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Ucciso in cinque mesi. Faceva footing vicino agli stabilimenti Eternit

«Alla fine degli Anni Ottanta molto spesso veniva scritto sul certificato di morte "arresto cardiocircolatorio". Ricordo che chiesi con determinazione che sul certificato di morte di mio fratello fosse precisato «in paziente affetto da mesotelioma pleurico». Italo Busto, 49 anni, (nella foto) sentito ieri nel corso del processo amianto, ha evidenziato la sottovalutazione - soprattutto in quell’epoca - della strage causata dall’amianto, che oggi è una tragica evidenza. La morte del fratello Piercarlo, avvenuta a soli 33 anni nel 1988, fu un dolorosissimo lutto familiare ma anche un «ceffone» a una società che si scoprì amaramente esposta a un rischio che non riguardava solo una parte ma l’intera popolazione casalese. Busto non aveva mai messo piede nella «fabbrica della morte» di via Oggero, faceva l’impiegato in banca a Morano e Mirabello e nessun altro in famiglia aveva mai lavorato all’Eternit. Quindi non aveva respirato il nebbione che si creava in fabbrica quando si intasavano i filtri, non aveva abbracciato il papà quando rientrava dal lavoro con la tuta piena di polvere. No, era l’amianto dell’Eternit che l’aveva raggiunto mentre camminava, rideva, faceva sport per le vie di Casale. Una via qualunque... tutte, perché le fibre erano ovunque. «I camion carichi d’amianto - ha ricordato Italo ieri in udienza - passavano nei pressi di casa nostra». In più Piercarlo che era uno sportivo andava spesso a correre al Ronzone. Sul manifesto funebre la famiglia fece scrivere: «L’inquinamento da amianto ha tolto all’affetto dei suoi cari Piercarlo Busto». Il mesotelioma gli fu diagnosticato da un medico di Pavia in «modo molto brutale», come un fatto scontato per il solo fatto di provenire da Casale (dove avevano pensato a una pleurite). Lo uccise in soli cinque mesi. Di lì partì l’impegno di Italo nella Associazione italiana esposti amianto, i contatti con le altre associazioni - soprattutto Francia e Inghilterra - la raccolta di firme (15mila in soli tre mesi) per chiedere la messa al bando dell’amianto, obiettivo che fu raggiunto nel 1992.

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Maura Foltran

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