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"I prigionieri dell'Eternit". Due i campi di lavoro nello stabilimento di Berlino

Ci sarà anche il servizio legale dei sindacati tedeschi a fianco del Comitato Vertenza Amianto nella controversia che oppone le vittime dell'amianto a coloro che si ipotizza possano essere i responsabili delle troppe morti causate dalla fibra killer. È questo il risultato più significativo della partecipazione della delegazione casalese all'incontro dal titolo «Eternit e lavori forzati» promosso nell'ambito della «5a settimana internazionale dei diritti umani» e svoltosi nei giorni scorsi al museo Neukölln di Berlino. Vi hanno preso parte anche Bruno Pesce, coordinatore del Comitato vertenza amianto, l'avvocato del Comitato Sergio Bonetto, il segretario della Camera del lavoro di Casale Nicola Pondrano e una delegazione della Cgil regionale. Incontro dove è anche stato presentato il libro «Le bugie dell'amianto», scritto da Maria Roselli (nella foto), una giornalista freelance di origine italiana che vive a Zurigo e che da anni si occupa di amianto. Nel 1929 - a Berlino la famiglia Schmidheiny insieme ad altre, tra cui la belga Emsens – spiega la giornalista nel suo libro - «costituiscono un cartello con lo scopo di controllare i prezzi dei prodotti, svolgere ricerca in comune, condividere l'importazione dell'amianto da altri Paesi». Aprono una unità produttiva in Germania acquisendo la licenza di un altro stabilimento Eternit, che però si chiamerà «Azienda cemento-amianto tedesca» (DAZAG). Con l'avvento di Hitler e la ripresa economica la produzione va a gonfie vele. «Dalle ricerche che ho svolto – spiega la Roselli – ho appurato che durante la seconda guerra mondiale la proprietà rimase la stessa e tramite verifiche sull'Eternit Svizzera ho visto che nel cda di quello stabilimento vi erano allora due membri della famiglia Schmidheiny, Max ed Ernest». La forte produzione rese così necessario il reperimento di manodopera e, come avveniva abitualmente in molte aziende della Germania, in quel periodo si fece ricorso ai «lavoratori coatti; visto che gli uomini erano in guerra si utilizzavano persone deportate dai territori occupati», spiega la Roselli. «Poi con l'aiuto di storici e di un medico tedesco sono riuscita a trovare una donna bielorussa che, nel novembre 1942, era stata deportata in Germania». Inizialmente la donna aveva lavorato in un fabbrica dove si producevano uniformi, poi finì all'Eternit, dove rimase per tre anni. All'interno degli stabilimenti – spiega la giornalista – c'erano due lager, uno conosciuto e documentato, l'altro meno, quello dove appunto visse che la donna. Lager creato per volontà di un gruppo di imprenditori (tra i quali Eternit) e che veniva usato appunto per «ospitare» la manodopera. E proprio nel museo Neukölln di Berlino la giornalista ha ritrovato i piani di costruzione e la richiesta dell'Eternit per edificare le baracche del secondo lager. La testimone di questa brutta vicenda, che ora è ovviamente molto anziana e vive a Riga, la scorsa estate è tornata con la Roselli a Berlino, ha visitato gli stabilimenti ormai deserti e ha riconosciuto i luoghi dove aveva trascorso tre anni terribili. «Non potevano mai uscire dal campo, non sapeva nulla della famiglia, lavorava dal mattino a notte tarda. Erano trattati come prigionieri: pochissimo cibo a disposizione e lavoro in ogni caso, anche se erano malati. «In tre anni ha potuto uscire dal campo solo per una giornata grazie all'interessamento di una donna tedesca. E quasi per beffa al rientro in Russia ha trovato altri problemi e nuove ostilità, in quanto i deportati venivano considerati collaboratori del regime tedesco, ed ha pertanto dovuto trasferirsi in Lettonia», dice la Roselli. «Le bugie dell'amianto», edito da una casa editrice di Zurigo sta per essere tradotto in francese e forse, anche in italiano. All'incontro a Berlino – ricorda infine Bruno Pesce - ha preso parte anche Wolfgang Apictsh, presidente della associazione di legali che operano per le organizzazioni sindacali tedesche che ha garantito la propria disponibilità a partecipare al coordinamento legale che dovrà affrontare la complessa vertenza contro l'Eternit. «Chiederemo a tutti i partecipanti al collegio, vale a dire ai nostri avvocati, naturalmente, così come ai legali francesi, svizzeri, belgi, olandese e ora anche tedeschi, di promuovere un coordinamento entro fine gennaio 2008», conclude Bruno Pesce.

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