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Artista e fotografa casalese

Il mondo di Cecilia: dall'arte-terapia alla "vetrina social"

Si è presa una pausa dal mondo dell'arte

Cecilia Gioria non nasconde le sue origini: proviene da una famiglia di architetti e... fotografi

Lo scorso anno fu una delle artiste presenti al Castello del Monferrato per una mostra tutta al femminile, “Just Another Stage”. Ripercorrendo i momenti più significativi del suo percorso artistico, dichiara: «Riportare alla luce le mie opere di qualche anno fa, oggi sarebbe complesso». Stiamo parlando della fotografa casalese Cecilia Gioria, che va fiera delle proprie radici, in cui vede le origini della sua passione per l’arte e la cultura (papà Carlo e mamma Mariangela, entrambi architetti, nda). Diplomata al Liceo Classico Balbo, da sempre appassionata di fotografia, Cecilia si avvicina a quel mondo innamorandosi dei ritratti realizzati dal padre e delle macchine fotografiche analogiche collezionate dal nonno.

Dopo le Superiori decide di iscriversi alla NABA di Milano, con l’intenzione di specializzarsi in fotografia di moda. Una volta entrata, trova un mondo completamente diverso da quello che si era immaginata, frequentando un corso volto alla creazione della figura di Fashion Designer e svolgendo lezioni di tecniche sartoriali, ricamo, telaio e disegno dal vero. «Tutto ciò per cui sono profondamente negata». Dopo un anno in Naba si trasferisce allo IED dove intraprende un percorso che ancora oggi ricorda con gioia e nostalgia, tra esercizi tecnici svolti in sala di posa, sperimentazioni di still-life, ritratto e reportage... Lì conobbe Giancarlo Maiocchi, suo relatore di tesi ed artista di fama internazionale, con cui instaura collaborazioni e partecipa a fiere ed esposizioni in giro per l’Italia e l’Europa. Una volta laureata, gli interessi di Cecilia si spostano verso la creazione manuale di oggetti, che lei stessa definisce una “rianimazione”. Inizia a frequentare i mercatini dell’antiquariato scegliendo con cura elementi utili per raccontare la sua storia.

Poi un giorno, all’età di 22 anni, si ritrova nella soffitta della nonna, in mezzo a quegli oggetti che da piccola osservava incuriosita, senza mai potersi avvicinare: forbici da sarta, macchine da cucire, spilli, scampoli di tessuto... e fu così che nacque “HatBox”, la cappelliera d’artista esposta in occasione di Photobasel nel 2015. «Per quanto concerne la fotografia, mi interessai da subito all’autoritratto - che non significa selfie - e già negli anni del liceo svolsi inconsciamente un lavoro di arte-terapia. Se da un lato la necessità di ritrarmi divenne un’ossessione, dall’altro si trasformò improvvisamente in una “cura”. Al termine delle lezioni universitarie, rientrata a casa, mi posizionavo di fronte alla parete bianca del salotto e scattavo infiniti autoritratti, fino a sera. Durante un esame, un professore mi disse: queste fotografie sono bellissime, ma perché le fai? È una forma di narcisismo? Quella domanda mi mandò letteralmente in crisi. Iniziai a cercare risposte osservando quelle foto che stampavo, strappavo, scarabocchiavo e un po’ amavo e un po’ odiavo...fino alla nascita di due progetti a cui sono particolarmente legata, che si intitolano: “Mappature del principio attivo” e “Imperfetta sintesi di stati d’animo”. La caratteristica distintiva delle opere che ho realizzato è l’unione tra immagini e parole».

Dopo le esperienze universitarie, arrivano le prime esposizioni vicino a casa, nel 2016, al Castello del Monferrato con “F10”, successivamente la collaborazione con il Presidente della Fondazione Bussolera Branca di Casteggio, Fabio Cei e poi ancora una prestigiosa interazione con la Galleria Giudecca 795 di Venezia, insomma un’escalation nel mondo dell’arte. «Da lì compresi che dovevo prendermi un momento di pausa. Facevo dell’arte la mia prima attività e accantonai il mondo della fotografia, per lasciare spazio al collage, alla scrittura ed alla rianimazione di oggetti». Cecilia oggi si è riavvicinata alla fotografia in ambito commerciale e offre supporto allo studio di grafica Kumooku con cui collabora per grandi aziende. «Sono molto felice di questa scelta, sebbene io abbia sempre pensato che le più grandi soddisfazioni le avrei ricevute portando avanti il mio percorso artistico. Ho avuto modo di ricredermi. Ho raggiunto traguardi differenti e ciò che mi gratifica oggi è ritrovare una continuità nei lavori che sto realizzando. Circa due anni fa ho lanciato un nuovo progetto dedicato alla creazione di vetrine digitali per piccole e medie attività, “Social Window Shop”. Con esso riesco a coniugare crescita e visibilità, rimanendo competitiva sul mercato e sfruttando contenuti autentici da me prodotti». Cecilia prosegue: «Al momento il mio rapporto con l’arte è amore e odio, sebbene la “fiamma” non si sia mai spenta. Realizzare un’opera non è meccanico. Attualmente la mia produzione è “congelata”».

E adesso le tue creazioni dove sono? «Nella cantina della casa dei “miei”, in uno spazio che avevo convertito in laboratorio creativo...sono un po’ incelofanate». Quando togliamo il cellophane? «Chi lo sa, al momento sono molto indecisa».  Ma Cecilia non si ferma mai! A settembre prenderà parte ad un nuovo progetto, legato al mondo della moda e annesso all’espansione di una nota attività di Casale...ma per ora non si può ancora spoilerare nulla! Art in progress!


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