Processo Eternit: una commercialista casalese raccoglieva informazioni per conto degli svizzeri
di Massimiliano Francia
«Partecipava a tutte le nostre riunioni e chiedeva insistentemente informazioni spesso lamentandosi perché non le dicevamo abbastanza. Io pensavo che fosse semplicemente petulante... Si può dire petulante?»
«Insistente», ha suggerito il magistrato.
«Insistente... che fosse il suo carattere. Ho saputo tempo dopo che eravamo osservati, spiati».
Bruno Pesce, coordinatore del Comitato Vertenza Amianto, sentito ieri, lunedì, in aula dalla Procura di Torino che ha condotto l’immensa indagine sull’Eternit e sulle migliaia di morti e di malati a causa dell’amianto, ha ricordato così il ruolo e l’atteggiamento della «spia degli svizzeri», attiva presso le associazioni e i sindacati casalesi per raccogliere informazioni e passarle a una società milanese in contatto con Stephan Schmidheiny.
«Come si chiamava?», gli ha chiesto il pm Sara Panelli.
«Maria Cristina Bruno, è una commercialista, una consulente. Siamo stati avvicinati dalla fine degli Anni Ottanta. Scriveva per alcuni giornali locali (non per “Il Monferrato”, ndr) e ci faceva degli interrogatori: a me, a Pondrano, ai nostri legali....».
In una recente udienza la Procura aveva parlato di una «sorta di intelligence per raccogliere informazioni su qualunque fatto o elemento che riguardasse Stephan Schmidheiny».
Un lavoro che veniva svolto da una società di public relation di Milano. Era questa società che aveva rapporti con la Bruno che si era letteralmente «infiltrata» in associazioni e sindacati e che riferiva i contenuti delle riunioni rivelando in anticipo le mosse del Comitato vertenza amianto.
«Ci sono agli atti una serie di relazione che la dottoressa Bruno trasmetteva a chi aveva rapporti con gli svizzeri», ha detto la p.m. «Numerose relazioni riguardano proprio gli aspetti ambientali, l’incidenza del mesotelioma sui cittadini non esposti professionalmente, le prospettive del processo. Ricorda domande della Bruno su questi aspetti»?
«Certamente, ne abbiamo sempre parlato», ha risposto Pesce.
Un po’ nella veste di aderente alla associazione, un po’ in quella di giornalista si informava su tutto - ha spiegato inoltre Pesce al nostro giornale - sulle strategie legali, sul numero delle parti offese, su chi e quanti erano malati e deceduti, sulle riunioni e sulle assemblee. Faceva in modo di incontrare gli avvocati quando venivano a Casale e andava nel loro studio.
«Qualche volta, quando non otteneva - secondo lei - le informazioni che voleva insisteva dicendo: “Ma insomma perché non mi dite niente, guardate che potete fidarvi, io sono dei vostri”...», aggiunge il coordinatore del Comitato Vertenza Amianto.
La domanda del magistrato sulla presenza di informatori dell’Eternit all’interno delle associazioni è stata posta a Pesce dopo che in aula era stato affrontato il tema della bonifica e dopo che la Panelli aveva chiesto a Pesce se l’Eternit avesse mai contribuito in qualche modo.
«Assolutamente no. Non si è mai fatta viva. Anzi, nel 1989 l’AUA - Associazione Utilizzatori Amianto - di cui faceva parte l’Eternit aveva pubblicato un avviso sui giornali “denunciando il tentativo in atto - ha ricordato leggendone il testo - ad opera di alcune parti sociali di voler influire in Parlamento con richieste fortemente penalizzanti l’uso dell’amianto che mettono fortemente a rischio il lavoro di 4000 addetti”»..
Insomma l’Eternit era informata della situazione, compresa la bonifica e l’esposizione dei non lavoratori, oggetto di numerose relazioni - ha messo in evidenza la pm Sara Panelli - trasmesse dalla Bruno alla società in contatto con gli svizzeri. Ma alle bonifiche, vale a dire ad azioni che limitassero concretamente il rischio, non contribuiva.
Maria Cristina Bruno, sentita ieri dopo l’udienza, non ha rilasciato dichiarazioni annunciando che avrebbe fatto conoscere la propria posizione nei prossimi giorni.