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«Prevenzione Eternit? Non per i tumori». Lo ha detto a Torino un tecnico del Centro Amianto di Neuss

Eternit non ha mai fatto una reale prevenzione sul rischio tumore. Sapeva che questo rischio esisteva e autoimponendosi il limite di 2 fibre/cm3 (che significa ben duemila fibre/litro!) voleva contenere il rischio di asbestosi, ma era al tempo stesso consapevole che tale misura serviva a minimizzare, ma non eliminava il rischio di tumore al polmone. Lo ha affermato Ulrich Taichert, il tecnico del centro amianto di Neuss che lavorava per le imprese del settore amianto di Germania, Svizzera e Austria, compresi tutti gli stabilimenti Eternit d’Italia e del mondo. Pupillo del dottor Robock e citato dalla difesa dello svizzero Stephan Schmidheiny imputato con il belga Louis de Cartier di disastro doloso permanente e omissione dolosa di misure antifortunistiche, Taichert è volato due volte da Dusseldorf, dove vive, a Torino per spiegare modalità e tecniche elaborate dall’istituto stesso sulla base delle conoscenze dell’epoca. La linea difensiva sembrava a questo punto piuttosto ben tracciata: la dotazione delle migliori strumentazioni tecniche disponibili in quegli anni per le misurazioni delle polveri, la contraddittorietà delle conoscenze scientifiche rispetto alla possibilità che l’amianto potesse causare tumori, la buona fede e l’autoregolamentazione di Eternit in fatto di limiti massimi su polverosità e fibre nella convinzione che non solo l’asbestosi ma anche la formazione di tumori potessero essere scongiurati. La deposizione di Taichert alla vigilia sembrava dunque solo l’ultimo tassello da incastrare, una dettagliata illustrazione tecnica che attraverso le parole di un operatore del centro di Neuss avrebbe dimostrato un aspetto importante dell’assioma della difesa. Ma Taichert dopo due ore di soporifera relazione tecnica, a fronte delle domande dei magistrati e degli avvocati che patrocinano nella «Maxiaula 1» le vittime dell’Eternit, ha comincito a traballare di fronte alle domande serrate della pm Sara Panelli che gli ha letto degli appunti di un partecipante a un convegno di Neuss del dicembre 1976 tenuto dallo stesso Taichert in cui si diceva esplicitamente «che il limite di 0,5 fibre/cm3 proposto dall’OSHA non è stata accettato perché l’industria dell’amianto ha risposto che non potrebbe adeguarsi e sarebbe obbligata a chiudere». E così ha cominciato a comporsi chiaramente il quadro di quegli anni. A metà anni Settanta - e precisamente nel 1997 in seguito al convegno di Neuss del 1976 in cui si era cominciato ad affrontare la questione polveri e fibre d’amianto - Eternit aveva adottato il limite massimo di 2 fibre/cm3, contro alle 0,5 di OSHA (Occupational Safety and Health Administration) e alle 0,2 che il Niosch (The National Institute for Occupational Safety and Health) aveva proposto nel 1975, dichiarando eplicitamente che tale limite proteggeva dall’asbestosi ma non dai tumori. Cosa già esplicitata in una monografia dello IARC (International Agency for Research on Cancer, una costola dell’OMS) nel 1973, ha fatto presente l’avvocato Laura Mara, e denunciata da Irving Selikoff un decennio prima, nel 1964. Le domande di Casalbore Fino alla stretta finale delle domande finale del presidente del Tribunale Giuseppe Casalbore, mirate al nocciolo della questione: «Ci ha detto che queste misurazioni non venivano effettuate con riferimento al mesotelioma, è così?». Risposta: «Giusto». Domanda: «E al tumore al polmone?» Risposta: «Si riteneva che il rischio di asbestosi venisse completamente escluso con 2 fb/cm3 e che il rischio di tumore al polmone sarebbe stato minimizzato». Domanda: «Era mirato a evitare il tumore al polmone? Si o no?» Risposta: «Era orientato a minimizzare, ma non a escluderlo totalmente». Una scelta che il teste della difesa di Schmidheiny ha definito «politica, ed effettuata dagli scienziati tedeschi...». E ancora la domanda del magistrato: «Come mai c’era la preoccupazione di andare al di sotto se già si escludeva l’asbestosi con quel limite?» Una volta di più la risposta è stata inequivocabile: «Per il rischio residuo del tumore polmonare....». Del mesotelioma Taichert ha detto di avere appreso più tari, verso il 1980. Strano visto che Otmar Wey, direttore tecnico di Eternit Italia solo una settimana fa aveva affermato di essere rimasto schoccato dal convegno di Neuss, proprio per le notizie apprese sulle patologie (tutte!) causate dall’amianto e di avere per questo persino smesso di fumare. Convegno al quale nel 1976 partecipò lo stesso Taichert. Si sarà distratto? Il ruolo di de Cartier Sul fronte belga i due testimoni citati dalla difesa dell’altro imputato, il barone Louis de Cartier hanno teso a minimizzarne il ruolo. Francis Godichal, classe 1930, residente a Waterloo, ha lavorato come amministrativo nella Compagnia Finanziaria Eternit Belgio e ha ricordato che il ruolo del barone era scarsamente significativo: il vero boss sarebbe stato Andrée Emsens, di cui de Cartier era genero. «Condividevano la stessa segretaria e non era amministratore delegato, ma solo amministratore», ha detto. In realtà dai documenti è emerso chiaramente che aveva assunto il ruolo di ad dal 27 giugno 1966 e di presidente del 1971. Marginale poi, ha affermato il testimone, il ruolo della compagnia di de Cartier soprattutto in Italia, da cui non provenivano utili! Curioso che gli stabilimenti Eternit in Italia abbiano prodotto e seminato inquinamento e morte per 80 anni e - stando a quanto si è sentito in aula - nessuno ci abbia mai guadagnato un soldo. Anche il secondo teste Luc Willame, di Bruxelles, è stato in Eternit dal 1965 al 1982, divenendo direttore finanziario dal 1975 e anche lui ha ridimensionato l’importanza della Compagnia, poi holding Lunedì prossimo pausa di una settimana poi, il 28, esaurita l’istruttoria a richiesta si passerà all’esame degli ultimi testi: Angelo Mancini, medico, ex direttore del Servizio prevenzione dell’ASL di Casale (richiesto dalla Procura) e Carla Coggiola, responsabile del settore Ambiente del Comune di Casale (indicato dalla parti civili).

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