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Al Langosco

Mauro Berruto chiude la stagione teatrale estiva con i suoi "Capolavori"

L'intervista all'ex CT della Nazionale Maschile di Pallavolo

Mauro Berruto. Il tecnico e giornalista ci ha raccontato la vicenda delle calciatrici afgane (f. Mattia Bodo)

Questa sera martedì 7 settembre alle 21 (biglietti disponibili su vivaticket.it e agenzia Sassone Viaggi by Stat), la stagione teatrale estiva di Casale Monferrato, ospitata nella cornice del cortile di palazzo Langosco, si chiuderà con il “lecture-show” “Capolavori” (regia di Roberto Tarasco), uno spettacolo lettura che vedrà protagonista Mauro Berruto, a tutti noto come l’ex ct della Nazionale di Pallavolo Maschile (7 medaglie fra le quali quella di bronzo ai Giochi Olimpici di Londra del 2012), ma Berruto è anche “filosofo”, pensatore, giornalista e storyteller...

Ci condurrà in un’indagine appassionata che ci farà scoprire come il gesto dell’allenare non sia esclusivo di chi entra in uno spogliatoio, ma pratica quotidiana per mettere insieme persone, trasformarle in squadre e orientarle verso l’obiettivo. Diego Armando Maradona palleggerà con Michelangelo, Jury Chechi sfiderà Yves Klein, Muhammad Ali e Kostantinos Kavafis comporranno poesie, perché atleti, artisti e poeti fanno parte della stessa squadra: uno spazio in cui ogni individuo può esprimere il proprio talento e costruire il proprio personale capolavoro… L’estate dei “Capolavori” azzurri, ma anche l’estate del dramma afgano. E con Mauro Berruto abbiamo fatto una chiacchierata.

Un percorso teatrale iniziato due anni fa e poi interrotto bruscamente…
«La volontà è quella di riprendere un bel percorso che era stato intrapreso prima della pandemia e ripartire dal Piemonte e da Casale è certamente importante. In due anni di cose ne sono successe e il libro “Capolavori” (add Editore, nda), da cui è tratto il lecture show, impostava argomenti e dinamiche in un certo modo… Lo ammetto sarà una versione aggiornata: dal 2019, anno in cui è uscito il mio libro, a oggi le nostre vite sono cambiate».

La nostra estate: quella azzurra, anzi azzurrissima… e lo sport di base....«“Capolavori” mette insieme suggestioni dal mondo dello sport ma anche pensieri e riflessioni che giungono dal mondo della cultura. È chiaro che arrivando da un’estate pazzesca di successi sportivi, il mondo dello sport sta vivendo il suo momento d’oro. È da tanto tempo che non vedevamo la gente felice, gioiosa per i trionfi dei nostri Campioni: prima gli Europei, poi Olimpiadi e Paralimpiadi. Ci è riapparsa la potenza del mondo dello sport e la sua capacità di emozionare, ma questo non deve distogliere l’attenzione dallo sport di base, un mondo che è andato letteralmente in  ginocchio dopo la pandemia. D’altronde tutti questi successi non sarebbero arrivati se le palestre, gli stadi e i palazzetti non fossero stati frequentati dai nostri campioni. Occorre riannodare i fili di un tessuto che esce stremato da due anni di reale emergenza. Una delle estati più straordinarie per lo sport italiano sia un importante veicolo per riportare l’attenzione sulle esigenze dell’attività di base di ogni disciplina. E poi come racconto nello spettacolo, il “capolavoro”, come il viaggio dell’eroe, nasce sempre da momenti di enorme difficoltà». 

Quale messaggio vorrebbe lasciare agli spettatori in platea questa sera? «Spero di lasciare un’ulteriore emozione, un flusso che si sta prolungando dagli Europei. Dobbiamo tenere una luce accesa. Lo sport è un bene essenziale e quest’estate ce lo ha fatto comprendere fino in fondo. Lo sport è una parte fondamentale delle nostre vite».

Berruto, abbiamo notato, nei giorni scorsi, il suo tweet sul salvataggio delle atlete afgane. Ci può raccontare un estratto della vicenda? «È una storia che in futuro probabilmente diverrà un racconto. Ho passato i dieci giorni più incredibili della mia vita. Ho seguito minuto per minuto la vicenda delle calciatrici e delle cicliste afgane. Da Herat a Kabul, fino all’accesso all’aeroporto. Una triangolazione di messaggi e fotografie per farle riconoscere, gli audio con le mitragliate dei talebani. Sono state unite a un gruppo di cooperanti per il viaggio e la sorte le ha premiate con l’arrivo in aeroporto quattro ore prima del terribile attentato… Sono molto felice per loro, perché è già iniziato un percorso di “rinascita” dopo la quarantena trascorsa alla base militare di Avezzano. Rimaniamo in contatto con altre persone che sono rimaste in Afghanistan e che non sono riuscite a fuggire, ma anzi si stanno nascondendo dai talebani. Al momento non si esce dal Paese con i voli, ma con viaggi su gomma. Una storia nella storia che mi ha catturato 24 ore su 24… Al momento, non ho ancora un’idea narrativa precisa su come raccontare questa vicenda umana, ma il punto che ha accomunato tutte le parti che hanno operato, è stato l’obiettivo di salvare la vita di queste ragazze».


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