Continua lo sciopero della fame per il casalese licenziato. Oggi e domani manifesta davanti all'Ipercoop
di Fabrizio Gambolati
"Ho fame, le forze cominciano a mancare. È dura ma continuerò: voglio giustizia". Al terzo giorno di sciopero della fame Fabrizio Minazzi è provato, stanco, ma deciso ad andare fino in fondo. L'eclatante protesta, con tanto di cartello e manifesto funebre, continuerà ad oltranza, fa sapere, finché non otterrà risposte soddisfacenti e la buona uscita di 45mila euro dall'Ipercoop, che l'aveva licenziato mesi fa. "Per ora non si è fatto vivo nessuno", informa amareggiato Minazzi. Lo sciopero della fame era cominciato giovedì mattina davanti al Comune, dove ha stazionato per due giorni. Questa mattina, sabato, si è spostato di fronte alla scuola Leardi, mentre oggi pomeriggio e per tutta la giornata di domani manifesterà proprio davanti all'Ipercoop.
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L'inizio della protesta
Casale Monferrato, giovedì 4 novembre - «In silenzio mi avete picchiato, mobbizzato, licenziato. Ora in silenzio mi lascerò morire». Le frasi, stampate su un cartello, sono drammatiche. E - come se non bastasse - c’è un manifesto da morto già pronto. Fabrizio Minazzi, ex dipendente Ipercoop, da ieri mattina alle 8, ha cominciato lo sciopero della fame a oltranza, rimanendo per tutta la giornata di fronte al Municipio. La sua storia l’avevamo già raccontata in primavera, quando aveva inscenato una protesta simile di fronte al supermercato. «I sindacalisti mi avevano consigliato di non manifestare più affinché la situazione si risolvesse, così avevo lasciato perdere. Nulla però è cambiato e ora faccio anche lo sciopero della fame», dice.
Con la divisa di servizio indosso, ripercorre la sua storia, riportata anche sui volantini che distribuisce ai passanti incuriositi e un po’ attoniti. Durante il litigio con un superiore, secondo la sua versione, sarebbe intervenuta una caporeparto schiaffeggiandolo: «I superiori, dopo aver visto la registrazione, hanno detto che ero stato io a tirare uno schiaffo alla donna, ma non è così». Viene spostato da un reparto all’altro. Sempre più insoddisfatto, sentendosi sminuito e non preso in considerazione, chiede spiegazioni a una caporeparto: anche con lei va a finire in lite e questa volta perde il posto di lavoro. Secondo Minazzi, le prove che lo discolperebbero sono contenute nei video «che però non saltano fuori, non vogliono farli visionare neanche agli avvocati e al giudice. Ho anche una pila di documenti che nessuno, però, vuole vedere. La Coop è una potenza troppo grande e mette a tacere tutti».
La buona uscita che chiede è di 45mila euro, l’Ipercoop è disposta a dargliene 12mila. Ma lui non ci sta e tenta qualsiasi soluzione, appellandosi anche alle Istituzioni: «Mi sono rivolto al Ministero del Lavoro, al sindaco, a chiunque, perfino a Napolitano con una lettera. Tra l’altro è stato l’unico a rispondermi, consigliandomi di andare avanti con gli avvocati, ma non posso perché di soldi non ne ho più e non serve a nulla».
Minazzi si sente abbandonato da tutti, anche dagli amici ed ex colleghi. Per lui non alza un dito nemmeno il Gabibbo: «Ho contattato “Striscia la notizia” ma non gli interesso. Bisogna essere raccomandati anche per avere un aiuto da loro».
Depresso, deluso, arrabbiato, Minazzi non si dà per vinto e ricorre all’unica arma che gli è rimasta: lo sciopero della fame. La sua decisione attira l’attenzione di tutti i passanti. Qualcuno gli offre un croissant, una signora di un negozio vicino gli presta una sedia, tanti esprimono solidarietà. Altri, invece, guardano e ridono.
Abbiamo contattato l’Ipercoop di Casale per una dichiarazione sulla vicenda. Il nuovo direttore, in carica da tre mesi, non conosce la storia e ci ha consigliato di rivolgersi all’ufficio direzione del personale. La responsabile per Casale, però, non era in sede. A maggio ci era stato detto: «Molte e gravi le infrazioni che hanno portato al licenziamento». Nessuna spiegazione, invece, sulle ragioni per le quali non venivano messi a disposizione i filmati.