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Lo scrittore e la bambina

“Timido, introverso ed impacciato” lo descriveva chi lo aveva conosciuto, “curioso, disperato e attento” lo definivano gli abitanti di Serralunga di Crea e “solo, silenzioso, e serio” se lo ricorda l’allora bambina Silvia Balbo. Siamo negli anni ‘43/’45 ai piedi del Sacro Monte di Crea e, più precisamente, a casa della maestra Sini dove, da settimane, è ospite un uomo di nero vestito che fuma la pipa e si cela dietro a cappello e mantello che gli coprono il volto. Si chiama professor Deambrogio, scrive, legge, passeggia in solitudine, da lezioni al Collegio Trevisio di Casale e, nella bella stagione, fa il bagno nel torrente Stura asciugandosi al sole. Un uomo indubbiamente misterioso, di cui molto si parla, ma con cui mai si parla. Ma chi è il professor Deambrogio? Sotto mentite spoglie si scoprirà, più avanti, che si nascondeva Cesare Pavese, lo scrittore di Santo Stefano Belbo, il romanziere intellettuale tormentato dalla “paura di vivere” e dal “vizio assurdo”. Una versione inedita di Pavese, ovvero quella visione che non si legge nei libri di scuola o si scarica da internet, è stata appassionatamente rievocata in occasione del Salotto Culturale di lunedì scorso a Palazzo Tornielli, dalla maestra Balbo che, all’età di 7 anni, era solita frequentare la casa della maestra Sini e che, in quei frangenti, ebbe più volte l’occasione di incontrare e di stabilire un contatto con Pavese. “Ne avevo tanta paura” ha ripetuto più volte, nel suo racconto, l’allora bambina che, dello scrittore, ne conserva ancora vivi e vividi i ricordi. “Una volta mi prese la mano all’improvviso ... mi spaventai a morte, ma lui sorrise e mi disse parole gentili. Pensai che forse non era così pauroso. Più tardi capii che Pavese fu sempre troppo severo ed esigente con sé stesso, così come era solito dire di lui il parroco di Castellazzo”. Lo scrittore instaurò un rapporto di amicizia con il sacerdote di Castellazzo tanto da donargli 5.000 lire (offerta per la chiesa), così come emerge nell’ultima lettera scritta alla sorella Maria il 17 agosto del 1950, dieci giorni prima di dare compimento al “vizio assurdo”, quale fu il gesto suicida che concluse la sua breve vita. “Se visse una propria spiritualità durante il soggiorno a Crea è difficile a dirsi”, ha commentato la Balbo, essendo dibattuti i giudizi tra le dichiarazioni di chi mai lo vide mettere piede nella Basilica mariana e chi, come il Conte Carlo Grillo, giurò di averlo visto entrarvi. “Tuttavia Crea rappresentava un punto di riferimento importante per lui” ha continuato l’ex maestra, “tanto che vi si recava regolarmente a piedi seguendo due vie diverse che attraversavano il bosco”. All’infanzia difficile, furono noti gli amori delusi di Pavese che si aggiunsero: dalla ballerina che lo fece ammalare di pleurite, alla donna dalla voce rauca quale fu Tina Pizzaro, per proseguire con Fernanda Pivano che per due volte rifiutò la sua proposta di matrimonio, ma gli rimase amica, fino all’attrice Costance Dowling a cui dedicò “Arriverà la morte e avrà i tuoi occhi”. A Serralunga di Crea una giovane donna si era invaghita di Pavese e lo aveva definito, ricorda la Balbo, “fine, abbastanza bello, ma troppo serio”; tuttavia mai ebbe modo di rivolgergli la parola. Per la Balbo, così come per molta critica, a Pavese mancò molto avere una famiglia tutta sua. E’ stato detto che, “forse, soltanto l’amore di una donna gli avrebbe potuto salvare la vita”. “E’ vero se si dà all’amore per una donna un significato più profondo: non ci si uccide per amore di una donna; ci si uccide perché un amore, qualunque amore, ci rivela nella nostra nudità, miseria, infermità e nulla”. Dello scrittore l’allora bambina ricorda anche che gli piaceva mangiare pane e salame e le mele cotogne crude e che interrogava i giovani contadini per avere notizie sulla guerra. “Negli anni a seguire” ha concluso l’allora bambina, “rimasi molto impressionata dal gesto suicida di Pavese, ma proprio per questo non mi fu mai concesso di leggere i suoi libri. Solo da adolescente mi venne concesso”. La figura di Pavese entrò fortemente nella vita di Silvia, la quale, in occasione del centenario dalla nascita (2008), ha iniziato a scrivere una relazione sui suoi incontri con il professor “Deambrogio”, le impressioni e le abitudini. Relazione che l’ha portata a parlarne davanti a studenti di scuole superiori e studenti universitari, mentre continua a curare con passione, a livello locale, diverse iniziative con i bambini della Scuola Primaria, legate alla letteratura oltre che a curare con dedizione, l’attività della Biblioteca in paese dedicata allo scrittore “misterioso”.

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Roberto De Alessi

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