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Un piccolo paese del Monferrato casalese incontra la grande Storia

“Un piccolo paese del Monferrato casalese incontra la grande Storia del Novecento: Moncestino. Si staglia sulle rocche sul Po e si affaccia sulla pianura vercellese. La seconda guerra mondiale e l’occupazione tedesca toccarono la sua comunità e imposero a uomini e donne scelte difficili e decisive”. Così scrive nella introduzione Marilena Vittone, curatrice con Maria Teresa Pozzo del libro intitolato “Moncestino e dintorni 1940-1946. Storia e memorie”, pubblicato da Le Mani (Genova 2007), per conto dell’Istituto Storico della Resistenza di Alessandria con il contributo della Provincia di Alessandria e della Fondazione CRal. «Se prendessimo una carta topografica, - si legge poco dopo - capiremmo perché la lotta di liberazione toccò Moncestino e il territorio circostante: si trova in una favorevole posizione, di confine tra la provincia di Alessandria e le altre; domina la pianura del Po, anzi è un “balcone” da cui strategicamente sorvegliare strade e ferrovie sottostanti. In frazione Coggia, vennero collocate le “trincee” della II Brigata della Divisione Monferrato». Una posizione strategica sul Po con piazzola per la mitragliatrice posta sulle rocche a picco sopra la strada provinciale. Poi il ferimento di due “repubblichini” che provocò il feroce rastrellamento alle frazioni Ganoia e Coggia di Moncestino. Era passato poco più di un mese dalla tragica giornata del 9 ottobre 1944 nella quale si era compiuto il terribile eccidio di Villadeati con l’uccisione di una decina di vittime innocenti e del coraggioso don Ernesto Camurati. Il giorno dopo la festa di Sant’Evasio un migliaio di tedeschi, appoggiati dalla divisione repubblichina della Valle d’Ossola, dopo essersi scontrati con alcune formazioni partigiane, raggiunsero Moncestino. Scrive Marilena Vittone: «Lunedì, 13 novembre, avvenne una drammatica vendetta, effettuata coi lanciafiamme, che toccò venti case di Coggia e Ganoia (come si legge dai documenti dell’Archivio comunale). Vide saccheggi e distruzioni di attrezzi agricoli, uccisione di animali domestici e ruberie. “Le abitazioni non erano mai state occupate dalle forze partigiane”, scriveva il comandante Gabriele nel suo rapporto. Poi, tra fumo e fiamme, i soldati nemici si spostarono verso Cantavenna, dove incendiarono più di sessanta case e uccisero dei civili». Ormai si era imposta la strategia delle razzie e i militari avevano impartito ordini per abolire ogni differenza di trattamento tra partigiani e civili inermi, considerando tutta la popolazione responsabile della presenza nel territorio comunale delle bande stesse. Dionigi Roggero Un itinerario partigiano e una casa quasi museo Arriviamo a Moncestino, ai confini della nostra Diocesi, in una bella giornata di sole (venerdì, ndr) dal piazzale del grande Municipio si vede il Po, azzurrissimo, la pianura gialla, la Serra di Ivrea, le montagne dominate dal gruppo del Rosa, poi in un attimo tutto sparisce, in pianura stanno bruciando le stoppie delle risaie e, grazie a un forte vento, si alza l’effetto nebbia... Ci riceve il sindaco Fernando Anselmi, informatico di livello. Via veloci verso la località Coggia: sul piazzale della frazione un monumento semplice ma efficace, ricorda i fatti del 13 novembre 1944 con una bela epigrafe: “Sulle colline del Po il coraggio dei partigiani e la forza degli abitanti superarono l’incendio e la rappresaglia delle forze nazifasciste. Le minacce non spensero l’amore per la libertà della Patria”. Una passeggiata per la via principale del paese ci porta oltre le case fino alle “Rocche” dove ci rendiamo conto che una postazione di mitragliatrice poteva veramente dominare la valle sottostante, con le sue strade importanti per Torino fino al ponte di Verrua, un cartello di legno nascosto nel verde la segnala ma si potrebbe proprio apporre una segnaletica migliore ad hoc. Al ritorno entriamo nel cortile di una delle case. il panorama sull’altra vallata è notevole. Poi scendiamo a San Sebastiano mettiamo a confronto la foto della vecchia scuola (chiusa negli anni Cinquanta) dal libro (riguarda una leva del 1922) con l’edificio odierno, non è cambiato molto. Dal balcone di questo edificio subito dopo il 25 aprile si inneggiò alla Liberazione. Infine attraversiamo il paese fino alla cascina Grillo, era abitata da due sorelle che hanno reso preziosa testimonianza nel nostro volume di memorie. Ultimo stop di tutto altro genere. Alla crociera il Monferrato-Stat, appena conclusa, scendendo alla tappa di Dover, abbiamo conosciuto Giorgio Dugone torinese-moncestinese, e la moglie Maria Giovanna, trinese-crescentinese. Lui fa una professione da artigiano artista di grande livello il tassidermista (dal greco: “mettere in ordine” + “la pelle”), in quanto lo scopo è soprattutto quello di conservare un animale, pellicce o piumaggio compreso. Oggi è il compleanno di Giorgio e con il sindaco andiamo alla sua casa di via Roma (panorama su Gabiano) a farli gli auguri e ne approfittiamo per dare un’occhiata alla sua piccola collezione (da Museo) di animali impagliati (il leopardo lo tiene ancora a Torino, fa un po’ paura all’ingresso, il figlio ha invece un leone). Spiccano grande tecnica e manualità, è di notevole rilievo ad esempio il colorato Frosone (Bec-dur) che spicca il volo da un gruppo di girasoli, poi anatre, beccacce (in posa di frullo) e beccaccini, merli, fagiani.... Teste di animali esotici... Dugone ci fa ancora notare in faciata la meridiana by Tebenghi e il rilievo che effigia San Giorgio e sul retro la bandiera dell’Andalusia acquistata in crociera. Usciamo, dal giardino vicino si leva una preghiera: è il rosario di un gruppo di monache lefefriane che qui han convento. Che dolce commiato per un “Viaggio d’autore”. Luigi Angelino 369- continua- Ultimo pubblicato Vignale (Parco della Rimembranza), in preparazione Castelletto. FOTO: L’edificio che ospitava la scuola, sullo sfondo il circolare San Sebastiano, il luogo che ospitava lapostazione di mitragliatrice e Giorgio Dugone con due suoi esemplari da museo.

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Marco Imarisio

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