Tremila vittime dell'amianto? Per i padroni dell'Eternit non sono il punto
di Massimiliano Francia
Assoluzione e difetto di competenza territoriale.
Sono queste le questioni di fondo su cui si basa la difesa dello svizzero Stephan Schmidheiny e del barone belga Jean Louis Cartier de la Marchienne, indagati dalla Procura di Torino per le migliaia di vittime causate dall’amianto.
Morti che - secondo le parti lese - sono proprio il frutto delle decisioni assunte dagli indagati quando furono a capo dell’Eternit, che hanno provocato la dispersione di amianto nell’ambiente, che continua a causare un rischio per la popolazione perché da allora nulla è stato fatto per limitare l’esposizione.
Assoluzione... perché?
Quindi perché l’assoluzione?
La tesi della difesa è che il reato non sono le vittime; non contano dunque le migliaia di persone che sono state uccise dalla fibra killer e che continueranno ad esserlo - probabilmente per decenni - a causa del fatto che alcune persone hanno deciso di utilizzare l’amianto pur essendo noto che era cancerogeno.
Il reato - sostengono gli avvocati della difesa di Schmidheiny e Cartier - sono le decisioni in sé, decisioni che sono state assunte oltre 20 anni fa e che oggi sono pertanto cadute in prescrizione.
Analogo discorso per la competenza territoriale.
E se il reato non sono i morti ma le decisioni allora queste sono state assunte a Genova, dove Eternit aveva la sede centrale italiana, e non a Torino e la Procura competente sarebbe quella della città ligure.
«La difesa degli indagati - spiega Sergio Bonetto, del pool di avvocati che tutela le parti lese nel megaprocesso - sostiene che ciò che si imputa non è avere fatto materialmente cose in determinati luoghi, ma di avere assunto decisioni che hanno poi avuto determinati effetti; e queste decisioni sono state assunte a Genova e quindi la competenza è del Tribunale di Genova».
Il mastino Guariniello
Ma agli occhi di molti lo spostamento dell’eventuale processo a Genova potrebbe anche essere un modo per scrollarsi di dosso il magistrato torinese Raffaele Guariniello, un vero e proprio mastino che ha condotto una inchiesta preliminare estremamente articolata, con una documentazione amplissima partendo dalla morte di alcuni ex operai italiani che avevano lavorato in svizzera, negli stabilimenti di Niederurnen, di proprietà della famiglia Schmidheiny.
Ma la partita è tutta da giocare e il pool degli avvocati delle parti lese si riunirà domani proprio nello studio del professor Davide Petrini, docente di Diritto penale del lavoro all’Università di Torino in via Alfieri 19.
Scopo della riunione valutare la strategia da seguire in vista della prossima udienza del 22 giugno, quando prenderanno la parola - appunto - la Procura di Torino e le parti lese, per ribattere alle tesi della difesa degli indagati, che sperano appunto di evitare persino che sia istruito il processo.
Le associazioni
Le associazioni sono in assoluto disaccordo sull’ipotesi del trasferimento a Genova: «Bisognerebbe ricominciare tutto da capo e significherebbe di fatto stroncare il processo».
Il tentativo - dicono Bruno Pesce, Nicola Pondrano e Roamana Blasotti Pavesi - è di «evitare che la giustizia faccia il suo corso, accertando i fatti e valutandoli in modo da rendere giustizia alle vittime: invece la verità - vale a dire 3000 vittime tra ammalati e morti - deve emergere, come le condizioni spaventose e le testimonianze che dimostrano che ancora nel 1978 importanti esponenti dell’Eternit affermavano pubblicamente che l’amianto blu non è cancerogeno anche se già a quel tempo era una bestemmia in chiesa.
«Ma siamo certi che una tragedia di questa portata non possa essere mistificata, se no ci sarebbe da chiedersi in che mondo viviamo. Siamo più che sicuri che il processo andrà avanti...».