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Da Morbelli alle grandiose cave Angelino - Eco museo, promette Arditi

"Angelo Morbelli. Documenti inediti» è il titolo del volume a cura di Aurora Scotti Tosini e Pierluigi Pernigotti, pubblicato nel 2006 dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona nell'ambito della valorizzazione della propria pinacoteca che si è recentemente arricchita di due capolavori: "Piazza Caricamento a Genova" (1891) di Plinio Nomellini e "Mi ricordo quand'ero fanciulla" (1903) di Angelo Morbelli. Oltre al taccuino del 1898-1899, che denota l'attenzione per il lavoro in risaia, l'opera contiene un interessante carteggio donato con "intelligente liberalità" alla fondazione tortonese da Paul Nicholls. Il corrispondente del pittore divisionista è il critico Ercole Arturo Marescotti, nato a Cuccaro il 16 maggio 1866, fondatore della casa editrice "Italia artistica" e direttore della rivista "Ars et labor", oltre che romanziere e musicista. La raccolta delle lettere pubblicate copre il periodo dal 1905 al 1918 e tratta i più svariati argomenti, dalla vita artistica a quella privata, ai progetti di organizzazione a Milano di una mostra di artisti del Monferrato ed anche della costituzione, sempre nel capoluogo lombardo, di un'associazione di monferrini. Ma la preoccupazione maggiore del pittore monferrino sembrava rivolta alla costituzione di un comitato locale per la raccolta di fondi a Rosignano, per cui egli prudentemente aveva deciso di chiedere lumi al "suo" giardiniere Luigi Angelino. E così il 28 marzo di novant'anni fa, pochi giorni prima di Pasqua per mano del figlio Alberto, il giardiniere spediva dalla Colma di Rosignano una lettera su carta intestata della ditta per l'estrazione dei "tambelloni" per forni, di cui era contitolare col fratello. Ecco il testo della lettera indirizzata ad Angelo Morbelli: «Egregio Sig. Padrone, Mio papà dice che è un po' difficile il poterla aiutare nella sua missione trat­tandosi per lui di un affare delicato. Come si fa a sapere i sentimenti di certe persone, a quest' ora non si può nemmeno pronunciarsi essendo qui tutti acca­niti contro la guerra e se la gente sapesse che mio papà aiuta qualche propagan­da guai a lui lo prenderebbero tutti in odio». E poco dopo aggiungeva: «La miglior cosa che lei potrà fare per preparare una buona accoglienza a que­sto Comitato credo sia questa: si rivolga direttamente al Sig. Sindaco del paese, lui potrà comandare ed organizzare un comitato d'accoglienza cono­scendo più di me i sentimenti patriottici di tutti i dirigenti del paese ed essen­do anche lui di elevato spirito interventista. Altro in riguardo non saprei che dirle, e credo se ne potrà più precisare alla sua prossima venuta. Noi tutti in buona salute come auguro e spero di tutti loro». In chiusura gli auguri di Buona Pasqua a tutta la famiglia da parte «dell'affezionatissimo Alberto». CAVE ANGELINO: COME CATTEDRALI DA VALORIZZARE E' un «Viaggio d'autore» molto personale, a quelle che nella mia famiglia han sempre chiamato «al gavi» cioè le cave di pietre da cantoni (sia per forno che per costruzioni) chiamate «Cave Angelino» alla Colma di Rosignano. Famose per la qualità. Un po' di storia: sono proprietari delle cave a fine Ottocento due fratelli: Evasio, detto «Giuspin», e Luigi Angelino; Evasio ha avuto sei figli Pierina (in Monti) Enrichetta, Remo, Armando, Alberto, Sereno; da Luigi: Alberto e Pierina (in Francia, senza figli); gli eredi oggi del primo ramo sono Bruno Monti e Laura, Franca, Bruno, Franco, Anna tutti Angelino; del secondo Luigi Angelino (che scrive queste note), la cui discendenza continua con Alberto. Remo Angelino ha «coltivato» nel senso di estratto tavelloni da questa cava fino al 1955 quando ha lasciato l'attività per aprire un negozio di commestibili con la moglie Gina Campagnolo e, come si dice qui, fare «al conducent», sempre disponibile con un piccolo camion ad aiutare tutti e a contribuire grandemente da legante carismatico in una frazione che allora perdeva i colpi. Remo è scomparso nel febbraio 2003 a 88 anni, tra il cordoglio di tutti. Bene. Saliamo alla Colma di Rosignano. Dal piazzale che porta al castello Roggero (chiudo gli occhi e ricordo -anni cinquanta- un gioco di bocce e un ballo a palchetto per la patronale...) scendiamo via Morbelli passando di fronte a villa Maria cenobio di Angelo Morbelli (che attende a giorni la visita di un gruppo di giornalisti inglesi, il restauro dello studio ha ritrovato anche la vecchia sdraio protagonista di dipinti famosi...). Grazie al fuoristrada di Igor imbocchiamo a sinistra senza problemi la strada privata Vicinale, stretta e sterrata e raggiungiamo la località Bric, sotto la vigna di Merlo. Nei miei ricordi giovanili l'entrata della cava era un piazzale dove «asciugavano» i cantoni, "canton" (erano di 50 cm x 25 cm x 15 cm, con un peso di 32 Kg) utilizzati per la costruzione di case e fabbricati rurali. Poi c'erano le pianelle ("pianeli"), più larghe e alte di molto ma più sottili, con un peso di 45 Kg circa, utilizzate per la costruzione di forni. Un giorno nella scrivania che era di mio padre (e che oggi usa il figlio Alberto) trovai un foglio di contabilità del personale delle cave: in inverno fino a trenta persone. Si facevano due spedizioni speciali al mese via treno dalla stazione di Lavello San Giorgio raggiunta da carri trainati da cavalli o da buoi. C'era anche, questo lo ricorda il cugino Bruno, un «dal produttore al consumatore senza intermediari» nel senso che il contadino dei dintorni che voleva costruirsi la casa o la stalla arrivava con il suo carro a prendersi personalmente il materiale. Oggi l'ingresso è preceduto da una boscaglia in salita, qualcuno ha firmato il tufo sulla destra. Apre il cancello dell'entrata Bruno Monti (che con Franco Angelino rappresenta in questo momento il «ramo Evasio»). Siamo un bel numero grazie anche al gruppo speleologico Teses di Vercelli, guidati da Bavagnoli, che han letto di questa preziosità sul sito degli Amis dla Curma e si sono rivolti ad Annita Rosso Peiretti, l'attivissimo presidente, per organizzare il tour. L'impressione è quella di entrare in una cattedrale a più navate, una cattedrale dedicata a chi ha lavorato qui solo di picozza («pic») in ginocchio sulle gradinate per poi calare il cantone con una carrucola e portarlo fuori su una carriola. Ci sono ancora sul lato destro cantoni da sgrossare; la polvere (picheira) è impalpabile, la porteremo a casa come ricordo, mentre Bruno porta un «pic» «forse dello zio Remo» che i metal detector degli speleologi han scoperto sotto venti centimetri di terra, quasi un tesoro per un futuro museo, una sezione «sul campo» dell'Ecomuseo Pietra da Cantoni di Cella Monte, idea più che valida, il presidente Giuseppe Arditi è il primo a caldeggiarla..... Luigi Angelino FOTO.Il sopralluogo alle cave Angelino che si conclude con il ritrovamento da parte degli speleologi del "pic" del Remo che tiene in mano Bruno Monti (f. Furlan)

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Silvio Morando

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