Salvata al Santo Spirito da una grave forma di malaria
di b.c.
È stata da poco dimessa dal reparto Malattie Infettive dell’ospedale Santo Spirito, diretto dal dottor Guido Chichino, una paziente affetta da una grave forma di malaria con interessamento cerebrale.
La donna, nata in Africa e residente in Italia da diversi anni, era recentemente rientrata a Casale dopo una breve vacanza nel Paese di origine senza aver eseguito la profilassi indicata prima di partire.
La paziente in questione - una donna sulla quarantina - era giunta al DEA-Pronto Soccorso del nostro ospedale a fine luglio in quanto lamentava febbre elevata. Dalla radiografia del torace era da subito risultata una polmonite ma, a seguito della valutazione degli specialisti di Malattie Infettive, erano emersi sintomi e segni neurologici non giustificabili dalla sola polmonite. La paziente veniva pertanto sottoposta ad accertamenti mirati che evidenziavano una forma di malaria molto grave, da Plasmodium falciparum, la cosiddetta terzana maligna.
Il numero dei globuli rossi infettato dal parassita della malaria era elevatissimo e la donna scivolava sempre più in uno stato di torpore cerebrale. Vista la gravità del quadro clinico venivano allertati i centri trasfusionali e rianimatori di riferimento anche in considerazione del fatto che, a causa di altre patologie preesistenti, non era possibile somministrare alla paziente i farmaci antimalarici di ultima generazione, i derivati dell’artemisina, che il reparto casalese ha in dotazione anche se non sono reperibili in Italia.
Gli infettivologi del Santo Spirito hanno dovuto quindi impostare la terapia basandosi sul “vecchio” chinino, grazie al quale la situazione clinica della ricoverata ha iniziato a migliorare fino al favorevole superamento della fase acuta e alla successiva remissione della malattia.
Alla luce dell’episodio, il dottor Chichino coglie l’occasione del felice e fortunato esito di questo caso per ribadire «la necessità di seguire sempre in maniera scrupolosa le indicazioni di vaccinazione e profilassi che il Servizio di Igiene e Sanità Pubblica del Dipartimento di Prevenzione dell’ASL AL fornisce a tutti coloro che si recano in Paesi tropicali». Il primario della divisione di Malattie Infettive spiega che «la malaria è un fenomeno abbastanza comune nella popolazione africana residente in Italia. Quando lavoravo al Policlinico di Pavia ero solito riscontrare alcuni casi di malaria negli studenti universitari di origine africana che rientravano dai parenti per le vacanze o le festività».
Chichino sottolinea che i soggetti europei sono più attenti alle profilassi, «mentre le popolazioni africane, godendo di una sorta di lieve immunità quando vivono in zone endemiche, sono propense a credere di essere immuni al pericolo malarico. Tuttavia, dopo la permanenza al di fuori delle zone di diffusione del parassita, anche loro perdono col tempo questa difesa immunitaria e ritornano esposti al rischio come tutta l’altra popolazione, se si recano nei paesi dove la malaria è endemica».
Rischi di diffusione o di contagio nella nostra zona? Praticamente nulle visto che, come precisa lo stesso infettivologo, «malgrado sia possibile la presenza del particolare tipo di zanzara che funge da veicolo della malattia, non ci sono le condizioni climatiche adatte». Ci potrebbe essere un contagio in caso di trasfusioni con sangue infetto ma le possibilità che questo avvenga sono davvero remote visti i controlli ai quali viene sottoposto il sangue dei donatori.
«Si sono verificati casi di contagio in persone che abitano in zone vicine agli aeroporti o alle industrie che importano legnami dall’estero», aggiunge il dott. Chichino. Si tratta di situazioni in cui l’insetto è stato “introdotto” da turisti italiani che si sono recati all’estero in vacanza o per lavoro e, inconsapevolmente lo hanno trasportato in valigia, oppure le zanzare sono arrivate nel nostro Paese nascoste nella corteccia degli alberi importati per la lavorazione.