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Il Santuario della Madonna del Palazzo di Crescentino

Appuntamento (venerdì 28 ottobre, ndr), davanti all’Istituto Calamandrei con lo studioso Mario Ogliaro, stimato e profondo conoscitore della storia e delle tradizioni di Crescentino. Oggetto della visita l’antico santuario della Madonna del Palazzo poco fuori del centro abitato. L’origine del nome è in rapporto alla probabile presenza di un “Palatium” riservato alla sosta degli alti dignitari romani in transito sulla strada Pavia - Torino che passava in prossimità del santuario, una delle prime pievi eusebiane, poi retrocessa a misera chiesa campestre. Dopo un lento e progressivo declino, l’antico tempio fu distrutto intorno alla metà del Cinquecento dalle truppe francesi che avevano occupato Crescentino. Ricostruito poco dopo, fu ampliato senza un progetto complessivo nel Settecento a partire dalla costruzione del campanile, che ostacolava gli interventi successivi. Fu il padre filippino Teodoro Peruzia della congregazione dei padri dell’Oratorio, sepolto nella chiesa, ad affidare il lavoro di trasporto del campanile al capomastro Crescentino Serra. Dal centro percorriamo un viale alberato (saluto virtuale alla villa della collega Marinella Venegoni) per arrivare al santuario barocco immerso nel verde (non condividiamo il cartello ‘no cani’). E’ un edificio a pianta ottagonale con lo splendido pavimento a mosaico realizzato nel 1888, per onorare la figura dell’ingegnoso artefice di un progetto sbalorditivo per l’epoca. Le sue spoglie mortali furono traslate nel 1846 per volere del cav. Gaspare Degregori all’interno del santuario, a destra della porta laterale, quando venne scoperto il suo busto in marmo. In una teca di vetro è conservato il modellino del trasporto del campanile. Da una delle due scale laterali saliamo al sacello, posto sopra l’altare maggiore in marmo, dove è custodita la preziosa statua lignea della Beata Vergine. Tra gli affreschi ammiriamo quelli di Mario Micheletti, che ebbe una particolare venerazione per il santuario mariano. Sulle pareti delle scale laterali è raccolta una grande collezione di ex voto in ordine cronologico, a partire dal Settecento fino ai giorni nostri. Tra questi ultimi spicca quello portato da Gianmarco Bellini, il pilota del Tornado abbattuto nei cieli del Kuwait nel gennaio 1991 con il navigatore Maurizio Cocciolone, in visita al santuario con i parenti di Chivasso; Bellini ebbe la medaglia d’argento al valor militare per le difficili missioni belliche notturne e le violenze subite durante la lunga prigionia. Di particolare interesse le “stazioni” della Via Crucis dello scultore di Crescentino Emilio Salati, trasferite all’interno del santuario. Il santuario mariano è immerso nel verde di un parco attrezzato con giochi per bambini, il nuovo oratorio in costruzione, statue di Padre Pio e di Don Bosco, un pilone della Via Crucis e, non ultimi, gli importanti reperti di epoca romana (curioso il tavellone con l’impronta di un gatto) portati alla luce dagli scavi archeologici. Un libro dello storico Mario Ogliaro Il libro di Mario Ogliaro intitolato “Famiglie nobili, notabili, personaggi illustri e benefattori della città di Crescentino”, frutto di lunghe e pazienti ricerche in archivi pubblici e privati, è promosso dalla Società Storica Vercellese, di cui l’autore è socio fondatore e attuale vicepresidente. Un ampio contributo storiografico rivolto alla conoscenza del passato che intende recuperare la memoria di tanti personaggi sconosciuti o dimenticati che nella prospettiva del tempo hanno avuto una posizione significativa non solo localmente, ma anche a livello nazionale. Uno di questi è il capomastro Crescentino Serra (Crescentino 1734-1804). Di ingegno fervido e di volontà tenace, anche se analfabeta, come scrive Ogliaro, ottenne nel comune natale l’appalto per diversi lavori realizzati con ottimi risultati. Ma il suo capolavoro, frutto della straordinaria capacità di intuizione e penetrazione in opere che richiedevano alta perizia, fu il trasporto del campanile del santuario della Madonna del Palazzo. Egli, dopo aver predisposto un modello in legno, eseguì l’opera il 26 marzo 1776 davanti ad una moltitudine di persone accorse da ogni parte, dopo aver fatto salire sul campanile il figlio Filippo affinché suonasse le campane a festa durante il trascinamento su un telaio di legno. Enorme fu la meraviglia dei cittadini testimoni dello straordinario avvenimento e grandi onori giunsero al capomastro Serra, che tuttavia rimase sempre un uomo laborioso e velato dal manto discreto dell’umiltà. Il re gli accordò una rendita vitalizia e lo impegnò nella ricostruzione delle fortificazioni di Tortona. Fu sepolto, conclude Mario Ogliaro, accanto a quel campanile che fu la gloria e la poesia della sua mite anima paesana.

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Silvio Morando

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