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Il bassorilievo di Guido Capra in ricordo dei profughi della guerra

Non mancano nelle cronache quotidiane le notizie relative ai profughi e alle loro tristi storie di fatica, di dolore e talvolta di morte. Una riflessione che parte dall’attualità per ricordare storie di cui è stata protagonista la nostra città cento anni fa. Basta soffermarsi per un attimo davanti alla lapide di marmo murata nel porticato a destra dell’androne del palazzo Gozzani di San Giorgio, dal 1885 sede municipale, per leggere queste grate espressioni: “Quando la vittoria di Dio / coronò / il diritto ed il valore italico / i profughi dalle Venezie / vollero qui consacrato / il ricordo riconoscente / della fraterna ospitalità / casalese / che portavano in cuore / ritornando / ai focolari abbandonati”. Nella parte alta il bassorilievo dello scultore casalese Guido Capra raffigura una madre con il figlioletto. Potrebbe essere il ricordo del commovente episodio della profuga trentina con un bimbo in braccio che si precipitò nella lunga fila dei prigionieri austriaci, provenienti dalle “prigioni” della Testa di Ponte e diretti per il bagno settimanale alla Caserma “Carlo Alberto” del Genio, per abbracciare finalmente il marito. La lapide era stata inaugurata nel pomeriggio del 29 dicembre 1918, come ricordava “Il Monferrato”, alla presenza di tutte le autorità e delle associazioni cittadine che avevano collaborato. Il giorno stesso, infatti, era stato emanato il decreto reale che poneva fine, a partire dal 1° gennaio del nuovo anno, allo stato di guerra nelle province interne al regno, anche se per motivi burocratici il rimpatrio delle famiglie profughe con donne, vecchi e bambini tardò diversi mesi. Fin dal mese di giugno 1916 il sindaco di Casale Enrico Tavallini aveva annunciato l’arrivo di 300 profughi “dai paesi dove tuona il cannone”, invitando i concittadini ad accoglierli essendo “italiani, fratelli nostri che una raffica spaventevole di piombo nemico ha sradicato violentemente dai loro casolari”. I primi profughi, per la maggior parte goriziani, con qualche triestino, erano giunti in treno da Alessandria il 13 settembre 1916, seguiti una settimana dopo da sloveni provenienti da Palermo, dove erano giunti un anno prima. Tutti furono ospitati in via Lanza nel palazzo del conte Lovera di Maria, di fronte a quello della Misericordia. Molti di loro furono poi inviati nei comuni del nostro circondario per una occupazione nel settore agricolo. L’esodo era stato determinato dalla lunga e sanguinosa battaglia degli Altipiani, più nota come la “spedizione punitiva”, che si combatté nei mesi di maggio e giugno 1916 con la perdita nei due eserciti di oltre 200 mila uomini. Una seconda ondata di profughi giunse a Casale in seguito alla disfatta di Caporetto nell’ottobre 1917 e ancora una volta la città intera si mobilitò per accogliere e assistere le persone presso il Collegio Trevisio, nelle scuole di Piazza Castello, al Ricovero e alla Misericordia, mentre la Croce Rossa e la Croce Verde cercava di fornire a tutti cibo, vestiario, assistenza medica e formazione scolastica.

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Monica Triglia

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