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Alle urne

Domenica 11 novembre Lu e Cuccaro al voto per la fusione

Le ragioni del sì e le ragioni del no

Domenica sarà la giornata decisiva per Lu e Cuccaro: saranno un unico Comune o rimarranno due comuni diversi. Sarà questa, infatti, la domanda alla quale dovranno rispondere i cittadini dei due paesi che si recheranno alle urne per esprimere la loro opinione sul progetto di fusione. I seggi saranno allestiti in entrambi i palazzi comunali e saranno aperti dalle 7 alle 23: a Lu presso il municipio in via Colli 5, mentre per i cittadini di Cuccaro Monferrato presso il municipio in via Roma 86.

La proposta di fusione e creazione del nuovo comune di Lu e Cuccaro Monferrato nacque dalla proposta dei sindaci dei due comuni, Michele F. Fontefrancesco e Fabio Bellinaso. Venne poi sottoposta all’iter di approvazione da parte dei due consigli comunali (l’approvazione fu all’unanimità nel caso luese, mentre a Cuccaro molto forte è l’opposizione della minoranza), dalla Provincia e, infine, dalla Regione che ha, come ultimo atto, indetto il referendum.

In caso di vittoria del sì, i due consigli comunali verrebbero sciolti il prossimo 31 dicembre e al loro posto, fino al 26 maggio, data di nuove elezioni, il nuovo comune “Lu-Cuccaro” verrebbe governato da un commissario indicato dalla Prefettura, supportato dai due ormai ex-sindaci. Con le amministrative del 26 maggio verrebbe poi eletto il nuovo sindaco e il nuovo consiglio comunale. Rimarrebbero attive le due sedi comunali offrendo un presidio e la garanzia di servizi per entrambi i due borghi.

Ecco le ragioni del “sì” e quelle del “no”.

Tra i principali sostenitori del “sì” c’è Michele Filippo Fontefrancesco, sindaco di Lu. «La domanda non è se si vuole fondere due comuni – dice al “Monferrato” – ma se si vuole vivere in un comune più grande, più forte e più efficiente di quelli in cui già viviamo. Con l’Amministrazione di Cuccaro abbiamo voluto porre questa domanda ai nostri cittadini perché, noi più di loro, conosciamo le difficoltà che vivono i nostri comuni e ci siamo resi conto che solo attraverso quest’azione possiamo veramente rilanciare il nostro territorio. Sono cinquant’anni che i nostri comuni lavorano assieme, progettano assieme, condividono assieme servizi e progettualità. Siamo comuni del Monferrato, siamo comuni dell’ASL di Alessandria, siamo comuni dell’ATO 5 e del Consorzio di Smaltimento dei Rifiuti di Alessandria: siamo già di fatto due enti che condividono tutto. Con la fusione con la fusione si migliorano i servizi e si tagliano costi inutili, si tagliano le tasse alle nostre famiglie, si rendono più efficienti i servizi al cittadino, arrivano contributi straordinari dallo Stato e dalla Regione, si fanno nuovi investimenti su strade, edifici e strutture comunali. Si dà un aiuto vero alle nostre comunità. La fusione dà un’ opportunità unica a Lu e a Cuccaro: non cancella i nostri paesi, la loro storia, non cambia il nome delle vie, non chiude uffici, Pro Loco o negozi, non toglie contributi all’agricoltura, non complica le pratiche legate alle nostre proprietà, non obbliga al cambio dei documenti. In altre parole, la fusione non ha effetti negativi sulle nostre vite: avremo un’unica amministrazione comunale, quello sì, ma è meglio avere un sindaco per ogni cantone oppure avere più investimenti e servizi? Credo che il ruolo di un’Amministrazione comunale sia quella di credere nella propria comunità ed impegnarsi a costruire le occasioni più propizie per creare futuro per essa. Il nostro futuro è chiaro non può essere uguale al nostro passato, come non sono uguali le condizioni in cui viviamo a quelle che vissero i nostri avi. Però fondere due comuni non vuol dire perdere e il senso della terra, della comunità che loro ci hanno consegnato: anzi è guardare dare a noi, ai nostri figli, ai nostri nipoti e anche a chi verrà. Impegniamoci a costruire un futuro migliore. Si inizia con un sì».

Sette ragioni per dire no, invece, sono quelle offerte dal Comitato contrario alla fusione. «No perché la fusione è stata imposta ed è una strada a senso unico: la fusione tra comuni è un processo irreversibile, una volta fatta sarà impossibile tornare indietro, un passo così importante doveva essere valutato con la massima attenzione. No perché la fusione non è obbligatoria: non è vero che presto la fusione tra piccoli Comuni diventerà obbligatoria, la Costituzione Italiana, all’art. 5, recita l’esatto opposto: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo”. No perché i contributi non sono garantiti: i 3 milioni di euro di contributi in 10 anni promessi dai nostri sindaci non sono assolutamente certi, ma saranno in funzione delle disponibilità degli Enti erogatori e con i tempi che corrono e la crisi che c’è ci saranno tali disponibilità? Come mai tra i 1.200 comuni del Piemonte solo pochissimi hanno aderito a questo progetto? Se fosse così conveniente non dovrebbero approfittare tutti di questa “imperdibile opportunità”? No perché la fusione non era prevista nel programma elettorale dei nostri attuali amministratori: come mai nel programma elettorale del 2014 i nostri sindaci non facevano nemmeno cenno a una futura fusione? Eppure questi fatidici contributi c’erano già allora. No perché l’Italia è il paese dei piccoli Comuni: nella Provincia di Alessandria ce ne sono ben 35 con popolazione inferiore a quella di Cuccaro, tuttora autonomi, che gestiscono in modo efficiente i servizi alla popolazione grazie ad amministratori oculati e efficienti. No perché perdere identità vuol dire perdere dignità: un conto è unire i servizi per ottimizzarli e un contro è togliere la capacità amministrativa di decidere e gestire il proprio destino. No perché la fusione costa: unire due paesi significa trasferire tutti i dati di qualsiasi genere (contabile, amministrativo, catastale, ecc.) dei vecchi enti nel nuovo, un processo complesso e costoso». Per queste ragioni, conclude il Comitato appellandosi ai cittadini luesi e cuccaresi, «non lasciate che ci impongano decisioni non condivise che cambieranno la storia dei paesi in cui viviamo».


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Marco Imarisio

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