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Due monferrini in aula per la difesa dello svizzero Schmidheiny: «Polvere all’Eternit? Invisibile!»

Due monferrini in aula martedì, alla 40ª udienza del Processo Eternit, in qualità di testimoni dello svizzero Stephan Schmidheiny, imputato con il belga Louis de Cartier al processo Eternit in corso a Torino Il terzo, un ex lavoratore di Napoli, è stato colpito da una lombosciatalgia e la difesa ha rinunciato definitivamente a proporlo. Altri testimoni che aveva intenzione di citare la difesa sono invece morti, e solo ieri si è scoperto che uno di quelli citati per l’8 marzo non è madrelingua tedesca ma inglese. E però vive in Svizzera da molti anni. Che lingua parla in Svizzera? L’inglese? Comunque per l’8 marzo la cancelleria ha assicurato anche la presenza dell’interprete di lingua anglosassone. I testimoni di ieri Cesare Coppo, 87 anni, all’Eternit ci ha lavorato 40 anni, dalla fine del 1946 al 1986 con mansioni tecniche relative al controllo di qualità e Carlo Opezzo, classe 1942, ex direttore del personale, si sono invece seduti martedì di fronte al tribunale per raccontare la loro verità sull’Eternit della fase svizzera, l’Eternit perfetta, dove la polvere - parola dell’anziano tecnico - «non s’è mai vista». «Come la nebbia di Totò...», ha scherzato il presidente de Tribunale Giuseppe Casalbore. Una testimonianza - quella di Coppo - a tratti lucida, a tratti costellata di «non so», «non ricordo», «scusate, ma alla mia età...». Lucidissimo e nettissimo, scolpito, invece, il ricordo che con il passaggio del testimone dai belgi agli svizzeri tutto è cambiato, con la lavorazione a umido ma soprattutto per la cessazione delle regalie del polverino e degli scarti. Il disastro doloso Un passaggio essenziale per la difesa se si vuole provare a traghettare lo svizzero al sicuro dalla accusa più insidiosa, quella di disastro doloso permanente e - quindi - di dribblare tutte le vertenze che a pioggia ne potrebbero derivare per le decine di morti che ogni anno si verificano ancora oggi proprio a causa del diffuso inquinamento ambientale provocato da Eternit con la dispersione dell’amianto nell’ambiente. La fine della polvere Fine della polvere con gli svizzeri - secondo Coppo che ha vissuto per 30 anni con la famiglia nella palazzina uffici di via Oggero e poi si è trasferito a Frassinello - e che non ha mai voluto fare i controlli perché si era convinto che «il tumore sta lì per 40 anni e non fa niente e poi si sveglia ed esplode...». «Insomma, meglio non stuzzicare il can che dorme...», ha chiosato Casalbore. Fine della polvere - secondo Coppo - anche perché fu introdotto il «ciclo chiuso» e nei tubi l’amianto non veniva più pompato con aria a pressione come prima ma era in depressione, spostato dai camion ai silos e da lì alle tramogge. Ricordi diversi... Tutto diverso dai ricordi degli ex lavoratori, due dei quali intervistati dal nostro giornale lo scorso luglio. Padre Bernardino Zanella, un religioso oggi in missione a Oruro aveva lavorato dal 1974 al 1977, e Lino Rizzo, attualmente in Thailandia dove fa il musicista, tra il 1974 e il 1979. Entrambi - dunque - in pieno periodo Svizzero. Tra le tante cose che hanno ricordato descrivendo un quadro ben diverso, di lotte sindacali e di condizioni di lavoro pessime, il primo aveva sottolineato che spesso le manichette dell’impianto a pressione con cui si pompava l’amianto dentro le tubazioni (altro che depressione!) si rompevano e che la polvere che volava dappertutto. E che l’amianto blu veniva preso con le mani dai sacchi e buttato nelle tramogge. Lino Rizzo invece ha raccontato che l’amianto lo rovesciava con le carriole dentro le