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Trino, la moschea abbatte le barriere: si pregherà insieme

Buone notizie per la moschea di Trino, una delle più frequentate del Piemonte Orientale, situata dal 2013 in un’ex magazzino di via Monte Santo. L’immobile, di proprietà dell’associazione Al Ferdaouus, utilizzato come luogo di culto, non era mai stato messo in regola, in quanto mancava il cambio della destinazione d’uso, da industriale a luogo di culto. In buona sostanza mancavano i permessi, con le donne costrette a pregare in un locale senza finestre, ricavato al fondo dello stanzone tirando su tre muri e isolato da tutto il resto.

Della questione si è subito interessata la nuova Giunta comunale che, con la mediazione del vice sindaco Roberto Rosso, ha proposto all’imam locale Omar Ali, egiziano di 35 anni, una sorta di baratto. «Io vi rilascio tutte le autorizzazioni per l’agibilità della moschea, voi in cambio vi uniformate all’articolo 3 della nostra Costituzione, quello che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua eccetera. Quindi, per favore, abbattete quei tre muri e in cambio avrete l’agibilità».

Inizialmente la cosa non è stata vista di buon occhio dalla comunità islamica di Trino, che conta 650 cittadini di nazionalità marocchina, poi Rosso ha contattato Izzedin Elzir, l’imam di Firenze che da sette anni è presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche Italiane, chiedendogli cosa ne pensasse. «La sua risposta positiva ha avuto un certo peso negli ambienti più moderati della comunità musulmana di Trino e la trattativa è andata in porto» ha detto Rosso, tant’è che nei giorni scorsi è stata istruita la pratica in Comune e muro verrà abbattuto entro la fine di agosto. E la moschea di Trino diventerà la prima in Italia senza spazi separati che divideranno uomini e donne, con buona pace di tutti.

«Tutti sono uguali di fronte alla legge e in questo caso c’era una situazione di evidente disagio per le donne musulmane» commenta il sindaco Daniele Pane. «Le pressioni ci sono e ci saranno, ma intanto abbiamo dato il via ad un iter burocratico amministrativo e al tempo stesso di integrazione che passa anche attraverso questo atto di rispetto verso le donne. Riteniamo che questo possa essere un esempio anche per altre realtà, al tempo stesso avremo un livello di sicurezza maggiore, per chi gestisce il territorio e per chi frequenta la moschea. Credo che questo sia il modo migliore per fare vera integrazione, non con le magliette colorate, ma cercando di comprendere le religioni e le leggi del Paese in cui si vive e si cresce».


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