggiunsero il Monferrato dal monastero fiorentino di Santa Maria Maddalena de' Pazzi. Un anno dopo, il 3 aprile 1972, il cardinale Pellegrino, assistito dal vescovo Cavalla, consacrava la nuova chiesa dedicata alla Beata Vergine "Mater Unitatis". Oggi un folto boschetto e alte mura di cinta proteggono il recondito silenzioso Carmelo di Albarengo. Dionigi Roggero LA RISCOPERTA DEL MOSAICO- Grazie alla conferenza per il IX centenario del Duomo del prof. Xavier Barral y Altet apprendevamo che a villa Puzzi di Alberengo erano conservati frammenti di uno dei mosaici recuperati dal Mella nel corso del restauro ottocentesco del Duomo (quelli integri sono «esposti» nel catino absidale e sono uno dei gioielli della basilica).  Il Mella aveva disegnato questo mosaico prima di staccarlo dal pavimento e lo aveva titolato «Acefalus». Tutto bene solo che villa Puzzi oggi è un monastero di clausura, l'unico in diocesi, retto, dalle carmelitane. Qualche telefonata e una voce gentile ci da un appuntamento tra una messa e una preghiera, i frammenti che cerchiamo sono infatti nell'anti-coro della cappella ed è bene non disturbare. Partenza da Casale, a Murisengo svolta a sinistra verso Montiglio e sulla stradina di Scandeluzza, a destra, ecco il nostro Carmelo, una villa ottocentesca circondata da un alto muro e avvolta nel verde. Suoniamo. Sempre una voce-guida al citofono: «Seguite il muro fino al portoncino color legno». Attesa di qualche minuto e la porta si apre, ecco un androne, sulla sinistra lo scopo della visita, sulla destra le due gentili sorelle che ci hanno aperto: suor Maria Franca e l'economa suor Maria Bernarda che ci salutano a nome della madre superiora Paola Maria fondatore del Carmelo nel 1970. I frammenti sono murati e -volendo- da ricomporre, sono sotto una lapide che in latino recita che si tratta di rari frammenti di un antico mosaico della cattedrale donati nel 1860 da mons. Nazzari di Calabiana all'allora proprietario della villa. Sono molto ben conservati si legge un viso sormontato dalla curva delle spalle e da alcune lettere della scritta acefalus, un arco, una freccia e le complicate decorazioni geometriche. Facciamo foto di documentazione anche in vista di un futuro libro-guida sul Duomo in accordo con la Diocesi, ringraziamo e riprendiamo la via all'inverso, ci apriamo la porta principale e usciamo nel sole che illumina campi e colline (insolita la visione di Murisengo dove spicca il castello) Il secondo atto è spedire le foto al prof. Musso, dell'Università di Firenze, (città dalla quale sono giunte le sette suore carmelitane oggi monferrine) e il nostro Olimpio ci invia, puntuale, il suo contributo (e i suoi complimenti) che sotto pubblichiamo. Luigi Angelino UN PARERE ILLUSTRE - Che cosa rappresenta il mosaico, creduto perduto e in parte ritrovato (v. il prezioso contributo di L. Angelino e D. Roggero) ad Albarengo? S. Isidoro (VI-VII sec. d.Cr.) nelle sue Origines (XI), opera divulgatissima nel Medioevo, ecco i Blemmi della Libia: "Alcuni credono che in Libia nascano i Blemmyae, tronchi privi di capo, con la bocca e gli occhi sul petto." (trad. di A. Valastro Canale). Ci sono altri mostri simili, secondo fonti antiche e medievali, che sono senza capo ed hanno gli occhi sulle spalle, come nella miniatura di un bestiario medievale del 1277. L'acefalus casalese ha un arco nella mano sinistra e una freccia nella destra. Potremmo dunque definirlo un arciere? L'arco è il simbolo, assieme alla corona, del potere regale: Orlando chiede a Carlo Magno l'arco come capo delle truppe di retroguardia (La canzone di Orlando,vv. 766-7: "Il conte Orlando dice all'Imperatore: /Giusto sovrano, datemi l'arco vostro"). Di quale truppe poteva avere il comando l'acefalus? Evidentemente delle truppe di mostri, creature del diavolo. L'acefalus è dunque il "princeps tenebrarum", che non ha la corona, a differenza del mosaico della vipera (v. 'Il Monferrato' di martedì 14 novembre 2006, p. 19) perché senza capo. Il diavolo, pur essendo armato, è destinato ad essere sconfitto come il pigmeo armato di lancia del mosaico della gru, che ho illustrato recentemente su questo giornale (5. VI. 2007, p. 16). I famosi mosaici del Duomo di Casale sono incentrati sul tema della lotta tra il bene e il male, nella quale, morale della favola, il male soccombe inevitabilmente al potere di Cristo. Olimpio Musso -FOTO: il mosaico di Albarengo

Profili monferrini

Questa settimana su "Il Monferrato"

Veronica Spinoglio

Veronica Spinoglio
Cerca nell’archivio dei profili dal 1871!