tramogge. «La disgrazia di Casale» Fine della polvere - secondo Coppo - ma anche lui l’ha ammesso che «la disgrazia di Casale è stata che in pochi metri quadrati c’erano 12-13 macchine, il soffitto era basso, le macchine tubi erano soffocate...». «E l’ambiente era unico...», ha chiesto Casalbore. «Sì», ha ammesso il tecnico. Coppo ha poi ripreso la rotta e ha evidenziato che gli stabilimenti Eternit erano i migliori del settore cemento-amianto. E che la polvere appunto «non si vedeva...». «E non ha mai visto polvere»? «No, mai vista...». «Sugli abiti, per terra?» «Per terra si puliva...». «E che si pulisce se non c’è polvere?» Anzi l’ENPI aveva addiritttura constatato che c’era più polvere in strada, fuori, che all’interno dello stabilimento. Polvere causata - ha detto Coppo - dalle cementerie... «Nemmeno sulle tute?», gli ha chiesto il Tribunale. «No, mai visto... Certo se uno la tuta la lava dopo un mese...». «Senta, ma lei c’è stato nello stabilimento a Casale?». «Certo, tutti i giorni...». All’Eternit tutti i giorni! O no? Poco dopo però quando il presidente del tribunale ha chiesto se per caso avesse notato «un certo fermento nelle pulizie» in occasione dei controlli dell’ENPI ha detto esattamente il contrario, che dovendo effettuare i controlli di qualità - in particolare in caso di contestazioni - un giorno era in Sicilia, un giorno a Napoli e così via che in stabilimento a Casale c’era di rado: «Un giorno o due la settimana». Giochi di prestigio! Del resto con il sistema introdotto dagli svizzeri «nel giro di qualche mese» (l’altro teste ha parlato di alcuni anni) e che ha fatto scomparire la polvere «il taglio dei sacchi avveniva sotto un forte aspiratore...», ha spiegato Coppo. «E che vuol dire forte aspiratore?», ha chiesto Casalbore. «Che aspirava tutto!» «Anche il contenuto dei sacchi?», ha chiesto il magistrato. Coppo ha ammesso che con gli svizzeri si era cominciato a parlare del mesotelioma. «Me lo disse a pranzo un ingegnere... io lo riferii a un mio superiore che ha annotato e non ha fatto commenti». Nel 1973 fu abolito l’amianto blu e dice di avere per questo pensato al mesotelioma. «Se ci ha pensato è perché lo sapeva.... Se non sapeva che l’amianto poteva procurare il mesotelioma come poteva pensarci?», gli hanno chiesto i magistrati. Coppo: «Non era certo...». E manifesti funebri all’ingresso ne vedeva?, gli ha chiesto il pm Gianfranco Colace. «Era normale morire di tumore, tanti miei parenti e amici sono morti di tumore!». Ma di quali tumori morivano gli ex dipendenti Eternit? Su questo Coppo non ha risposto: «Non lo so....». La cessione del polverino E anche sulla cessione del polverino, stoppata dagli Svizzeri in quanto finiva tutto - ha detto il Coppo - nel mulino Hazemag, non si è capito come mai si annotasse, ancora nel 1979 in un verbale di una riunione dello staff Eternit di «diffidare la ditta Bagna dal vendere il polverino». Ma soprattutto non si capisce perché Eternit - se tutto lo scarto finiva nel mulino Hazemag e da lì negli impasti - dal 1972 al 1983 ha continuato a pagare proprio Bagna perché portasse via materiale di scarto che finiva sulle rive del Po. E con tanto di contratto! E non si capisce neppure come mai lo stesso Bagna - quando era stato sentito al processo - non ha affatto negato di avere ritirato polverino dall’Eternit ma soltanto di averlo venduto a sua volta, affermando che non era adatto perché c’erano dentro altri scarti, sacchi e roba del genere. E se è vero che Bagna ritirava polverino perché - viene da chiedersi - non avrebbero dovuto fare la stessa cosa anche altri?

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Stefania Lingua

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